La riforma dell’ortofrutta mette a rischio la qualità
Sembra essere in dirittura d’arrivo la proposta di regolamento comunitario che mette a rischio la qualità dell’ortofrutta europea. Il prossimo 12 novembre si dovrebbe votare, nel comitato di gestione Ue, una norma che di fatto eliminerebbe i regolamenti che disciplinano le norme di commercializzazione per oltre 20 prodotti ortofrutticoli, mantenendone solo 10, scelti fra quelli giudicati più importanti in base alle quantità scambiate (mele, agrumi, pere, kiwi, insalate in genere, pesche e nettarine, fragole, peperoni, uva da tavola e pomodori). Per i rimanenti prodotti verrebbero eliminati i regolamenti specifici attualmente in vigore e verrebbero assoggettati ad una generica definizione di merce sana, leale e mercantile; continuerebbe a sussistere l’obbligo di etichettatura del prodotto condizionato in imballaggi o di esposizione di adeguati cartelli per il prodotto commercializzato al dettaglio in forma sfusa, con l’indicazione del paese di coltivazione. Non ci sarebbe invece alcun adempimento per quanto riguarda l’omogeneità del prodotto all’interno degli imballaggi. Il sistema comunitario attualmente in vigore disciplina l’etichettatura di origine dei prodotti ortofrutticoli freschi, la classificazione del prodotto in categorie, i calibri e l’omogeneità dei prodotti presenti in un imballaggio, con le relative tolleranze, l’obbligo o la facoltatività di riportare in etichetta la varietà o la tipologia. E’ chiaro che alcuni dettagli sono eccessivi, che certi aspetti sono da semplificare, ma ciò non toglie che le norme siano fondamentali nelle transazioni commerciali, a qualunque livello, per avere un linguaggio commerciale univoco. Se proprio si deve rilevare qualcosa, è sicuramente la sostanziale mancanza di rispetto delle norme che spesso si verifica a livello di dettaglio, grande e piccolo, con carenze nell’etichettatura, origine dei prodotti non veritiera, scarsa omogeneità, frequenti difetti da parassiti o da manipolazioni poco attente. In sostanza, le nuove norme si tradurrebbero, quanto meno, in una minore trasparenza del mercato. E’ chiaro che quanto viene oggi proposto, sull’onda emotiva delle pressioni di alcuni politici sparsi in diversi Paesi, si configura come una vera e propria rivoluzione nel settore. Basti pensare che gli Stati membri potrebbero autorizzare la commercializzazione di prodotti non in linea con le 10 norme che rimarranno, purché etichettati con la dicitura “prodotti destinati alla trasformazione”, dove per trasformazione si intende quella casalinga. E’ chiaro che nessuno potrà controllare quello che avviene e questi prodotti saranno utilizzati come succedanei del fresco, abbassando il prezzo dei prodotti di qualità. La posizione italiana è contraria a questa impostazione e chiede che venga mantenuta una disciplina che tuteli la qualità dei prodotti ortofrutticoli posti in vendita sui mercati dell’Ue-27, qualità che è il punto di forza del nostro comparto ortofrutticolo nazionale che nel corso del 2007 ha dato importanti segnali di ripresa con la crescita delle esportazioni. |
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