Etichettatura di origine, necessario rivedere la normativa sulle IGP
Nell’ambito del tema sull’etichettatura di origine – un argomento che ormai impegna le cronache europee, se non mondiali – un capitolo particolare è quello delle denominazioni di origine. Il sistema costruito dall’Ue si articola tra denominazioni di origine protetta (DOP) e indicazioni geografiche protette (IGP), dove le prime sono completamente legate ad un territorio (ad esempio materia prima e trasformazione), mentre nel secondo caso la situazione è più variabile e sfumata. Una DOP è sempre prodotta, salvo gli eventuali casi di frode, da una materia prima di un definito territorio italiano, con l’eventuale trasformazione (praticamente tutte le DOP sono prodotti trasformati, ma ci sono anche alcuni ortofrutticoli non trasformati) anch’essa localizzata in un territorio italiano individuato dal disciplinare. Quindi la DOP di un prodotto italiano è vero made in Italy, perché materia prima e trasformazione sono legate al nostro territorio. I problemi nascono con le IGP, perché le IGP sono eterogenee sia dal punto di vista della tipologia di prodotto che dal punto di vista della eventuale trasformazione. La situazione attuale è la seguente (per brevità si parla di materia prima e di trasformazione in Italia; è ovvio che ogni prodotto ha un suo territorio delimitato che non coincide con l’intero territorio nazionale): PRODOTTO IGP MATERIA PRIMA TRASFORMAZIONE
E’ evidente che questa situazione non è trasparente, non fornisce informazioni al consumatore, che dovrebbe andarsi a leggere tutti i disciplinari. In sostanza, è ingannevole. |
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