Su scaffali Usa falso Parmigiano 9 volte su 10
Articolo di Paolo Falcioni pubblicato sul settimanale economico Moneta del 10 aprile 2025 (allegato a Il Tempo, Libero e Il Giornale) Consumatori americani pazzi per i formaggi italiani taroccati. E’ infatti record storico per la produzione dei “falsi” tricolori negli Usa, secondo l’ultimo rapporto “Dairy products summary”, appena pubblicato dall’Usda, il dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti. Lo studio dedica un intero capitolo al cosiddetto “italian cheese” che negli anni ha conquistato spazio sulle tavole degli americani dove ha addirittura superato i prodotti della tradizione a stelle e strisce come il cheddar, il tradizionale formaggio dal colore che varia dal giallo all’arancione. Negli ultimi dieci anni la produzione di parmesan, romano, provolone, ricotta, mozzarella e altri similari è aumentata del 22% ed ha raggiunto nel 2024 il valore massimo di sempre di 2,73 miliardi di chili, secondo l’analisi dell’Osservatorio Coldiretti. A fare la parte del leone è la mozzarella, con 2,17 miliardi di chili, seguita dal parmesan con 203 milioni, il provolone con 176 milioni, la ricotta 110 milioni e il Romano con oltre 27 milioni di chili. Oltre la metà della produzione di simil formaggi italiani viene realizzata in California (soprattutto mozzarella) e Wisconsin, la terra del “cheese” che ha addirittura come simbolo una mucca nelle targhe automobilistiche e si è specializzato nella produzione di parmesan. Se i nomi sono simili a quelli Made in Italy le caratteristiche sono profondamente differenti perché i formaggi originali devono rispettare rigidi disciplinari di produzione con regole per l’allevamento e la trasformazione e un sistema di controlli che non ha eguali. E non si tratta di differenze marginali. Per esempio rispetto al Pecorino romano Dop, il “romano” realizzato negli Stati Uniti non contiene neanche una goccia di latte di pecora ma è ottenuto da quello di mucca. Variazioni sul tema che non sfuggono però ai consumatori americani più avveduti come dimostrano le ottime performance nel 2024 delle esportazioni italiane di Grana Padano e Parmigiano Reggiano originali che hanno raggiunto negli Usa la quantità di 19,9 milioni di chili, segnando così un vero record, con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente. E bene è andata anche al Pecorino e al Fiore sardo con 11, 8 milioni di chili e (+11,3%). Ma il problema resta: sul mercato statunitense nove volte su dieci c’è il rischio di acquistare falso Parmigiano. Una situazione destinata ad aggravarsi con l’eventuale via libera ai dazi proposti da Trump che potrebbero colpire anche l’eccellente bouquet dei formaggi Made in Italy. Una mossa sostenuta soprattutto dalla lobby dell’industria casearia Usa (CCFN) che in passato ha addirittura scritto al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, al suo primo mandato, per chiedere di imporre tasse alle importazioni di formaggi europei ma ha anche esplicitamente chiesto di costringere l’Unione Europea ad aprire le frontiere comunitarie ai tarocchi a stelle e strisce. Un problema che riguarda in realtà tutte le categorie merceologiche come l’olio Pompeian made in Usa, i salumi più prestigiosi, dalle imitazioni del Parma e del San Daniele alla mortadella Bologna o al salame Milano, senza dimenticare i pomodori, come il San Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti. A differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono infatti i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi a partire proprio dagli Stati Uniti dove la Coldiretti stima che l’insieme del falso Made in Italy a tavola valga 40 miliardi sul totale di 120 miliardi a livello mondiale. I dazi americani e la richiesta di liberalizzazione delle esportazioni alimentari statunitensi rischiano di mettere nell’angolo gran parte della produzione italiana, in particolare, la Dop economy che si sta sempre più affermando sui mercati globali. A rischio è il principio della tutela della proprietà intellettuale per i prodotti a denominazione le cui caratteristiche specifiche dipendono dal legame con il territorio di produzione. Un asse portante dell’offerta europea ed italiana che è leader nella Ue per denominazioni riconosciute con un paniere composto da 326 prodotti DOP, IGP, STG e 529 vini DOCG, DOC, IGT. La Dop economy italiana, secondo i dati dell’ultimo Rapporto Ismea-Qualivita, sviluppa un valore alla produzione di 20,2 miliardi di euro, e in dieci anni ha messo a segno una crescita del 52% offrendo così un contributo del 19% al fatturato complessivo dell’agroalimentare italiano. Si tratta di un settore che rappresenta il valore aggiunto del made in Italy a tavola e che continua a guadagnare punti in tutta Italia sostenuto dai tradizionali big, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma e Mozzarella di bufala campana Dop, ma anche da piccole denominazioni che sono sempre più diffuse sul territorio nazionale svolgendo un’importante funzione di traino non solo per il cibo, ma anche per il turismo. E oggi anche nella Ue è in primo piano la questione della tutela delle denominazioni, uno dei capitoli del piano strategico dell’agricoltura europea. Per l’Italia la difesa di una vera bandiera dell’agroalimentare è un obiettivo prioritario considerando il livello raggiunto dall’export nel mondo che ha sfiorato nel 2024 i 70 miliardi. Con gli Usa secondo sbocco di mercato, dopo la Germania, e che si avvicina a diventare il primo. “Nonostante le tensioni commerciali, è evidente che il lavoro fatto in questi anni sulla promozione del cibo italiano negli States ha funzionato e, a prescindere da quali saranno le prossime mosse di Trump, occorre ora fare tutto il possibile per evitare un muro contro muro che finirebbe per danneggiare tutti” sottolinea il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, nel precisare che “”dobbiamo dare certezza agli operatori, quindi il lavoro iniziato dal governo italiano con la nostra presidente del Consiglio e portato oggi a livello europeo per arrivare a un punto di caduta che eviti l’introduzione di dazi è di fondamentale importare per un settore come il nostro, che vede nel mercato Usa la possibilità di essere il primo mercato per importanza nei prossimi anni”. LA PRODUZIONE DI FALSI FORMAGGI ITALIANI IN USA (in milioni di chili) mozzarella 2170 parmesan 203 provolone 176 ricotta 110 romano 27 TOTALE 2730 (+22% in 10 anni) Fonte: Elaborazioni Osservatorio Coldiretti su dati Usda 2024 |
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