Ue: la Von der Leyen vuole il dialogo sull’agricoltura
Le premesse sono perfette. Necessità del cambiamento, ruolo strategico della produzione alimentare e agricola, riconoscimento della funzione importante dei giovani, rafforzamento integrato della sostenibilità economica, ambientale e sociale, creazione nei mercati del valore lungo la filiera, sfruttamento delle opportunità della tecnologia e dell’innovazione per supportare la transizione, diete equilibrate, più sane e sostenibili e riconoscimento dell’importanza “cruciale” delle aree rurali attraenti per la sicurezza alimentare, la futura vitalità delle società e la democrazia liberale. Partendo da queste considerazioni che Coldiretti sostiene da anni, ci si poteva aspettare davvero la svolta dal lavoro messo a punto in sei mesi dal gruppo di dialogo strategico e che è stato presentato il 4 settembre scorso alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Un documento che dovrebbe essere la base della road map sul futuro dell’agricoltura europea che la presidente si è impegnata a presentare entro i primi 100 giorni del prossimo mandato. Ma se le premesse sono giuste, la declinazione delle misure e i suggerimenti non sempre sono convincenti e rischiano di riportare indietro le lancette alla precedente Commissione, quella che ha dato spazio alle direttive di Frans Timmermans diventato il nemico numero uno degli agricoltori, e ritirate dalla stessa von der Leyen sotto il pressing della Coldiretti, anche attraverso le manifestazioni degli agricoltori a Bruxelles per sostenere la redditualità e la competitività delle aziende agricole. L’aspetto positivo è che si offre l’opportunità di affrontare questioni rilevanti per il futuro di un settore riconosciuto fondamentale dall’Unione europea. Ma il Testo presenta criticità ed necessario vigilare affinché tale documento non venga strumentalmente utilizzato per condizionare il processo democratico e trasparente che la nuova Commissione ed il nuovo Parlamento, assieme al Consiglio, dovranno adottare per rafforzare il ruolo strategico della produzione agricola europea. L’Advisory Board auspicato dal report deve mettere al centro gli agricoltori e chi effettivamente li rappresenta. Un punto importante è quello relativo alla Politica agricola comune che, secondo quanto scrive il rapporto, deve essere modificata per soddisfare le sfide attuali e future e accelerare la transizione in corso dei sistemi agroalimentari verso futuri più sostenibili, competitivi, redditivi e diversificati. Ma non si parla affatto di rafforzare le risorse che è una delle priorità a cui dovrebbe tendere la nuova Pac, ma anzi sembra che si punti a limitare il perimetro dei beneficiari. Mentre quello che finora era emerso anche dalle dichiarazioni in campagna elettorale era di privilegiare i veri agricoltori, tutti non solo quelli che ne hanno più bisogno come raccomanda il gruppo di dialogo strategico Tracciare uno spartiacque tra gli agricoltori potrebbe essere davvero pericoloso. Se bisogna rilanciare il settore è necessario sostenere tutti i produttori escludendo invece i soggetti estranei come, per esempio, gli aeroporti. Bene invece il sostegno ai giovani e alle piccole aziende. Può essere interessante poi la proposta di un finanziamento al di fuori della Pac per garantire la transizione mobilitando capitale pubblico e privato. Ma occorre anche utilizzare fondi diversi dalla PAC per le sfide legate in particolare al cambiamento climatico ed all’adattamento a sempre più incerte condizioni meteorologiche ma anche geopolitiche. Un altro aspetto importante è la questione posta sulle strategie negoziali nella politica commerciale che dovrebbe riconoscere meglio la rilevanza strategica dell’agricoltura e dei prodotti alimentari nei negoziati commerciali. Serve promuovere il principio di reciprocità degli accordi bilaterali ma anche a livello multilaterale, ed il rapporto tra produttori e consumatori, attraverso l’obbligo del Paese d’origine degli alimenti in etichetta e rifiutare qualsiasi tentativo di favorire cibi ultratrasformati o cibi prodotti in laboratorio come sostituti delle nostre produzioni di qualità, a protezione della salute dei cittadini consumatori. Va dunque valutato bene il capitolo etichettatura per la quale si richiede una revisione completa della legislatura. In particolare si parla di “un’etichettatura alimentare significativa e completa, programmi educativi, segnali di prezzo adeguati, marketing responsabile, nonché appalti pubblici sostenibili e ristorazione basati su diete equilibrate. Di conseguenza – afferma sempre il rapporto – i consumatori sapranno meglio da dove proviene il loro cibo, come è stato prodotto, comprese le esternalità, e che gli agricoltori avranno ricevuto un prezzo dignitoso per i loro prodotti. Ciò li aiuterà a valorizzare il loro cibo e ad apprezzare la diversità e la qualità dei sistemi agricoli e alimentari europei, dei suoi prodotti e del lavoro nelle aziende agricole”. Resta ancora una posizione penalizzante per gli allevamenti con la spinta a spostare i consumi verso le proteine di origine vegetale. Una scelta inaccettabile per un paese come l’Italia dove l’allevamento oltre al valore economico svolge una funzione strategica dal punto di vista ambientale e del presidio del territorio. Tanti punti discutibili, ma soprattutto quello che emerge è la mancanza di un’indicazione chiara di come costruire una politica che prepari il futuro senza mettere i settori l’uno contro l’altro come è stato fatto dalla precedente Commissione con le direttive che mettevano nell’angolo il settore zootecnico. E da cui la von der Leyen sembrava aver preso le distanze con le dichiarazioni in cui assicurava che mai sarebbero stati adottati provvedimenti contro gli agricoltori. Quello che serve all’agricoltura sono incentivi e investimenti in grado di condurre a una reale modernizzazione del settore. |
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