il Punto Coldiretti

Gli interventi al Forum Coldiretti 2012: il mondo produttivo

GIORGIO NATALINI GUERRINI
Presidente di Confartigianato

“Il compito delle organizzazioni di rappresentanza in questo particolare momento del Paese è assicurare agli imprenditori, in particolare ai giovani, la possbilità di realizzare la loro idea di impresa”. Così ha esordito il presidente di Confartigianato, Giorgio Natalini Guerrini, intervenendo a Cernobbio al Forum internazionale dell’Agricoltura e Alimentazione di Coldiretti. Secondo Natalini Guerrini, la rappresentanta in Italia “è stata per troppo tempo condizionata dalle ideologie e dalla politica”, per cui c’era una rappresentanza frammentata in più organizzazioni. “Oggi invece – ha detto – bisogna cercare più i punti di contatti che di divisione. Per questo noi abbiamo cercato di affrontare i tempi cerando ReteImprese Italia che ha messo assieme le maggiori organizzazioni del commercio e dell’artigianato, cercando i punti di contatto per rappresentare il più grande esercito mondiale di piccoli imprenditori. E in questo ci hanno imitato le cooperative, creando Alleanza delle cooperative. Di fatto oggi i due gradi blocchi Confindustria e sindacati dei lavoratori non rappresentano più la maggioranza dell’Italia che lavora”. Il presidente di Confartigianato ha ricordato che il 99,3% di questi quasi 4 milioni di imprese italiani hanno meno di 50 dipendenti e il 98,5% ne ha meno di 20. “Tutte le politiche di questo Paese negli ultimi anni non sono stati indirizzati verso queste imprese largamente maggioritarie – ha detto Natalini Guerrini – ma per una rappresentazione antica e di convenienza hanno favorito quell’altra rappresentazione”. Il relatore ha ricordato che dall’agosto dello scorso anno, quando Confindustria, ReteImprese Italia, Alleanza cooperative e il mondo bancario e assicurativo presentarono il Manifesto per lo sviluppo al Governo Berlusconi. “Il contributo in quel momento non fu accolto, ma è diventato lo schema del confronto con il Governo Monti” ha detto Guerrini ,  aggiungendo che ritiene necessario che tra le sigle del manifesto “bisognerebbe aggiungere anche l’agricoltura”. Guerrini ha anche sostenuto che negli ultimi 20-25 anni è cambiato il modo di fare impresa e che è un “miracolo” che le imprese italiane vadano avanti nonostante l’eccessiva pressione fiscale, i costi della burocrazia, il costo del denaro, le lungaggini della giustizia e i tempi di pagamento. “Nonostante tutte questi aspetti negativi – ha concluso – vedo che c’è una reazione straordinaria delle imprese, per cui ritengo necessario che le organizzazioni debbano convincere il governo a rimettere al centro le imprese”.

DANIELE KIHLGREN
Imprenditore, Sextantio Ospitalità Diffusa e Restauri Italiani

 “Voglio provare a coniugare due parole che spesso vengono considerate antiteche: cultura ed economia. In Italia abbiamo più di metà del patrimonio artistico sotto l’egida dell’Unesco. Il nostro Paese racconta anche una storia lontana dalle glorie imperiali e rinascimentali. All’interno del clima culturale delle teorie estetiche dobbiamo coltivare l’idea di una storia marginale di piccoli borghi che necessiterebbe di tutela fino ad operazioni umanistiche estreme. S Stefano di Sessanio in Umbria è un borgo che è passato dal 3000 a 50 abitanti. Spesso, quando questi luoghi diventano attrattivi dal punto di vista turistico si costruiscono case nuove, le villette a schiera, un’edilizia in antitesi con la struttura del luogo e della sua anima, manca il legame con il carattere di questi luoghi. S. Stefano è un borgo simile a Scanno che purtroppo è stato devastato da migliaia di metri costruiti attorno, che ne hanno distrutto la sky line. Cerchiamo delle strade urbanistiche per consegnare alle future generazioni lo spirito dei borghi minori mantenendolo integro. Il recupero di Santo Stefano di Sessanio con un turismo qualificato a prodotto un ‘incremento dell’economia che  da una sola struttura ricettiva è passata oggi a 22. Con il nostro intervento il valore patrimoniale è aumentato di 3,5 volte e di 5 volte per i nostri immobili con una filosofia particolare. La riscoperta non si è fermata ai soli immobili tradizionali ma, attraverso la raccolta di materiale iconografico abbiamo proseguito con l’arredamento e vogliamo arrivare anche al cibo. Vorremmo scrivere l’evoluzione della specie di Slow Food, basandoci sulla memoria orale degli anziani, recuperando le granaglie di montagna ormai abbandonate per varietà più produttive. Questo percorso passa attraverso il recupero non solo del paesaggio ma di tutta la cultura. Il medesimo approccio che abbiamo avuto con gli edifici vorrei averlo con l’agricoltura attraverso un ciclo completo che partendo dalla riscoperta delle granaglie di montagna, continui con il mulino a pietra, fino alle botteghe dell’artigianato domestico e ovviamente tutto il discorso delle ricette. Un patrimonio che sarebbe scomparso con la scomparsa delle persone che hanno abitato questi luoghi con una grande poesia che abbiamo mantenuto così come era. Oggi sono luoghi che hanno recuperato la propria anima, incrementando il valore degli immobili, recuperando la professionalità in fase di dismissione e sviluppando l’indotto in una forma innovativa di marketing territoriale con lo sguardo proiettato al mercato internazionale”.

LUCA TORRESI
Imprenditore, titolare Biomood

Un esempio di impegno virtuoso, di imprenditorialità giovane che non si arrende e che vince giocando la carta della creatività e dell’innovazione. Così è stata introdotta l’esperienza portata da Luca Torresi, titolare Biomood, nel suo intervento al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este di Cernobbio. E’ la testimonianza di “un ventottenne imprenditore” e di “un’azienda piccola, la Biomood, che ha saputo crescere, diversificare il proprio impegno, arrivando ad ottenere importanti riconoscimenti a livello mondiale”.  “Ho 28 anni, vengo da un paesino di 15mila abitanti, Monte Granaro, fiore all’occhiello del distretto calzaturiero maceratese – ha esordito Luca Torresi –. La mia famiglia da tre generazioni produce calzature”. Nel 2010, la drammatica crisi e una concorrenza cinese che non giocava ad armi pari hanno condotto l’azienda ad un bivio: “Dovevamo fare una scelta: iniziare a produrre per conto terzi per un marchio famoso, come hanno fatto in tanti, o cominciare a diversificare”. Da un viaggio in America, la prima intuizione: “In America la gente vestiva il cellulare con un guscio. Da noi questo ancora non esisteva. Questo fenomeno poteva essere portato in Italia. Sono tornato a con casa un progetto, nel settore dell’elettronica di consumo”. Un’idea buona è divenuta dirompente quando si è aggiunta la creatività Made in Italy, con la scelta di realizzare le cover partendo da materiale biodegradabile, che già si utilizzava  in ambito calzature. E’ nata così la prima custodia per cellulari al mondo biodegradabile: I Nature. “Un’idea che ci ha premiato – ha testimoniato Torresi –. Abbiamo avuto un anno di sperimentazione, in un settore per noi totalmente nuovo, per il quale non avevamo l’esperienza che potevamo vantare nella  calzatura. Siamo un’azienda giovane: 28 anni io, 35 anni il mio socio. Avevamo energia e voglia di farcela”. La nostra “custodia morbida”  – ha proseguito l’imprenditore marchigiano – è stata oggetto di tanta attenzione sui blog, nella community eco sostenibile, è approdata a Milano, negli appuntamenti legati ad innovazione e fashion. “E’ solo una cover, ma in più ha il quid che solo il made in Italy può vantare. E’ l’unica cover prodotta in Italia, tutte le altre vengono dalla Cina. In termini di qualità non c’è confronto”.  E’ stata una continua ascesa: “Abbiamo iniziato a vendere I Nature in giro per il mondo. A gennaio di quest’anno ci è stato attribuito un premio internazionale nel nostro settore dell’elettronica di consumo: l’Innovation 2012 Designed and Engineering Hawards, premio che ci è stato  riconosciuto nella sezione eco design, e che abbiamo ritirato a Las Vegas. Per comprenderne l’importanza, basti dire che nel 2011 il premio era stato assegnato alla Samsung”. “Per una micro impresa come la nostra la soddisfazione è stata unica” ha aggiunto il giovane imprenditore. “Da un anno siamo sul mercato. Siamo nelle fiere. Attualmente stiamo vendendo il nostro prodotto, in America, in Germania, abbiamo successo nella grande distribuzione. Possiamo sicuramente fare meglio. Sarà il mercato stesso a chiederci nuovi prodotti. Noi, da buoni artigiani italiani, saremo in grado di realizzarli” ha concluso Luca Torresi, tra gli applausi della platea, applausi che in vari momenti hanno interrotto, e sottolineato, questa  testimonianza “dell’Italia che non si arrende, e che ce la fa”.

BECKY VESTER
Shopper Maketing Director, OgilvyAction Chicago

Se pensiamo di portare l’Italia a un livello superiore per poter essere competitivi in un mercato globale bisogna agire sugli shopper e sul loro carrello. Nel mondo siamo in uno stato di crisi economica e ci troviamo sulla soglia di problemi come scarsità di cibo e di acqua e quindi bisogna far capire al consumatore che la sostenibilità è importante. E’ però difficile  convertire la convinzione in azione. La differenza tra quanto dichiarato e un’azione viene definita “Green Gap”. In generale i cittadini vogliono fare qualcosa per il mondo. Il comportamento dello shopper  ancora non riflette tutta la situazione globale. I cittadini usano il mondo in maniera diversa e tutti pensano che sia importante fare del mondo un posto migliore. Non è una cosa sorprendente  perché tutti vogliono raggiungere questo obiettivo. Sappiamo che questa sta diventando una convinzione centrale importantissima . Un fatto è garantire che ci siano risorse e cibo per tutti nonostante sia una convinzione globale negli anni non si sono visti risultati importanti. Bisogna pensare ai cittadini ma anche al mondo in senso più astratto. Va rilevato che i consumatori hanno iniziato a restringere la prospettiva, pensano “al nostro mondo, cioè alla mia comunità, alla mia regione, ecc.”. Si sta facendo strada la convinzione che scegliere un prodotto rispetto a un altro può avere un impatto per rendere il mondo un posto migliore a livello più ampio. Quindi il Global green gap è un fenomeno molto importante. Molti cittadini vogliono rendere il mondo un posto migliore; l’80% dei cittadini è d’accordo sul fatto che la sostenibilità sia un concetto mondiale, il 58 % di questi consumatori pensano che sia importante acquistare prodotti socialmente responsabili e questo riguarda anche il cibo. Quando si parla di cambiare i comportamenti vediamo che in tutto il mondo solo il 43 % trova che su queste tre cose abbia avuto un forte impatto per produrre in realtà. Anche l’Italia sta andando verso il trend mondiale: la cosa preoccupante è che ci sono dei mercati che si sviluppano che stanno iniziando ad avere dei valori più bassi della media globale per quanto riguarda l’acquisto di prodotti sostenibili. In tutto il mondo questi  temi stanno assumendo un importante sempre maggiore, soprattutto dove ci sono redditi maggiori. Un’altra cosa importante nel mondo in questo momento di crisi il “green” sta un po’ slittando tra le priorità. L’80% dei consumatori nel mondo è convinta dell’importanza della necessità di acquisti sostenibili ma molto pochi traducono questa convinzione negli acquisti. In molti casi si è ancora ingannati dal prezzo e dalla qualità ed è quindi importante insegnare a fare scelte giuste e consapevoli.  Bisogna quindi cercare di connettersi nel migliore dei modi con il consumatore. Ecco quattro principi da osservare per raggiungere questo obiettivo: rendere le cose molto semplici, renderle personali, renderle autentiche e renderle premianti.

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