Effetto clima per i mercati agricoli
Per il World Economic Forum (WEF) di Davos la riduzione della disponibilità alimentare con l’aumento dei prezzi è insieme alla crisi del petrolio, alla recessione Usa e alla globalizzazione dei rischi tra le minacce per l’economia mondiale da qui a dieci anni. Il primo segnale è scattato con il grano che ha raggiunto il massimo storico spinto dalle speculazioni scaturite dalle notizie sugli effetti negativi del maltempo sulle potenzialità produttive in diverse parti del mondo, dal Canada all’Argentina fino all’India. Ma l’effetto clima sui prezzi si sta estendendo ad altre coltivazioni come il riso le cui quotazioni internazionali hanno raggiunto il top anche a causa del maltempo nel sudest asiatico. E proprio in Cina nelle regioni centrali si è verificata nel 2008 la peggiore ondata di maltempo degli ultimi 50 anni che ha provocato danni alle coltivazioni, soprattutto di frutta e verdura, stimabili in 2 miliardi di Euro che hanno contribuito ad un aumento record del tasso di inflazione e che rischiano non solo di avere un impatto sulla popolazione del paese asiatico, ma anche sull’andamento mondiale dei prezzi e sull’ intera economia globale. Si tratta di uno scenario che prefigura un cambiamento delle gerarchie all’interno dell’economia e un ruolo nuovo e centrale da svolgere per l’agricoltura nei prossimi anni sia nella fornitura di beni alimentari che come opportunità per lo sviluppo di alternative energetiche – afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini – nel sottolineare che questo deve significare una nuova attenzione per sostenere la crescita del settore a livello nazionale, comunitario ed internazionale. La scarsità delle materie prime coinvolge tutti i continenti come il Peru’ dove per la mancanza di grano nelle caserme e nelle prigioni è stato dato l’ordine di preparare il pane con le patate mentre le Filippine, il principale Paese importatore di riso a livello globale, hanno annunciato un piano per mettere a coltura altri 600.000 ettari di riso. Nel 2007 in Italia la produzione di grano tenero è stata di 3.260.000 tonnellate su una superficie di 650.000 ettari, ma per quest’anno è ipotizzabile, secondo la Coldiretti, un incremento del 10 per cento nella semine mentre per il grano duro che ha raggiunto nel 2007 la produzione di 4.160.000 tonnellate su una superficie di 1.383.000 ettari l’incremento prevedibile per le superfici e del 20 per cento. Ma sui raccolti finali resta l’incognita del clima: nel Centro Italia i cereali stanno mostrando ritardi fenologici dovuti al deficit idrico invernale. Gli allarmi siccità che si ripetono negli anni sono la dimostrazione degli effetti dei cambiamenti climatici con il 51,8 per cento del territorio nazionale è diventato potenzialmente a rischio desertificazione, in base ad elaborazioni climatiche e pedoclimatiche effettuate dall’Inea. L’Italia è tra i paesi piu’ esposti agli effetti dei cambiamenti climatici e i riflessi che questi provocano sull’ambiente e sulla natura, mettendo a rischio il patrimonio di biodiversità e le coltivazioni tradizionali, non possono essere trascurati”, afferma Sergio Marini il presidente nazionale della Coldiretti. “Aumento dell’intensità delle precipitazioni, sfasamenti stagionali con autunno caldo e primavera anticipata, numero di giorni consecutivi con temperature estive elevate, modificazione dei regimi pluviometrici e aumento medio della temperatura sono i principali cambiamenti climatici osservati”, afferma Simone Orlandini, Direttore del Centro di Bioclimatologia all’Università di Firenze. E gli effetti – precisa Orlandini – si fanno sentire con la riduzione della riserva idrica, l’aumento dell’erosione in zone collinari e alluvioni in pianura e con conseguenze sulle piante coltivate che presentano anticipo del germogliamento e sfasamento delle altre fasi fenologiche, maggiore rischio per gelate tardive, variazione dell’incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti e infestanti, stress idrico prolungato e alternazione dei processi di maturazione. Si tratta di processi – continua Marini – che rappresentano una nuova sfida per l’impresa agricola che deve interpretare il cambiamento e i suoi effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio con campagne di informazione ed educazione sull’uso corretto dell’acqua, un impegno per la diffusione di sistemi di irrigazione a basso consumo, ma anche ricerca e innovazione per lo sviluppo di coltivazioni a basso fabbisogno idrico. Ma serve anche – prosegue il Presidente della Coldiretti – un piano concreto per aumentare gli invasi e migliorare l’efficienza della rete distributiva oltre che degli impianti di irrigazione. Se non si interverrà concretamente in questo campo – precisa Marini – andremo inevitabilmente incontro a situazioni ingestibili: è evidente che alle prese con un’emergenza, di fronte alla scelta tra uso potabile e uso irriguo si privilegia il primo, ma questo vorrebbe dire mettere tante aziende agricole nell’impossibilità di coltivare, con conseguente scarsità di prodotto e aumento dei prezzi. Se cresce nelle campagne l’attenzione per tecniche agronomiche (colture, irrigazione, ecc.) sostenibili per il clima, nelle imprese – conclude Marini – si cominciano anche a cogliere le opportunità con lo sviluppo di energie alternative e con l’offerta di prodotti locali a chilometri zero (che non devono subire lunghi trasporto con il consumo di carburante e l’emissione di gas ad effetto serra responsabili dei cambiamenti climatici) per rispondere alla domanda di un segmento crescente di consumatori che scelgono stili di vita attenti anche nell’alimentazione al risparmio energetico e alla salvaguardia del clima con l’acquisto di prodotti locali che non devono percorrere lunghe distanze con mezzi inquinanti prima di giungere in tavola.
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