il Punto Coldiretti

Gesmundo: “Trattative sui dazi, l’Ue è irrilevante”

Editoriale sul Sole24Ore del segretario generale di Coldiretti Vincenzo Gesmundo.

“Sembra dunque che il processo negoziale recentemente conclusosi fra il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il massimo rappresentante della Ue, Ursula von der Leyen, abbia lasciato strascichi pesanti all’interno di autorevoli rappresentanti, studiosi, ex uomini politici e commentatori avario titolo (sono fra questi), in Italia e all’estero. Badate bene, non è che questi poi contino tanto (gli intellettuali in particolare). Ma poco o tanto influenti che siano, lasciano traccia, diciamo una bava di dubbio. Il motivo principale di questa deriva critica – da molti considerata denigratoria e antieuropea – sarebbe costituito dallo scarto fra le parole e i fatti e cioè fra l’annunciato magniloquente della von der Leyen («Cercheremo un accordo completamente equilibrato con Washington») e il risultato (per semplificare più 15% secco sulla gran parte dei prodotti europei, più una molteplicità di clausole aggiuntive tanto poco chiare quanto suasive come l’impegno all’acquisto di armi da parte della Ue in America).

La platea di critici va da Veneziani a Cacciai, da Draghi a D’Alema, da Tremonti a De Rita, al Presidente tedesco Merz. E naturalmente non si accontenta di sottolineare il deficit fra quanto viene raccontato e quanto accade, ma investe il ruolo stesso della Ue, le ambiguità e le oscillazioni sul conflitto in Ucraina, la sua totale marginalità in relazione alla vicenda israelo-palestinese, in buona sostanza l’irrilevanza sua e del suo “gruppetto” di tecnocrati, che rispondono esclusivamente a lei e a nessun altro. Da questo coro manca solo chi è direttamente o indirettamente coinvolto: chi è complice infatti, a partire dalla maggioranza che sostiene la von der Leyen, rimane in silenzio. Mentre nei parlamenti nazionali le stesse famiglie politiche che esprimono i “silenziosi” di Bruxelles, sono in subbuglio.

La Presidente della Commissione, dal canto suo, si scava una consolante trincea «abbiamo evitato il peggio» o «era il meglio che potevamo raggiungere» – riecheggiando le considerazioni del suo Commissario all’Agricoltura che incassato il taglio alle provvidenze della PAC di 86 miliardi (oltre il 20% in meno) non ha trovato di meglio che commentare: «Ho salvato l8o% del budget». Dal punto di vista di chi scrive, e credo delle centinaia di migliaia di imprenditori agricoli che rappresenta, in questa volgarizzazione della logica del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, vi è la riprova di un sostanziale venir meno del mandato che le era stato affidato. Ai tempi della Repubblica di Venezia, un comportamento del genere sarebbe valso alla von der Leyen e ai suoi sodali un processo per alto tradimento da parte del Consiglio dei Dieci. E tuttavia viene da chiedersi cosa ci sia dietro l’atteggiamento auto- consolatorio della von der Leyen. In primo luogo, crediamo, una paurosa inconsapevolezza delle conseguenze materiali – mi limito al settore agroalimentare che il combinato disposto dei dazi e della fine dell’eccezionalismo agricolo rischiano di avere per il tessuto sociale, economico ed esistenziale di centinaia di migliaia di produttori agricoli.

Significa esclusione dal mercato e in agricoltura una volta chiusa una stalla, è chiusa per sempre. Significa l’apertura indiscriminata a importazioni e a beni agroalimentari, lontani anni luce dagli standard qualitativi e sanitari che l’Europa ha saputo darsi, con conseguenze di lunga durata sulla salute dei cittadini. In secondo luogo, si vede ad occhio nudo esaminando gli individuali percorsi di molta parte delle cosiddette elites europee, l’operare sotterraneo di un processo disgregativo che non ho timore di definire assordante silenzio, un processo che minaccia tutte le organizzazioni, tutte le istituzioni, tutte le realtà collettive e che ha come correlato ciò che gli anglosassoni definiscono “sliding doors”: al termine di un gioco, se ne apre sempre un altro, il groviglio di interessi che hai servito, ti consentirà una nuova entrata, un nuovo inizio. Ancora la Repubblica di Venezia era attentissima a questo erosivo e mortale fattore e, pur essendo espressione di una oligarchia, per quanto estesa, cercava di porvi rimedio e per oltre mille anni ci riuscì. La sensazione è che a Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea, quest’arte non l’abbiano imparata. Prevale la logica del “tutto che si tiene” indipendentemente dalle famiglie politiche e dai roboanti messaggi che a intermittenza esse lanciano ai loro poveri popoli.

Noi naturalmente ci auguriamo che per il nostro vino, il nostro olio, il nostro riso, i nostri formaggi e in genere per l’export europeo di qualità, con gli Usa ci siano margini di trattativa. Ma, ahimè è l’assordante e consolatorio silenzio dei gruppi dirigenti europei a preoccuparci. Speriamo che battano un colpo, prima che sia troppo tardi, viste anche le giornate di Pechino con Cina, Russia e India che ci dicono, tra lo sbigottimento di coloro che pensavano che il mondo non sarebbe mai cambiato, che gli altri non aspettano l`Europa. Noi però non ci potremo mai rassegnare alla logica, in voga a Bruxelles, del “poteva andare peggio”.

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