Tea: dalla sperimentazione in campo alle prospettive per il settore
Intervento di Paolo De Castro presidente Filiera Italia pubblicato il 19 giugno 2025 su Agrifood news di Nomisma Nel cuore del dibattito europeo e nazionale sull’agricoltura del futuro, le Nuove Tecniche Genomiche (NGT), o Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), rappresentano una delle innovazioni più promettenti per garantire sicurezza alimentare, sostenibilità ambientale e competitività delle aziende del settore agroalimentare.Ne abbiamo parlato con Paolo De Castro, già parlamentare europeo e attuale Presidente di Nomisma, tra i principali esperti italiani in politiche agroalimentari. Per poter fare una riflessione sul futuro del comparto è indispensabile partire dal quadro normativo europeo, che negli ultimi mesi ha registrato una svolta forse decisiva. “Dopo varie vicissitudini, lunghi dibattiti e ritocchi, siamo finalmente arrivati al primo trilogo tra Parlamento, Commissione e Consiglio. Un passaggio importante, perché chiarisce, speriamo una volta per tutte, che queste tecniche nulla hanno a che vedere con gli OGM” – commenta De Castro. Il cuore della questione sta proprio nella distinzione tra organismi geneticamente modificati e le nuove tecnologie di editing genomico. “Gli OGM comportano l’inserimento di geni di una specie in un’altra. Le TEA, invece, non spostano geni ma lavorano sul patrimonio genetico della stessa pianta, accelerando mutazioni che potrebbero verificarsi anche spontaneamente in natura”. Quando si parla di nuove tecnologie genetiche, non si può non parlare di CRISPR-Cas. È la tecnica che ha rivoluzionato il genome editing, che nel 2020 ha fatto guadagnare il Premio Nobel per la Chimica a Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna. Ma non è l’unica. “Parliamo di una famiglia allargata di tecniche tutte accomunate dal fatto che lavorano all’interno del patrimonio genetico della pianta. Questo è ciò che le distingue nettamente queste tecniche dagli OGM. Che si tratti di spegnere un gene che limita o stimola la produzione di zucchero, o di attivarne uno che rafforza la resistenza a una malattia, queste tecniche agiscono dall’interno e riproducono meccanismi naturali che potrebbero anche verificarsi in natura, ma in tempi molto più lunghi. La differenza è netta e cruciale: mentre gli OGM tradizionali creano combinazioni genetiche che non esisterebbero in natura, le TEA si limitano a velocizzare o ottimizzare ciò che la selezione naturale o il miglioramento genetico classico farebbero in modo molto più lento e meno preciso. Una distinzione fondamentale, che ha rappresentato un punto di svolta nel dibattito politico”. Le TEA non si limitano a migliorare la produttività di una specie o ad allontanare lo spettro di un fungo nocivo: il potenziale impatto riguarda anche il profilo organolettico dei prodotti e la loro resilienza agli stress climatici, uno dei flagelli oggi più temuti dagli agricoltori europei. “Con queste nuove tecnologie non solo si può potenziare la resistenza alle malattie, ma è possibile anche aumentare o ridurre lo zucchero nei frutti, migliorare i colori, sempre all’interno di una cromia naturale. Inoltre, riusciamo a contenere gli effetti delle fisiopatie, cioè le alterazioni delle piante dovute non ai parassiti, ma alle condizioni ambientali, come carenza o eccesso di acqua e altri stress climatici. Non dimentichiamoci che in passato la genetica è stata la leva che ha permesso la Rivoluzione Verde. Proprio in Italia, la ricerca ha consentito di sviluppare varietà di grano duro molto più resistenti a tante malattie, il che ha assicurato una produzione maggiore, con evidenti ricadute positive sulla collettività. Oggi, con le TEA, possiamo fare un nuovo salto”. La conferma della centralità di questo tema arriva anche dal versante italiano, dove la situazione è in forte evoluzione grazie a un recente provvedimento normativo. “Il Parlamento ha approvato una legge che permette finalmente la sperimentazione in pieno campo, che prima era vietata perché le TEA erano trattate alla stregua degli OGM. Ma ora c’è maggiore chiarezza e questo può dare un’accelerazione importante al comparto” – ricorda De Castro. Non solo politica, ma anche scienza e innovazione concorrono allo sviluppo di soluzioni efficaci e condivise. Di primissimo piano, in questo senso, il ruolo di eccellenza del CREA, il centro di ricerca agricolo-alimentare italiano: “Con centinaia di ricercatori, il CREA accorpa 23 studi di ricerca specializzati in agricoltura ed è tra i leader riconosciuti a livello europeo. Al suo interno opera un’unità molto avanzata che lavora proprio su genetica e TEA. Va però ricordato che nel nostro Paese operano anche realtà private di assoluta eccellenza, che ad esempio sono all’avanguardia nell’applicazione di queste tecniche innovative nel settore della viticoltura, con la produzione di cloni di vite resistenti alla peronospora e all’oidio” Dietro a tutto questo ci sono una strategia nazionale e una visione di lungo periodo, che valorizzano competenze scientifiche e investimenti pubblici che pongono il nostro Paese in prima fila. “L’Italia ha scommesso sul CREA, ma non solo. Università e centri pubblici stanno infatti portando avanti studi riconosciuti a livello internazionale. Anche dal punto di vista finanziario si sta facendo molto, sostenendo laboratori, ricerche, sperimentazioni e pubblicazioni”. In questo scenario, non mancano però ostacoli e barriere ancora da rimuovere. “C’è ancora molta confusione fra i cittadini europei, spesso dovuta a una scarsa informazione: ad esempio, c’è chi ancora è convinto che le TEA siano OGM mascherati. Ma è una convinzione sbagliata, che va superata facendo chiarezza. Oltre a un tema di corretta informazione presso l’opinione pubblica, l’introduzione di una normativa europea in grado di definire in modo cristallino la differenza fra TEA e OGM potrà permettere agli Stati EU di regolamentare senza nessuna ambiguità un settore decisivo per lo sviluppo dell’agricoltura moderna e per la collettività” – conclude De Castro. |
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