il Punto Coldiretti

Il fallimento della farm bill

Semaforo rosso per la farm bill, la legge agraria degli Stati Uniti. Sul nuovo provvedimento continua lo stallo al Congresso, come riporta un articolo sul blog settimanale del giornale britannico The Economist.

Ogni cinque anni, il Congresso discute una nuova legge agraria (farm bill), che riguarda due grandi questioni: la sofferenza dei poveri, ai quali il governo federale assegna dei buoni alimentari (food stamps), e l’imprevedibilita’ dell’agricoltura, che il governo cerca di alleviare attraverso sussidi agli agricoltori.Quando si dice che la "farm bill" e’ una legge bipartisan, quello che si vuol dire e’ che essa contiene qualcosa per ciascuno, anche se nessuno ama particolarmente la legge nel suo complesso. Per cui i parlamentari in genere si turano il naso e la votano.
Quest’anno pero’, la legge non e’ stata approvata dalla Camera: messa al voto, ha ricevuto 234 no e 195 si. Le recriminazioni sono cominciate subito. Un portavoce di Eric Cantor, capogruppo della maggioranza (repubblicana), ha  detto che la vicenda  dimostra che i Democratici "non sono capaci di governare". Nancy Pelosi, capogruppo dell’opposizione, ha replicato dicendo che quello che e’ accaduto in aula e’ stato come "l’ora dei dilettanti". Cantor allora ha diffuso un comunicato stampa in cui formalmente dava la colpa ai Democratici di aver "scelto di smantellare anni di lavoro bipartisan sulla farm bill e la relativa riforma".
Le radici di questo scontro risalgono all’anno scorso. Il Senato aveva approvato la sua versione della farm bill senza troppe difficolta’, ma i primi problemi erano emersi quando la Camera aveva recalcitrato ad iscrivere il testo approvato dalla sua commissione agricoltura all’ordine del giorno dell’assemblea. I capigruppo della Camera dissero di temere che non ci fosse abbastanza tempo per approvare la legge prima delle elezioni, ma la verita’ e’ che non avevano abbastanza voti. Il tempo non e’ mai stato un problema. Allora, come ora, la questione era politica.
Perche’ la farm bill e’ diventata cosi’ indigeribile per la Camera? Il principale motivo e’ la preoccupazione per il deficit di bilancio. Sebbene questa paura non sia piu’ cosi’ predominante come nella passata legislatura, molti sono ancora dell’idea che sarebbe giusto tagliare una legge come quella agricola che vale quasi un trilione di dollari in un decennio. Questo pero’ significa tagliare molte delle cose che la rendono bipartisan. I repubblicani vogliono ridurre la spesa per le food stamps. Essi sostengono che le maglie per la loro concessione siano state troppo allentate durante la presidenza di Barack Obama, come a loro avviso dimostra l’aumento dei richiedenti, dai 26,3 milioni del 2007 ai 47,6 milioni di oggi. I democratici ribattono che questo aumento e’ dovuto al cattivo andamento dell’economia, e non vogliono tagliare la spesa per questo programma.
Oltre a questo, c’e’ la crescente opposizione all’altro pilastro della legge: i sussidi agricoli. Una coalizione di voci di destra e di sinistra e’ contraria al sostegno che va a settori agricoli gia’ favoriti, spesso rimpinguando portafogli gia’ abbastanza gonfi. La nuova farm bill vorrebbe ridurre i cosiddetti "pagamenti diretti", che sono assegni dati ai produttori di mais, cotone, riso, arachidi etc. indipendentemente dal fatto che coltivino o meno. Si potrebbe essere contenti della loro fine, ma il programma di sostegno che li sostituisce e’ altrettanto cattivo, se non peggiore. I sussidi per lo zucchero ed il latte restano terribili. Tutti vogliono che la farm bill sia riformata ma nessuno sa che tipo di legge possa passare alla Camera.
Quando il Senato ha approvato la sua versione (quest’anno e lo scorso anno) ha tenuto un approccio pratico. I capigruppo sapevano che si doveva poter dire che la loro legge faceva risparmiare un po’ di soldi e che i democratici non avrebbero accettato tagli alle food stamps. Cosi’ si sono limitati a modificare il modo in cui i sussidi vengono erogati e hanno fatto dei calcoli ottimistici su quanto sarebbero venuti a costare i nuovi programmi. Questo aveva reso possibile dire che si risparmiavano soldi, anche se probabilmente non era vero, e far passare la legge al Senato.
Alla Camera, la leadership repubblicana voleva risparmi maggiori e voleva che essi venissero dalle food stamps piuttosto che dai prosperi agricoltori. Per cui, aveva tagliato di 20 miliardi il programma di aiuti alimentari. Ma questo taglio sarebbe stato oggetto di ulteriori discussioni e compromessi quando la legge fosse arrivata al comitato di conciliazione [l’organo del Congresso composto da rappresentanti della Camera e del Senato che media tra le versioni delle leggi approvate dai due rami del Parlamento]. Ad agire come incentivo in questo senso ci sarebbe stato anche il fatto che il Presidente Obama avrebbe potuto opporre il veto ad una legge che proponesse tagli di questa portata.
Quello che ha segnato la fine della legge sono stati un paio di emendamenti approvati nell’ultima seduta che si sono dimostrati troppo tossici da digerire. Il piu’ significativo e’ stato proposto da Steve Southerland, un repubblicano della Florida. La sua proposta avrebbe consentito agli stati di imporre requisiti lavorativi per ottenere le food stamps. Questo emendamento ha fatto perdere alla legge molti voti democratici. Un altro emendamento che cercava di migliorare il programma di sostegno al settore lattiero, che e’ di stampo sovietico, probabilmente ha fatto perdere un po’ di voti repubblicani.
Ora, come fanno i bambini che hanno combinato qualche guaio, ciascuno da’ la colpa all’altro. Certamente Cantor [il capogruppo Repubblicano] dovrebbe assumersi qualche responsabilita’ in piu’. Questo e’ quel che significa leadership. Mettersi alla ricerca di qualcun altro da accusare appare un po’ miserevole. Anche quelli che hanno sostenuto l’emendamento Sutherland si meritano un po’ di colpa: sapevano, o avrebbero dovuto sapere, che i democratici non avrebbero accettato una legge che comprendesse questa norma. Insomma, sono andati troppo oltre. Legiferare significa trovare il delicato equilibrio tra cio’ che e’ desiderabile e cio’ che e’ possibile. Pero’, e’ difficile fare i complimenti al Senato per essere riuscito a far passare la legge agricola non essendo del tutto onesto su quanto farebbe risparmiare il loro testo.
Sembra improbabile, sebbene non impossibile, che un’altra versione venga approvata prima della scadenza del 30 settembre. Se non ci sara’ una nuova legge, il Congresso sara’ obbligato ad approvare un’altra proroga dell’attuale normativa. I pagamenti diretti, che sono abbastanza odiati da tutti, sopravvivranno per un altro anno. State calmi, turatevi il naso e andiamo avanti. [blog del settimanale – a cura di agra press]

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