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La Cina deve investire all’estero per garantire la sicurezza alimentare

Cinesi costretti a rivolgersi all’estero per garantire la sicurezza alimentare interna. E’ il tema dell’articolo pubblicato sul sito asiatico Scmp.com sula base dei risultati dell’Asia financial forum.

La Cina deve investire all’estero per garantire la sicurezza alimentare, hanno confermato i relatori che hanno partecipato al recente Asia Financial Forum.
"Cina e India devono aprirsi a mercati globali come l’Australia, l’Africa e l’America Latina, e investire nella produzione agricola di questi paesi per garantire la sicurezza alimentare", ha dichiarato Fan Shenggen, direttore generale dell’International Food Policy Research Institute.
Entro il 2020, la Cina dovrebbe importare 100 milioni di tonnellate di grano all’anno, ha spiegato Fan. Nel 2012, il paese ha importato tre milioni di tonnellate di riso, tre milioni di tonnellate di frumento, e 60 milioni di tonnellate di fagioli di soia.
La Cina costituisce il 60% del commercio mondiale di fagioli di soia, ha detto Frank Ning Gaoning, presidente della Cofco, il piu’ grande conglomerato alimentare della Cina. Registra, inoltre, un deficit alimentare annuo di 27 miliardi di dollari americani.
Nel 2011, la Cofco ha acquistato l’australiana Tully Sugar.
Circa 18 mesi fa, la Cina ha superato gli Stati Uniti come principale consumatore mondiale di foraggio per animali, ha ricordato Ismael Roig, presidente, per l’Asia-Pacifico, della Archer Daniels Midland, una societa’ americana che opera nel settore delle commodity alimentari.
"La Cina si trova a dover far fronte a una crescente domanda di proteine. Il piu’ grande spostamento registrato nel regime alimentare cinese e’ stato proprio quello verso i prodotti ad alto contenuto proteico. Cio’ ha comportato un’enorme pressione sul mais e sui fagioli di soia. Le maggiori opportunita’ sono quelle offerte dalla produzione di proteine", ha ripetuto Roig.
Entro il 2050, la domanda globale di cereali e di semi oleosi dovrebbe registrare un incremento del 60%, arrivando a 4,5 miliardi di tonnellate, ha detto. "Dal momento che la crescita della popolazione sta interessando soprattutto l’Asia orientale, registreremo maggiori tensioni, e un aumento del fabbisogno piu’ accentuato rispetto ad altre regioni del mondo. In che modo possiamo migliorare gli scambi commerciali per accedere a queste commodity"?
Alcuni investitori asiatici stanno guardando con estremo interesse alla possibilita’ di investire in terreni agricoli fuori dal continente asiatico, ha fatto notare Tim Hornibrook, co-presidente del Macquarie Agricultural Funds Management.
Meta’ della crescita delle importazioni alimentari mondiali e’ ascrivibile all’Asia, ma solo il 25% delle esportazioni alimentari mondiali provengono dall’Asia, ha detto Hornibrook.
Il Nebraska, importante produttore agricolo degli Stati Uniti, ha un ufficio a Pechino, e sta analizzando le modalita’ attraverso le quali la Cina potrebbe investire in Nebraska, e viceversa, ha spiegato Brett Rierson, rappresentante cinese presso il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite.
Nei prossimi cinque anni, la Cofco prevede di spendere piu’ di 10 miliardi di dollari in acquisizioni e fusioni all’estero, secondo quanto riportato da alcuni media continentali.
In base all’attuale piano quinquennale 2011-2015, il paese dovrebbe concentrare i suoi sforzi in investimenti esteri negli Stati Uniti, in Australia, e nel Sudest asiatico, come dichiarato da Jiang Hua, membro del consiglio d’amministrazione della Cofco.
A maggio del 2011, Craig Emerson, ministro australiano per il Commercio e la Concorrenza, ha lanciato uno studio congiunto con il governo cinese per incoraggiare investimenti cinesi nel settore agricolo australiano.
"Non possiamo adottare l’atteggiamento del ‘che mangino croissant’. Dobbiamo rivolgerci alla politica per far si’ che il commercio soddisfi la domanda", ha dichiarato David Farley, amministratore delegato dell’Australian Agricultural, importante produttore di carne di manzo e di generi alimentari.
L’Australia esporta il 60% del cibo che produce, ha ricordato Farley. La sua produzione alimentare potrebbe sfamare 60 milioni di persone, ma se la tecnologia agricola del paese venisse esportata in posti come l’Africa, 500 milioni di individui potrebbero essere sfamati, ha detto.
"Noto un impegno assoluto, da parte del governo cinese, sul fatto che la sicurezza alimentare rappresenti una questione fondamentale per la stabilita’", ha voluto sottolineare Rierson.
L’accessibilita’ dei prezzi alimentari contribuisce a determinare se la classe media sia destinata a crescere, o a diminuire, in un paese in via di sviluppo come la Cina, ha detto. "Tutto cio’ e’ intimamente connesso con la sicurezza alimentare", ha dichiarato.
"Una crisi alimentare puo’ determinare un’incertezza di carattere politico ed economico", ha spiegato Colin Chartres, ex direttore dell’International Water Management Institute.
Nei prossimi decenni, in alcune parti del mondo, il cambiamento climatico potrebbe ridurre del 30%-40% il rendimento dei raccolti, ha avvertito Fan.
"Il nord della Cina potrebbe non essere in grado di produrre frumento e riso, e potrebbe dover importare parte della produzione australiana", ha detto. "Il cambiamento climatico colpira’ duramente questa regione, e la Cina e l’India saranno i paesi piu’ vulnerabili".
Stando ai dati diffusi dalle Nazioni Unite, in Cina, una percentuale che oscilla tra il 5% e il 14% della popolazione del paese, pari a 1,3 miliardi di individui, soffre di malnutrizione.
Secondo Rierson, ogni anno, si perde circa il 4%-5% del prodotto interno lordo cinese proprio a causa della malnutrizione.
I bambini malnutriti nei primi tre anni di vita rischiano di avere danni, sia a livello fisico, sia a livello mentale, ha spiegato Rierson. "Tutto cio’ ha un impatto economico enorme". [Toh Han Shih, portale – a cura di agra press]

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