La Pac dopo il 2013
Premessa Le tensioni che, dopo la crisi del 2007-2008, si stanno nuovamente abbattendo sulle quotazioni internazionali delle commodity alimentari sono sintomatiche di equilibri domanda-offerta troppo spesso precari, con scarsi margini di scorta e di compensazione. Tali situazioni innescano fenomeni speculativi, con dolorose ricadute e pericolosi disagi socio-economici nei Paesi più poveri del Pianeta. Sono tensioni che, in un’economia globalizzata, investono tutti i mercati, compreso quello europeo. Esse impongono alla futura PAC di assicurare come parametri prioritari di riferimento i più alti livelli di produttività e di competitività all’agricoltura e all’intera filiera agroalimentare comunitaria, anche valorizzando le distintività territoriali, riscattando per quanto possibile il sistema da situazioni di eccessiva dipendenza dai trader internazionali. In particolare, gli interventi della PAC devono tenere in considerazione il differenziale di competitività a carico degli agricoltori europei dovuto a norme comunitarie più rigorose rispetto agli standard internazionali, il valore delle produzioni, la quantità e la qualità del lavoro dipendente e autonomo, gli svantaggi naturali, gli impegni in campo ambientale e forestale. È necessario ripartire dalla centralità del territorio, dall’economia reale, caratterizzata da produzioni, da beni, da servizi certi, verificabili, misurabili, frutto di lavoro, di ricerca, di impegno. Deve ritrovare diritto di cittadinanza la capacità imprenditoriale e il prodotto. La PAC deve porre al centro le imprese agricole e agroalimentari, deve premiare l’economia reale, promuovere l’innovazione ed il ricambio generazionale ed incentivare la produzione alimentare, anche facendo leva sul valore aggiunto dei territori. E’ fondamentale, in particolare: 2. Budget La PAC interessa il 47% della superficie europea e oltre 18 milioni di occupati: il suo futuro dovrà essere pensato per rispondere alle nuove esigenze delle diverse agricolture che caratterizzano il territorio dell’Unione. Un ruolo rilevante a cui non possono che essere assegnate risorse adeguate. Oggi il bilancio Ue rappresenta il 2% della spesa pubblica complessiva dei Paesi membri; per ogni 100 euro di Pil europeo meno di un euro è destinato al bilancio comunitario e solo 40 centesimi sono destinati alla spesa agricola. Inoltre, raffrontando la spesa agricola al consolidato di tutte le spese nazionali, il suo peso non arriva all’1%. Il budget destinato all’agricoltura va quindi confermato nel suo complesso e va sostanzialmente mantenuta la sua attuale distribuzione tra Stati membri. 3. Ripartizione delle risorse per Paese Il nostro sistema agroalimentare poggia le sue capacità competitive, prevalentemente, sulle specificità produttive e sulle produzioni di qualità. Un patrimonio che consente all’Italia di vincere le sfide sui mercati mondiali. 4. Pagamenti diretti C’è piena consapevolezza che l’attuale sistema basato sul criterio storico vada superato, anche per contrastare posizioni di rendita fondiaria, ed è inoltre necessario indirizzare i benefici della PAC prioritariamente verso gli agricoltori “attivi”, vale a dire le imprese agricole che sono orientate al mercato e operano sul territorio, anche attraverso forme di aggregazione e di integrazione, che in modo professionale creano reddito e producono alimenti ed effetti positivi per la società. Da ciò consegue una redistribuzione dell’entità dei pagamenti diretti tra i beneficiari particolarmente marcata in Italia, che si caratterizza per una forte differenziazione della propria agricoltura. È dunque indispensabile un periodo transitorio per avviare il nuovo sistema, insieme ad un adeguato margine di flessibilità per gestire il processo di transizione con la dovuta gradualità. In questo quadro una parte delle risorse finanziarie, gestite a livello nazionale, potrebbe essere utilizzata per assicurare un atterraggio morbido del sistema. 5. Strumenti di gestione dei mercati Il “primo pilastro” della PAC non significa solo pagamenti diretti. Esistono anche tutta una serie di interventi di mercato, di fatto neutralizzati dalle passate riforme, che dovranno essere rivisitati per rispondere ad una serie di nuove esigenze dell’agricoltura, prima fra tutte la stabilità dei redditi. Oggi tali strumenti di mercato assorbono meno del 9% della spesa del primo pilastro. Di particolare rilevanza in questo contesto sarà l’adeguamento dei parametri che attualmente determinano l’attivazione degli strumenti esistenti, tenendo conto soprattutto delle specificità delle agricolture dei Paesi membri. In assenza di un risultato soddisfacente su questo fronte, occorrerà richiedere strumenti alternativi per compensare in misura adeguata i danni provocati dalle crisi. Il complesso degli interventi deve assicurare nuove e più efficaci misure di regolazione del mercato, che siano in grado di assicurare la trasparenza, il corretto funzionamento della catena alimentare e un reale accorciamento della filiera evitando intermediazioni, anche attraverso accordi locali di fornitura e vendita diretta e, allo stesso tempo, mettendo a disposizione adeguati strumenti finanziari e normativi. In questo quadro è necessario prevedere il finanziamento di misure quali: Si potrebbe consentire a ciascuno Stato membro di attribuire alle strutture dedicate all’organizzazione economica (cooperative, società di capitali controllate dagli agricoltori, organizzazioni dei produttori, organismi interprofessionali e in generale strutture di aggregazione dell’offerta) competenze specifiche – per i rispettivi associati – nella gestione degli strumenti di mercato sopra descritti, nel rispetto delle fondamentali regole della concorrenza. Ciò consentirebbe di rafforzarne il ruolo e le prerogative. 6. Sviluppo rurale La futura PAC dovrà puntare a sostenere e rafforzare la competitività dell’agricoltura europea sulla base di un nuovo modello produttivo che combini sostenibilità economica, ambientale e sociale. Va evitato in ogni modo il ricorso alle risorse del secondo pilastro per finanziare progetti non finalizzati al rafforzamento delle imprese e delle relazioni di mercato. La futura politica di sviluppo rurale dovrebbe pertanto: Tutto ciò presuppone un’adeguata capacità di gestione delle politiche di sviluppo rurale, con la necessità – da riconoscere e sostenere nella regolamentazione europea – di un forte coordinamento a livello nazionale, specie in realtà (come quella italiana) caratterizzate da un forte decentramento amministrativo. Occorre infine rafforzare la sussidiarietà, sia aumentando la flessibilità e le regole di programmazione e di gestione dei PSR, sia favorendo una sensibile semplificazione delle procedure gestionali e di accesso alle misure. In quest’ottica si chiede di poter superare il parametro del limite dimensionale per quelle imprese agroalimentari controllate direttamente dai produttori agricoli. |
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