Import-export, occorre riformare i codici doganali
La presentazione del Quaderno del Gruppo 2013 “L’agroalimentare italiano nel commercio mondiale” ha dimostrato ancora una volta le difficoltà interpretative a cui si prestano i codici doganali ed il sistema della nomenclatura combinata. Tutte le merci, agro-alimentari e non, sono codificate sulla base di una classificazione comunitaria che risulta talvolta difficilmente leggibile con chiarezza, a causa di codici che ricomprendono prodotti poco omogenei tra loro, complicando l’interpretazione dei dati, sia nell’analisi economica che nella verifica dei flussi ai fini della lotta alla contraffazione. L’inserimento sotto lo stesso “cappello” di voci diverse, di prodotti finiti molto differenti tra loro (oppure di semilavorati) pregiudica spesso una analisi più approfondita dei fenomeni economici legati agli scambi commerciali di import/export. Basti pensare, ad esempio, alle difficoltà incontrate dagli autori dello studio per interpretare i dati relativi alla pasta, visto che sotto lo stesso codice si ritrovano la pasta “secca” di grano duro e prodotti tipicamente orientali come i vermicelli di riso e di soia. Si tratta di un problema che riguarda tutti i settori dell’agro-alimentare, florovivaismo compreso. È quindi necessario metter mano a questa classificazione, definendo in modo più preciso e puntuale alcuni codici, in funzione dell’evoluzione del mercato e dei processi produttivi, per rendere lo strumento veramente utile a studiare i fenomeni economici e a contrastare le attività illecite. |