Filiera suini, servono interventi per ridare valore agli allevamenti
Si assottiglia la quota di valore aggiunto dell’allevamento suinicolo italiano a vantaggio dell’industria e della distribuzione. Lo conferma uno studio Ismea sulla catena del valore nella filiera suinicola relativo all’annata 2007: per ogni 100 euro pagati dal consumatore finale, circa 50 sono appannaggio della distribuzione, 37 dell’industria (macelli e lavorazione) e solo 13 dell’allevamento (vedi tabella). Si tratta di un’evidente sperequazione che penalizza l’anello più debole, quello dell’allevamento. Per modificare questa situazione occorre agire sulla semplificazione della filiera agroalimentare suinicola, rendendola più agricola e più italiana per trasferire quei valori forti e distintivi che il consumatore riconosce nei prodotti della suinicoltura del nostro Paese. Va riqualificato il ruolo dell’allevamento, che non è un mero fornitore di materia prima indifferenziata ma è invece il protagonista imprescindibile della catena produttiva che assicura carni suine e prodotti derivati di qualità per il consumatore, soprattutto nella realtà italiana. In questo senso, il sostegno alle produzioni tipiche legate al territorio, la trasparente promozione e valorizzazione delle denominazioni tutelate e l’introduzione dell’indicazione dell’origine italiana del prodotto rimettono al centro l’allevatore, possono assicurare una più equa remunerazione del suo lavoro, e rispondono alle legittime aspettative del consumatore. Guarda la tabella sulla valorizzazione del suino pesante
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