il Punto Coldiretti

Gli interventi al Forum di Cernobbio: il mondo economico

Corrado Passera
Ceo e consigliere delegato Intesa San Paolo

Se il marchio Italia andasse come il marchio agroalimentare, saremmo a posto. Così ha esordito il consigliere delegato di Intesa San Paolo nel suo intervento al forum Coldiretti di Cernobbio. “Purtroppo stiamo andando giù – ha detto Passera – e per evitare di scendere ancora dobbiamo fare in fretta perché il marchio Italia sta scivolando velocemente. Riportare a giusto livello il marchio non è solo una questione di dignità, ma è una questione di interesse perché si porta dietro il commercio, si porta dietro la crescita, la possibilità di raccogliere fondi sul mercato internazionale”. Secondo Passera il Paese sta andando giù perché c’è una progressiva irrilevanza del Paese in tanti settori, mentre “sta avanzando la sfiducia perché in molti credono che non sappiamo mantenere gli impegni e, anche se non è vero ci stiamo guadagnando lo stendardo di chi affossa l’Europa”. Passera ha ricordato che i marchi si basano sui fatti e che l’Italia ne ha tanti, a partire dall’agroalimentare, passando per la meccanica, la moda, il turismo, che tirano una bella fetta di Paese, mentre per i conti pubblici “molti Paesi si sognano di avere un surplus primario positivo come il nostro e banche che stanno passando abbastanza bene anche la seconda crisi”. In sostanza per Passera ritiene che ci siano forze su cui costruire, anche se occorre rimettere a posto alcuni numeri, in particolare il Pil e l’occupazione. L’alto numero di disoccupati costituisce un disagio che si porta dietro i consumi, le prospettive economiche delle famiglie. “Occorre agire in fretta e bene – ha detto Passera – anche perché non ci può essere ripresa da un momento all’altro. Non basta una manovra e dobbiamo agire non come un Paese che vuole essere salvato, ma come un paese in grado di salvarsi da solo, sempre in un contesto europeo. Bisogna quindi rimettere in moto tutti i settori della crescita e garantire alle imprese sicurezza, funzionamento della pubblica amministrazione, fiducia, istruzione, infrastrutture, rispetto del merito, processi decisionali snelli”.

Pietro Pagliuca
Consigliere Delegato del Consorzio Produttori di Campagna Amica

Nel corso della presentazione le Botteghe  di Campagna Amica, Pietro Pagliuca ha illustrato l’architettura commerciale del progetto che si fonda su quattro elementi: la Fondazione Campagna Amica, che garantisce origine italiana e filiera degli agricoltori; il Consorzio Produttori che è lo strumento per realizzare la “catena”; l`imprenditore agricolo che offre il proprio prodotto; il gestore del punto vendita denominato “La Bottega di Campagna Amica”. Le Botteghe sono un nuovo e moderno canale commerciale che si affianca alla grande distribuzione e ai negozi di prossimità. Garantiscono ai consumatori prodotti agricoli al cento per cento italiani provenienti esclusivamente da imprese agricole e cooperative. Da settembre a oggi sono 110 le Botteghe aperte in tutta Italia, mentre sono già 4000 le imprese agricole entrate a far parte della rete per la loro fornitura, con la copertura di oltre 8.000 categorie merceologiche coperte. “Questo progetto – ha concluso Pagliuca – è il grande risultato dell’effervescenza della Coldiretti, del mondo della cooperazione e dei produttori”.

Pierluigi Guarise
Presidente Consorzi Agrari d’Italia

Nato da due anni, Consorzi Agrari d’Italia (Cai) conta oggi 26 consorzi associati, 700 agenzie, una capacità di stoccaggio di 1,5 milioni di tonnellate, mille tecnici in campo. I dati sono stati resi noti a Cernobbio dal presidente di Cai, Pierluigi Guarise, il quale ha ricordato che nel 2010 il sistema Consorzi agrarii ha fatturato 2 miliardi di euro. L’attività di questi due anni si è concentrata sulla riorganizzazione delle reti consortili di alcune aree del Paese e nei processi di integrazione delle attività industriali dei soci (produzione, mangimi, sementi…). Sinergie con Creditagri hanno consentito di sviluppare convenzioni con le banche per il credito ai soci, mentre entro il 2011 la società Enel Green Power Cai Energy farà partire la richiesta di autorizzazione per il primi cinque siti per realizzare energia da biomasse da filiera corta con prodotti di scarti agricoli. La realizzazione dovrebbe avvenire nel primo semestre del 2013 per una potenza complessiva di 25-30 Megawatt. Orientata all’innovazione anche la joint venture con Novamont per sperimentare lubrificanti da olio vegetale. Guarise ha anche ricordato che è stato costituito il fondo immobiliare per gestire gli immobili non più usati dei consorzi agrari e immetterli sul mercato per recuperare liquidità. Entro fine anno dovrebbero essere conferiti immobili per un valore di 100 milioni di euro. Ha preso il via intanto Fits (filiera italiana trading cereali), società partecipata per l’85,5% da Cai e il 14,5% da cooperative di Legacoop per gestire 2 milioni di tonnellate di cereali. In questo campo è stato concluso un accordo con il gruppo Barilla, che assicura all’agricoltore un prezzo minimo fin dalla semina. Infine Guarise ha ricordato il progetto di collaborazione con Coop Italia per portare sugli scaffali alcuni prodotti alimentari della filiera agricola tutta italiana, con posizionamento sulla fasci alta di qualità e il progetto per realizzare le botteghe di Campagna Amica all’interno della rete consortile, in collaborazione con il Consorzio produttori Campagna Amica.

Vincenzo Tassinari
Presidente Coop Italia

Coop, ha detto il presidente Vincenzo Tassinari intervenendo ai lavori del Forum Coldiretti di Cernobbio, rappresenta un grande processo di riforma imprenditoriale e un grande progetto di innovazione che sta dando risultati. L’ esistenza di un soggetto forte, dà valore all’economia generale e all’agricoltura di questo paese. Oggi Coop vende 6 milioni di quintali di ortofrutta, l’85% è di vostra produzione, 80% di bovini venduti di cui il 95%, appartiene ad allevatori italiani. La crescita quantitativa che abbiamo avuto nel rapporto con agricoltura italiana, non può non sottolineare la crescita qualitativa. Crescita quantitativa e qualitativa tutelano valori come la  salute, l’ambiente, l’eticità, la  legalità. Mai come in questo momento – ha spiegato Tassinari – c’è bisogno di stare insieme e di collaborare;  industria, distribuzione  e agricoltura, insieme possono dare più valore ai soggetti della filiera. Dobbiamo provare a costruire un progetto che vada oltre la filiera, ossia la co-imprenditorialità, mettendo insieme pezzi che danno valore, lavorando per accrescere il valore complessivo della filiera,, mettendo al centro non il mercato e la competizione, ma il consumatore.  Abbiamo due scenari possibili: uno scenario involutivo, in cui il consumatore ha bisogno di convenienza e di prezzi bassi e quindi forniamo prodotti non qualitativamente ottimi, lasciando spazio anche all’illegalità. L’altro scenario – ha ricordato il presidente della Coop – è invece evolutivo: il consumatore ha sempre problemi di reddito e di potere d’acquisto , ma bisogna provare  a dare sobrietà ai consumi, eliminare gli sprechi, fornendo più efficienza e convenienza. I progetti in ambito di co-imprenditorialità devono dare un contributo sostanziale allo scenario evolutivo e costruire qualcosa per sostenere il potere d’acquisto. Tassinari ha ricordato che si parla di aumento dell’Iva che però finirebbe con il frenare i consumi che sono il volano fondamentale per il rilancio dell’economia. Per questo, secondo il presidente di Coop Italia, è necessaria una collaborazione con Coldiretti, sena farsi la guerra e senza lanciarsi accuse, come l’estate scorsa. Coop Italia, ha detto, ha acquistato le pesche a 0,80 e non a 0,20. Per Tassinari è anche fondamentale che Coldiretti e Coop sappiano dare insieme un contributo propositivo al Paese.

 

Carlo Rienzi

Presidente Codacons

Il Presidente del Codacons Carlo Rienzi ha esordito informando che, alla luce delle considerazioni fatte nel corso del Forum, lunedì 24 ottobre il Codacons presenterà una denuncia di fronte alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti contro la Simest. Rienzi ha poi posto l’accento sul controllo, “perché sappiamo che in Italia è proprio questo ciò che manca”. Il controllo sui tir – ha aggiunto – è una cosa piuttosto complicata quindi dobbiamo tenere gli occhi aperti. Allo stesso modo dobbiamo controllare i mercati della vendita diretta e anche quelli di Campagna Amica. Come Codacons, insieme a Coldiretti e Autostrade per l’Italia, abbiamo fatto una grande iniziativa, che è quella di portare l’agricoltura del territorio sulle autostrade. Ciò è stato fatto per valorizzare la piccola e micro imprenditoria agricola. Questo progetto, che ha avuto una sperimentazione durante l’estate – ha preannunciato, ricomincerà a Natale e poi a primavera e si integrerà con la conoscenza e la cultura del territorio.  

Stefania Crogi

Segretario Generale FLAI-CGIL

Accetto l’invito alla battaglia contro chi sfrutta nostre risorse in nome di una internazionalizzazione, mentre invece c’è solo delocalizzazione. Quindi il giorno in cui ci sarà la manifestazione la Flai Cgil sarà presente e su questo siamo sicurissimi. Così ha detto Stefania Crogi aprendo il suo intervento a Cernobbio. Però se abbiamo parlato di legalità come parte fondamentale della crescita – ha precisato – non possiamo non condividere la legalità come diritto al lavoro, perché per quanto riguarda il settore agricolo siamo dentro la criminalità. Allora noi non potremo mai vincere questa battaglia che stiamo facendo per il made in Italy, per la filiera corta, per il know how, per il legame del prodotto alla cultura del territorio, per la valorizzazione del prodotto stesso e soprattutto non potremo mai competere sul mercato perché il dumping deriva proprio da concorrenza sleale sulla qualità e sul costo del lavoro. Rivolta al Presidente della Coldiretti Marini che ha parlato di coraggio, la Crogi ha sostenuto che allora noi dobbiamo avere il coraggio di dire che il caporalato non è finito, che è in atto una compravendita sui permessi di lavoro ingaggiando immigrati che vengono assunti da veri e propri caporali etnici che si trovano nei loro paesi. Tutto questo viene usato dalle aziende non trasparenti, non corrette, non legate a quella valorizzazione del prodotto per la quale tutti ci stiamo mobilitando per far crescere il Pil. Allora, vogliamo farla insieme – ha rilevato – questa battaglia? Abbiamo bisogno di una legislazione diversa sul collocamento che deve essere trasparente, che premi le aziende virtuose anche con aliquote diverse, non un collocamento in mano ai caporali. Questo è un terreno di confronto – ha concluso il Segretario generale Flai-Cgil -;  l’abbiamo messo nel documento comune che stiamo firmando per la terza volta e adesso dobbiamo pretendere insieme che questo documento abbia le braccia e le gambe affinché i suoi contenuti si realizzino.

  

Giovanni Luppi
Presidente Anca Legacoop

Occorre prendere atto delle condizioni e delle difficoltà del Paese, assumendosi le proprie responsabilità. Lo ha affermato il Presidente di Anca Legacoop Giovanni Luppi al Forum Coldiretti di Cernobbio.  Il settore agroalimentare è una potenzialità straordinaria del paese, un settore in cui la micro impresa può essere una grande forza – ha sottolineato l’esponente del mondo cooperativo -, ma anche un elemento di freno e di vincolo, che pregiudica la conquista di nuovi mercati. La cooperazione dell’agroalimentare rappresenta 6mila cooperative con 35 miliardi di fatturato. Coop che sono imprese medie e che competono con le prime 50 aziende italiane e da sole rappresentano il 10% dell’export. Quando una impresa è media, non ha il vantaggio della nicchia o la forza delle grandi impresa. Rischiamo – ha ammonito Luppi – di perdere l’utilità della cooperazione per questo paese. La materia prima è la voce di costo più importante: occorre valorizzare meglio prodotti conferiti. La cooperazione deve recuperare l’italianità e il territorio, per collocare al meglio questa idea di prodotto. Per farlo abbiamo bisogno di semplificare. In Italia c’è bisogno di più cooperazione anche con la politica. Arriviamo se abbiamo organizzazione oppure abbiamo fatica ad arrivare sui mercati mondiali. L’agroalimentare non fa alleanze, ha difficoltà a fare alleanze. La cooperazione è fortemente orientata alla produzione mentre le imprese sono orientate al mercato, è necessario recuperare questo gap.Un nodo è anche la relazione con la distribuzione. Se la distribuzione viene vista come un nemica, non va bene per nessuno. Serve stabilire un patto tra produzione e consumatore, ragionando sul prezzo giusto e non sul prezzo basso, riconoscendo ad ogni attore il valore che conferisce nei prodotti. Se siamo trasparenti – ha concluso il Presidente di Anca Legacoop – e facciamo capire al consumatore che siamo efficienti, tolte le intermediazioni inutili, sarà il consumatore a scegliere il prodotto italiano o altro. Un prodotto che deve essere riconoscibile in termini di qualità, di territorio, di tradizione.

Gianluca Maria Esposito
Direttore generale per le Pmi e la cooperazione del Ministero dello Sviluppo economico

Mai come in questi giorni il tema della crescita sia stato ed è così prioritario anche nell’azione del governo. Lo ha ricordato al Forum Coldiretti di Cernobbio Gianluca Maria Esposito, Direttore generale per le Pmi e la cooperazione del Ministero dello Sviluppo economico. Qualunque politica di crescita, industriale, produttiva, presuppone una rigorosa disciplina delle aree sviluppo e finanza. L’economia italiana soffre una problematica strutturale di crescita del Pil (15 milioni dei cittadini ha un reddito non superiore a 1500 euro), relativa agli investimenti fissi lordi, mentre va bene l’export. Nel 1° semestre del 2011 – ha ricordato l’esponente ministeriale – l’Italia ha evidenziato un +17% nell’export. Questo dato, se paragonato alle imprese tedesche, risulta essere dato uguale. Le imprese italiane sono competitive rispetto al Paese più forte per quanto riguarda il debito sovrano. L’impresa italiana ha una potenziale capacità di crescita, forte e pari a quella di Paesi più competitivi. L’impresa agroalimentare regge bene. Quali sono i fattori di forza? Il primo è la caratteristica di essere un sistema flessibile, elastico. Il 99% delle aziende sono Pmi (il 95%  sono micro). Il secondo è la forte propensione alla rete. Il terzo è il modello export che costituisce una via di sfogo per alcune imprese, soprattutto per quelle legate a filiere lunghe e che puntano a intercettare mercati post europei. C’è però un’inadeguatezza della nostra organizzazione industriale rispetto ai modelli mondiali. I distretti – ha ricordato Esposito – subiscono interferenze politiche mentre serve innovazione. Il distretto vuole l’impresa inchiodata al territorio con un mercato che è diventato mondiale. Questo ingessa l’impresa. L’impresa deve fare impresa con la ricerca. In Italia quante sono le imprese presenti nei processi di internazionalizzazione? Siamo al di sotto del 30%. Soluzione? Innovare e ridurre i costi di sviluppo, intervenendo sulla razionalizzazione del costo di produzione, rilanciando la domanda dei consumi.

Guido Barilla
Presidente gruppo Barilla

Il mondo dell’alimentare è estremamente variegato perché va dal prodotto tipico più piccolo alla produzione più sofisticata in gastronomia, arrivando anche a MacDonald che, quando offre un prodotto italiano o (simil-Italiano per noi italiano), diventa un’offerta di italianità. Secondo Guido Barilla, Presidente del Gruppo Barilla, il nostro Paese per decenni ha dimenticato il macro settore alimentare come strategico, privilegiando facili strade su altri territori, spinto da altre forze per privilegiare settori meno strategici. L’alimentare – ha detto – ha una forte integrazione nel territorio data la natura dell’approvvigionamento delle materie prime e il territorio per l’Italia è il primo bene da salvaguardare. Il Paese dovrebbe adottare una seria strategia fondata sull’agroalimentare, promuovere in modo organizzato e continuativo una serie di nostri prodotti, una serie di nostre filiere, premiando la cultura agroalimentare italiana. All’estero c’è una voglia di prodotti italiani che è molto superiore alla nostra capacità di offerta. E la nostra capacità di penetrazione fuori del nostro Paese è spesso limitata all’intraprendenza individuale. Sarà pertanto necessario – ha puntualizzato Barilla – un meccanismo più sistematico. Il nostro territorio vive un momento di difficoltà nel nostro settore. Per tutta Europa il mercato alimentare è estremamente saturo. Riteniamo che una dedizione maggiore e una cultura di maggiore partnership legati alle filiere dei prodotti agricoli italiani sia una strada estremamente virtuosa che raccoglie forse immediatamente alcune diseconomie su cui bisogna lavorare e gestire, ma che possa essere una strada significativa di processi che dia valore di contenuto ai prodotti, valore di immagine ai contenuti di marca, perché noi viviamo anche di questo, che possa in modo sinergico dare un forte aiuto alla continuità e alla stabilità delle filiere. Noi abbiamo istituito con i colleghi di Coldiretti una serie di lavori molto interessanti. Stiamo valutando alcune opportunità; alcune hanno raggiunto una serie di obiettivi, altre sono in fase di sviluppo. Sono tutti progetti virtuosi – ha detto il Presidente del gruppo Barilla -. E’ un momento di passaggio significativo per cui alcune parti che in modo superficiale si sono viste sempre come “controparti”, approfondendo alcune virtù di carattere professionale trovano un campo sinergico di lavoro che è un giusto esempio dell’inizio di sistema: ora questo sistema si può estendere anche al modello distributivo. Evidentemente – ha concluso – ci sono snodi critici che noi abbiamo e che sono dati dai modelli di mercato. Ognuno deve trovare una profittabilità da potere rivestire nel meccanismo e qui sta all’intelligenza della costruzione dei modelli e delle filiere di trovare qualcosa che sia virtuoso.

Francesco Starace
Amministratore delegato Enel Green Power

C’è oggi un consumo di energia elettrica in Usa, Europa, India, Giappone e tantissime zone buie. Il tempo passa e le luci si accendono nella zona buia. L’analisi viene da Francesco Starace, Amministratore delegato Enel Green Power, intervenuto al Forum Coldiretti di Cernobbio. Mentre gli shock petroliferi hanno innalzato il costo del petrolio (da una media di 35 dollari a barile si è arrivati ai 100 dollari del 2008), le energie rinnovabili sono un mercato in crescita. Dal 2000 al 2010 si è passati da 792 a 1312 milioni di megawatt, con una previsione al 2020 di 2540 milioni e al 2030 di 4767 milioni di megawatt installati. Dietro la crescita c’è una “fame” di energia e la voglia di staccarsi dalla dipendenza da energie non rinnovabili e il traguardo europeo è di arrivare al 2020 senza importare energia. Non c’è produzione di biomassa nel nostro Paese (circa il 2%) – ha sottolinea l’esponente dell’Enel – ma nell’ultimo anno la crescita è stata del 10%, ricorrendo a finanziamenti da banche italiane, ricorrendo ad imprese italiane. Un settore che occupa 9000 addetti. La biomassa a filiera corta è il 50% più efficace ed efficiente della biomassa a filiera lunga. E’ per questo che abbiamo sviluppato un approccio diverso: portare e distribuire biomassa in centrali più piccole e maggiormente presenti sul territorio. C’è un grande gap di impianti di piccole-medie dimensioni che l’Italia può colmare, sviluppando nuovi macchinari. Su questo tema ci sono oggi due obiezioni: la prima è se c’è abbastanza biomassa in Italia per fare qualcosa di significativo. C’è una disponibilità da residuo agricolo, forestale e agroalimentare anche in eccesso. La seconda è se si utilizza biomassa per generare energia elettrica, quale può essere l’impatto sul prezzo delle materie agricole? C’è un  legame e può essere molto dannoso o virtuoso. Se continuiamo ad utilizzare la filiera lunga si corre il rischio di impattare sui prezzi – ha ammonito Starace, soprattutto per culture dedicate ed estensive. La strada da percorrere con Consorzi Agrari d’Italia (Cai) dà ricadute positive: stabilizza per il coltivatore l’esposizione al rischio d’impresa, integra le culture a fini energetici e utilizza terreni non utilizzabili a fini agricoli in maniera efficace ed efficiente. Un utilissimo modo per utilizzare questo forte legame tra energia e agricoltura. L’accordo con Cai – ha concluso – punta a una creare rete di tanti piccoli impianti che utilizzino biomassa derivante dalla produzione agricola.

Catia Bastioli
Amministratore delegato Novamont

La chimica è un settore fondamentale per il rilancio del paese: grazie alla chimica molte aziende italiane sono diventate famose nel mondo e ciò ha permesso al paese di sviluppare le proprie attrezzature. Lo ha detto Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont, nel suo intervento al Forum Coldiretti di Cernobbio. Il problema è che le attrezzature sviluppate anni fa adesso sono obsolete e dobbiamo sfruttare la tendenza a utilizzare le materie prime rinnovabili, tenendo conto che dobbiamo fare i conti con uno sviluppo economico diverso da quello che ha caratterizzato gli anni passati.  Se ci riusciamo, in un paese come l’Italia che ha grosse capacità e competenze, otterremo sicuramente successo. Non abbiamo più bisogno di movimenti economici lineari, – ha spiegato la Bastioli – che sono facilmente scavalcabili. Occorre un sistema circolare che imiti la natura, che cambi la cultura di utilizzo del prodotto. Non sappiamo neanche da dove deriva un prodotto, quindi il concetto è di riappropriarsi della storia del prodotto. Uso delle risorse locali, sicurezza delle risorse, rispetto del territorio sono le linee guida da seguire. Va cambiata anche la mentalità industriale. Dobbiamo pensare in termini di efficienza e risparmio invece che di approvvigionamento  e comprendere il divario tra le tecnologie esistenti e quelle utilizzate.  In 20 anni Novamont è diventata una realtà molto importante nel campo delle bioplastiche – ha concluso l’ad -, ma l’obiettivo è quella della costruzione di una bioraffineria integrata; per farlo c’è bisogno di tanta ricerca e di tanti anni.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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