il Punto Coldiretti

Gruppo 2013, ecco l’agroalimentare italiano nel commercio mondiale

Nel corso di un convegno presso la sede romana di Coldiretti è stato presentato il volume “L’agroalimentare italiano nel commercio mondiale. Specializzazione, competitività e dinamiche”, curato dal professor Fabrizio De Filippis, docente dell’Università di Roma Tre, del Gruppo 2013.

Il volume raccoglie i contributi di vari esperti (Gabriele Canali, Anna Carbone, Antonella Finizia, Roberto Henke, Alberto Franco Pozzolo e Donato Romano) che hanno illustrato come negli ultimi 15 anni il ruolo dell’Italia nel commercio internazionale si sia andato modificando, da esportatore a importatore netto di beni e servizi, facendo progressivamente venire meno il contributo della componente estera al sostegno della domanda aggregata e alla crescita economica.

Per il nostro Paese il passaggio è avvenuto nel quadro di un’evoluzione dell’economia mondiale verso un sistema multipolare, in cui accanto al parziale declino dei vecchi protagonisti del mondo occidentale si sono rapidamente affermate nuove aree e nuovi Paesi – l’Asia e la Cina in particolare – come motori della crescita globale. L’Italia è purtroppo rimasta ai margini di questo processo. Il mancato aggancio della nostra economia alle grandi trasformazioni in atto nell’economia mondiale ed europea è stato uno dei fattori che spiegano la sua crescita declinante, collocandola da anni stabilmente al di sotto della media Ue.

In questo quadro, il comparto agroalimentare è andato, almeno per certi versi, in controtendenza: negli anni della forte crescita dell’economia italiana trainata dalle esportazioni, si è caratterizzato per un forte e crescente deficit strutturale, esploso negli anni Settanta e Ottanta; mentre proprio nella successiva fase di declino di quel modello ha visto migliorare le proprie performance, almeno in termini relativi. Questo è avvenuto soprattutto per il cosiddetto made in Italy agroalimentare, che da qualche anno costituisce una delle componenti più robuste e dinamiche delle nostre esportazioni.

Il libro si articola in 6 capitoli, di cui si sintetizzano i principali risultati. Il capitolo 1 è dedicato all’analisi della nuova geografia del commercio agroalimentare mondiale, con particolare attenzione al ruolo dell’Italia in relazione ai suoi vecchi e nuovi concorrenti. Il capitolo 2, dopo aver richiamato i legami tra commercio internazionale e crescita economica nell’esperienza italiana, ripercorre l’evoluzione storica delle modalità della nostra apertura commerciale e discute le cause della deludente performance degli ultimi anni.

Il capitolo 3 entra nel vivo dell’analisi, con una carrellata di taglio descrittivo sul commercio agroalimentare dell’Italia. Nel capitolo 4 si approfondiscono alcuni aspetti descritti nel capitolo precedente attraverso l’utilizzo della Constant market share analysis (Cmsa), una metodologia che consente di scomporre la variazione della quota di mercato mondiale di un Paese in più effetti.

Il capitolo 5 sviluppa l’analisi della componente più importante e dinamica del commercio agroalimentare italiano: l’insieme dei prodotti del cosiddetto made in Italy. Un lavoro sul commercio agroalimentare italiano e sulla sua componente made in Italy non poteva ignorare il controverso tema del vasto mercato del falso made in Italy e delle sue numerose imitazioni più o meno legali.

È quanto si prova a fare nel sesto e ultimo capitolo, che propone una possibile classificazione del falso made in Italy e delle tante tipologie d’imitazione che rientrano nell’insieme genericamente definito “Italian sounding”, sia per provare a distinguere la gravità del danno per i produttori del vero made in Italy e per i consumatori, sia per discutere le possibili contromisure.

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