il Punto Coldiretti

Gli interventi al Forum Coldiretti 2012: da magistrati e società al mondo della ricerca

GIANCARLO CASELLI
Procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Torino

“Mafia e corruzione costituiscono un’economia parallela che risucchia tutte le impese corrette che faticano contro quelle oneste relegandole ai margini del sistema economico o addirittura espellendole. E’ quanto ha affermato il procuratore di Torino Giancarlo Caselli intervenendo al Forum Coldiretti di Cernobbio.“Il mafioso ha sempre il portafoglio pieno – ha aggiunto e non ha bisogno di avere subito mercato. Il mafioso non ha il problema di risolvere eventualmente i conflitti sindacali ma ha nel dna un modo ci comportarsi illegale che con la soggezione e la violenza risolve tutto. Ciò comporta l’esclusione delle aziende sane.  Quella che oggi si chiama mafia liquida devasta l’economia. “La corruzione – ha sottolineato ancora il procuratore –  costa al Paese circa 60 miliardi l’anno. Ciò ostacola gli investimenti, uccide la speranza. Le mafia e la corruzione zavorrano lo sviluppo come succede al Mezzogiorno. Senza la mafia e la corruzione il Mezzogiorno avrebbe un Pil uguale a quello delle altre parti del Paese e potrebbe svilupparsi avendo tutte quelle strutture sociali che rimangono soffocate. “La mafia provoca un impoverimento generale e bisogna agire anche sui giovani il cui futuro dipende si da tanti fattori ma soprattutto dal grado di legalità che ognuno riesce a produrre. Bisogna eliminare quelle forme di negazionismo  e quelle forme che vogliono limitare la portata della gravità. Le conseguenze del sistema mafioso riguardano tutti”. “In questo Paese siamo comunque riusciti a creare un’antimafia sociale che il mondo ci invidia – ha concluso Giancarlo Caselli. Siamo riusciti a rappresentare anche un modello di antimafia che dobbiamo rafforzare”.

FABRIZIO DE FILIPPIS
Direttore del Dipartimento di Economia, Università Roma Tre

La definizione del bilancio 2014-2020 dell’Unione Europea è lo snodo fondamentale per la definizione della Pac. Ne è convinto il professor Fabrizio De Filippis, Direttore del Dipartimento di Economia, Università Roma Tre, intervenuto a Cernobbio al Forum internazionale dell’Agricoltura e Alimentazione di Coldiretti. Nelle trattative, secondo De Filippis, la “variabile chiave” sarà il saldo netto, cioè la differenza tra quanto un Paese versa all’Ue e i finanziamenti che riceve. “Dal 2000 al 2011 – ha ricordato – l’Italia è passata da un saldo netto positivo di oltre un miliardo a un saldo netto negativo di 6 miliardi di euro. L’Italia così è il terzo contribuente netto comunitario dopo Germania e Francia e prima del Regno Unito. In termini relativi, come peso sul Pil, l’Italia ci costa quasi 4 decimali di Pil, ma la colpa – ha detto De Filippis – è nostra perché in passato non abbiamo contribuito a disegnare politiche adatte alle nostre esigenze”. Secondo il docente, l’Italia affronta il negoziato da una posizione in cui può assumere una posizione relativamente aggressiva, perché “Il ruolo di contribuente netto è insostenibile soprattutto in un momento in cui la stessa Europa ha chiamato il Paese a ridurre in maniera drastica la spesa pubblica. Del resto – ha detto – il governo Monti ha dato prova di sapersi muovere molto bene in Europa e l’Italia finora ha negoziato in modo coordinato con un buon gioco di squadra”.

GIULIO ALBANESE
Missionario Comboniano

“Sempre di più l’andamento climatico preoccupa per via del danno che il clima ha provocato  alle produzioni di grano in Russia e in America. Questo significa che il maltempo provocherà l’erosione delle scorte per l’anno prossimo. E’ l’allarme lanciato dal missionario Giulio  Albanese della Pontificia Università Gregoriana di Roma, aprendo il suo intervento al forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio. Di questa crisi gravissima pagherà le conseguenze ancora una volta l’Africa dove già la situazione è gravissima a causa della siccità”. “Bisogna  che la politica intervenga subito e con forza. In Africa la popolazione destina oltre l’80 per cento del proprio reddito al fabbisogno alimentare. Occorre attuare ogni sforzo per bloccare anche le speculazioni finanziarie che impoveriscono sempre di più il paese. Troppo spesso – ha commentato ancora il missionario – si parla di problemi di questo continente limitandolo all’eccessiva presenza demografica. Il problema della procreazione è strettamente legato al sottosviluppo. Investire in modo adeguato significa anche risolvere il problema del boom demografico. “La  fame nel mondo non si risolve neanche con gli Ogm – ha detto ancora Albanese – anzi, in India gli Ogm hanno provocato danni gravissimi. In ogni caso è impensabile che per risollevare le sorti di un Paese si costruisca un’agricoltura che si paga.  “Il problema non è la globalizzazione ma la deregulation. Nel mondo – ha affermato ancora – si producono materie prime in grado di sfamare 13 miliardi di persone. E’ quindi indispensabile realizzare politiche di giustizia e di equità che eliminino le ingiustizie scardinando un sistema che ci sta portando alla deriva . “Bisogna riaffermare il valore del bene comune che non è la somma di tanti beni individuali ma ha bisogno di pilastri di giustizia”. “Il benessere di un Paese  – ha concluso – non può essere misurato solo dal Pil. Ci sono altri indicatori, come la qualità della vita che possono e devono essere presi in considerazione” .

JEAN-PIERRE LEHMANN
Professore emerito di politica economica internazionale; Fondatore the Evian Group, IMD, Svizzera

“Abbracciare la globalizzazione senza un materialismo sfrenato"  e’ il messaggio lasciato alla platea del Forum agroalimentare di Coldiretti da Jean Pierre Lehmann professore emerito di politica economica internazionale. Nel suo intervento ha ricordato gli “choc sismici” che hanno intaccato l’era occidentale. Eventi come la rivoluzione cinese del ‘79 che ha di fatto abbracciato la globalizzazione trasformando il volto dell’economia orientale. Ora la Cina è partner di Paesi come il Brasile, il Perù, l’Africa. Parallela – secondo Lehmann –  la scossa importante scatenata con l’accoglienza degli Stati del global sud che si sono aperti dopo un periodo lungo di autarchia. Altra rivoluzione quella demografica che ha cambiato la struttura delle popolazioni e dei luoghi con mega città, urbanizzazione concentrata e aree metropolitane. La comunità si e’ trasformata in ceto medio, nuova borghesia passando da uno stato sociale di sottopovertà a reale consumo. Una sorta di benessere che sposta addirittura indiani in Svizzera per motivi di business cinematografico che esige panorama, scenografia, paesaggio. L ultimo sisma e’ stata la crisi del capitalismo del 2008 che ha determinato un crollo morale non solo economico e finanziario. Il problema – ha detto Lehmann – è che tipo di pianeta vogliamo? perché ora i temi sono chiari e definitivi: l’immigrazione, il clima, l’ambiente. Questioni strategiche che con mentalità chiusa non possono essere affrontati. E’ dunque necessaria una visione globale accompagnata da speranza e tanta fiducia per il futuro delle prossime generazioni.

ANDREA SEGRÉ
Direttore dipartimento di Scienze e tecnologie Agro-alimentari, Università di Bologna

In questa Italia che vogliamo, in questo momento che ci costringe al cambiamento, dobbiamo partire dal cibo; abbiamo bisogno di economia reale e di partire dal basso. Qualcuno ha detto che le piante non crescono fino in cielo. Le risorse cioè non sono infinite. Il suolo, la terra, l’acqua, l’energie non sono illimitati. Quindi i consumi devono essere altrettanto limitati perché le vacche non mangiano cemento”. Così Andrea Segrè Direttore Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari Alma Master Studiorum-Università di Bologna ha aperto il suo intervento al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este di Cernobbio. Segré ha ricordato che secondo la Fao in tutti i passaggi dal campo alla tavola nella filiera agroalimentare a livello mondiale  si perdono oltre un miliardo e trecento milioni  di tonnellate di prodotto e quindi occorre ridurre questo spreco “perché recuperando ciò che si getta via viene fuori un modello di economia diversa che parte dall’agricoltura e dal cibo e che mette in relazione due soggetti: chi ha il prodotto e chi è in carenza di prodotto, donatore e beneficiario”. Secondo Segré anche dal cibo si può creare un valore di scambio perché in questo rapporto c’è la forza del mercato. Inoltre ha sottolineato che “non si da più valore al cibo, perché al supermercato  il carrello viene riempito cercando di prendere le cose meno care e poi il tutto è stipato in frigorifero che è l’anticamera dello spreco. Infatti se si apre il bidone della spazzatura oltre 1/3 o è ancora buono o è ancora utilizzabile”. Per economia quindi, ha concluso Segrè, “possiamo intendere la buona gestione della nostra casa , che significa anche ecologia nel senso più ampio cioè l’ambiente.

SERGIO ROMANO
Editorialista

Dopo aver fatto un confronto tra la crisi attuale e quella del ’29 ed aver approfondito i motivi che le ha determinate, Sergio Romano ha sottolineato l’importanza di proseguire sul cammino dell’integrazione europea per  non essere schiacciati dal processo di globalizzazione. Ha quindi evidenziato il valore dell’Unione Europea e il suo ruolo nella globalizzazione. L’Europa è potuta stare nel mondo e avere la possibilità di potersi confrontare alla pari con gli altri giganti nello scenario che si è creato, se gli stati singoli dell’eurozona avessero affrontato la situazione in ordine sparso sarebbero stati travolti perché troppo piccoli. L’unione europea è diventata quindi l’unica risposta possibile a un mondo in cui l’economia ha assunto una dimensione mondiale. “Per risolvere la crisi – ha detto – qualcuno propone  il ritorno alle vecchie monete nazionali, ma questa soluzione sarebbe un’operazione di polizia e non un’operazione finanziaria. Non solo i debiti rimarrebbero in euro e porterebbero al fallimento i Paesi più deboli, ma si creerebbero situazioni che porterebbero a stati di polizia, guerre civili ed emigrazioni di massa”. Romano ha quindi rilevato che di fronte alla crisi l’Eurozona si è mossa lentamente e non appena i mercati se ne sono accorti hanno scommesso contro i paesi più a rischio. Anche l’euroscetticismo ha creato problemi e ha concorso a far peggiorare la situazione. Questo fenomeno, nato già nel momento dell’introduzione dell’euro, quando una parte della popolazione si è opposto alla globalizzazione e questa ostilità è ora enormemente cresciuta a causa delle difficoltà economiche in versano molti cittadini. Secondo Romano l’integrazione dell’Eurozona  deve andare avanti, i risultati di questo percorso si vedranno  solo nei prossimi anni. “E’ importante  – ha concluso – ciò che farà l’Europa, ma anche ciò che faranno i singoli paesi. Per uscire da dalla crisi i sacrifici dovranno essere fatti in modo equo. I cittadini dovranno avere la percezione che tutti si contribuirà nello stesso modo.  E’ un’illusione pensare che basterà togliere i privilegi alla casta, tutti dovranno fare la propria parte per riuscire a risolvere i problemi”.

FEDERICO RAMPINI
Editorialista e corrispondente dagli Stati Uniti, La Repubblica

“In America si parla d’Europa generalmente in senso negativo. Obama critica le politiche di austerity europee che secondo lui hanno aggravato la recessione.  E  il 7 novembre dovessimo svegliarci con Rooney alla Casa Bianca  una delle cause determinanti sarà stata l’Europa”. E’ quanto ha affermato Federico Rampini, giornalista di Repubblica, intervenendo a Cernobbio al Forum Internazionale dell’ agricoltura e dell’alimentazione della Coldiretti.  “La destra ha molta presa sull’opinione pubblica perché molto più populista – ha aggiunto – e per questo Rooney, in particolare, cita spesso l’Europa addirittura dicendo che l’America così com’’è adesso potrebbe diventare come la Spagna. Nel linguaggio americano l’Europa è quindi  simbolo i negatività. In particolare  si dice che in Europa lo stato assiste troppo, che non c’è iniziativa privata e che si aspetta sempre che il pubblico  intervenga. Che il welfare è un lusso anacronistico. Tutto ciò ferisce il mio orgoglio di cittadino europeo – ha proseguito. Io sono cittadino americano da 12 anni, pago lì le tasse e posso affermare che ciò che ricevo è inferiore rispetto a quanto pago in quanto il modello sociale americano è sfasciato. Certo, si pagano meno tasse, ma la sanità, che si paga a parte, è carissima. La scuola è distrutta e bisogna mandare i propri figli alla scuola privata, a partire dalla materna. “E’ comodo che Rooney citi la Spagna e non la Germania dove invece, negli ultimi 10 anni è diventata un modello e se la batte con gli Stati Uniti pur essendo infinitamente più piccola – ha proseguito. Questo Paese europeo se la batte nell’esportazione di manufatti, ha dei sindacati all’avanguardia, un livello di formazione scolastico di grandissimo valore. Sia la Germania sia la Danimarca e la Finlandia sono paesi che hanno il più alto livello di apprendimento scolastico. In Germania il problema della crisi non si risolve con il licenziamento provocando danni sociali ma si riduce l’orario di lavoro, si assumono i cinquantenni per il patrimonio di esperienze che hanno, la mobilità sociale è controllata. In America invece ciò non esiste e tutti siamo precari. Se una volta il mito del sogno americano permetteva di scalare i gradini sociali  oggi questo è impensabile ma realizzabile nel Nord Europa. Basti pensare anche alla differenza di stipendio tra il top manager di un’azienda e gli impiegati. Nel Nord Europa la distanza è di 40 a 1 contro l’oltre 300 a 1 dell’Italia. “L’ultima considerazione – ha concluso Federico Rampini  – riguarda il premio Nobel attribuito all’Europa non per quanto ha fatto in passato ma per come sta lavorando al futuro per realizzare un modello di crescita sostenibile”.

RENZO ARBORE
Showman e musicista

L’intervento di Renzo Arbore, con i suoi aneddoti, le sue metafore e la storia della sua carriera ha rappresentato un esempio virtuoso della forza che ha l’Italia di essere patria ed espressione di grandi personaggi. Uno dei più grandi showman e musicisti di tutti i tempi è intervenuto al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este di Cernobbio. Renzo Arbore che proviene da una famiglia contadina con terreni coltivati a grano duro nel Tavoliere della Puglia, dopo aver sottolineato le sue origini agricole ed in modo ironico ripercorso la sua storia, ha ribadito il motivo della sua presenza al Forum, ricordando il recente accordo che la Coldiretti ha stipulato con La Lega del Filo d’Oro, un’associazione nata nel 1964 e che assiste i bambini sordociechi e pluriminorati psicosensoriali. L’accordo, lanciato in occasione del Festival Cibi d’Italia organizzato da Coldiretti Campagna Amica al Circo Massimo di Roma, e poi diffuso in tutta Italia prevede che nelle Botteghe e nei mercati di Campagna Amica i consumatori, a fronte di una donazione di almeno 7 euro, possano acquistare il kit con tre pacchi di pasta di grano duro 100% italiano e un ricettario firmato da Renzo Arbore, Marisa Laurito e Teresa Mannino. Renzo Arbore attraverso lo slogan “bisogna cominciare dalla tradizione e poi innovare” ha ripercorso una carriera ricca di successi sia in televisione sia attraverso l’Orchestra Italiana, avendo sempre come filo conduttore l’orgoglio di essere italiano e di portare il prodotto Italia in giro per il mondo. “In ogni paese straniero visitato, soprattutto quelli lontani, ha detto Arbore, ho sempre trovato “fortunatamente” discrasia tra l’immagine dell’Italia sociale, economica e politica e l’immagine del gusto italiano, inteso come moda, arte, musica ed enogastronomia. Insomma la distintività italiana è famosa in tutto il mondo”. L’intervento di Arbore, enormemente apprezzato dalla platea di intervenuti al Forum di Coldiretti ha evidenziato ancora una volta che attraverso questo orgoglio e questa positività degli italiani è possibile uscire dalla crisi, ma è necessario imparare a fare rete e fare turismo; quindi partendo dal territorio e dal paesaggio è indispensabile portare le bellezze e le ricchezze italiane in tutto il mondo.

FRANCESCO DI IACOVO
Professore di Economia Agraria e Sviluppo Rurale, Università di Pavia

E’ partito dall’analisi di quanto sta avvenendo nelle città – “Come le politiche delle città influenzeranno il settore agricolo e il futuro delle aree rurali” – l’intervento di Francesco Di Iacovo, professore di Economia Agraria e Sviluppo Rurale dell’Università di Pisa, proposto nella seconda giornata del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este di Cernobbio. “Il mio intervento riguarda le infrastrutture vitali delle città. Ed esso non può che partire da una riflessione sui Mercati di Campagna Amica. Essi sono, a loro modo, delle infrastrutture. Sono una porta tra la città e la campagna – ha esordito Di Iacovo –. Nati per interesse, dei produttori e dei cittadini-consumatori, essi sono andati ben al di là”. “In questi luoghi, in queste infrastrutture, c’è un passaggio tra percepito, concepito e vissuto che si realizza in tempi estremamente rapidi – ha aggiunto Di Iacovo –. Un cittadino che ha un’idea di rispetto dell’ambiente, attraverso la scelta del Mercato di Campagna Amica può immediatamente tradurre il suo sentire in un atto concreto”. “Nei Mercati di Campagna Amica il cittadino non si ferma per un quarto d’ora: al contrario, vi si trascorrono anche due ore di tempo. Questo vorrà dire qualche cosa. Il fatto è che le persone vanno lì anche per ricostruire delle reti. C’è un esito, per certi versi inatteso: il riposizionamento del rapporto tra produttori agricoli e consumatori, un rapporto che dopo decenni di politica agricola si era incrinato e oggi si ricostruisce. E questo valore in più, anche economico ma non solo economico, che c’è nei mercati – questo dar vita a processi di innovazione sociale – è qualcosa che le Politiche agricole ancora non riescono a tradurre”. “Nei Mercati di Campagna Amica si muovono in maniera nuova delle risorse, che non sono risorse specialistiche, ma che assicurano risorse vitali – l’ambiente, il sociale – di cui le città hanno bisogno”. “ È chiaro che stiamo parlando di altro, rispetto alla tradizionale distribuzione. Dobbiamo riconoscere il valore di questa differenza. Quello che si sta attivando con e nei i Mercati di Campagna Amica è un nuovo civismo” ha aggiunto  Di Iacovo, professore di Economia Agraria e Sviluppo Rurale dell’Università di Pisa, nel suo intervento al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este di Cernobbio. Di Iacovo ha citato l’esperienza dell’azienda “Agricoopecetto” di Torino, premiata lo scorso anno con l’Oscar Green, il premio per l’innovazione lanciato da Giovani Impresa Coldiretti. Un’azienda che produce cibo in maniera efficiente, sostenibile. Che produce lavoro per persone che difficilmente sarebbero incluse in un mercato del lavoro (disabili, donne che escono dalla tratta). Di Iacovo ha definito questa realtà “un esempio virtuoso di civismo, che tiene dentro pezzi di società” ed ha evidenziato che nelle province italiane sempre più numerose sono le esperienze analoghe. “È una sorta di spending review al contrario: basta osservare quanto costano queste realtà, e invece quanto realizzano, quando producono anche nei valori di civiltà, di produzione di beni comuni”. “Stiamo ragionando di fronte a uno sviluppo economico che non sarà più quello che è stato.  Un bosco di pino viene tagliato, sotto abbiamo le nuove essenze che rinascono. Questi Mercati di Campagna Amica, queste reti d’impresa, rappresentano le querce che stanno rinascendo”. “I Mercati di Campagna Amica rispondono a una domanda di crescita di cui abbiamo bisogno. Rispondono alla necessità, alla istanza che è presente nelle nostre città, di mangiare la cultura, il paesaggio, la storia”. “Inviterei a riflettere su Campagna Amica come luogo dei mercati virtuosi – ha detto Di Iacovo –. Invito ad esplorarli fino in fondo. A vedere quanta innovazione essi riescono a contenere partendo da stili che erano propri delle nostre campagne, partendo dalla tradizione”. Si è così giunti, nella relazione, al ruolo dello Stato. “Lo Stato tende a lasciare alcune cose alla società civile. Le comunità trovino le condizioni per esercitare il civismo – ha detto Francesco Di Iacovo –. Sta cambiano il rapporto tra pubblico e privato: assistiamo a un rimescolamento. La riflessione dal punto di vista delle Politiche è: se cambia il rapporto, il ruolo, tra Stato e privato, in che modo cambia l’accompagnamento verso le pratiche di civismo?”. Una proposta: “ E’ possibile pensare ad una fiscalità di vantaggio per pratiche così innovative, così necessarie?”. La conclusione: “Il documento che Coldiretti ha presentato – “non solo Pil”, così si può riassumerne una parte  – riguarda la creazione di nuovi stili di impresa, di nuove etiche di Impresa. Un’associazione forte come Coldiretti ha una responsabilità. Ed il patto che il documento propostoci dal Presidente Marini promuove è radicalmente differente rispetto al passato. Dice che oggi gli agricoltori partecipano in maniera estesa, civica, alla produzione di beni comuni”. E Coldiretti – è stata la chiusura – chiede alla politica in che modo sottoscrivere questo spazio, questo nuovo ruolo, questo valore.

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