il Punto Coldiretti

Latte, con la fine delle quote crescerà la produzione Ue

Con la fine delle quote la produzione di latte nell’Unione Europea crescerà. E’ la previsione della Coldiretti in vista dello stop al regime attuale fissato per il 1° aprile del 2015. Alcuni Paesi membri  come l’Olanda, alcune zone della Germania, ma ancor di più l’Irlanda, sono già attrezzati in tal senso. Resta da capire l’entità dell’aumento anche considerato che oggi, e fino alla chiusura del regime della quote latte, molti allevamenti europei cesseranno la produzione, complice il difficile momento che sta attraversando il settore nel vecchio continente. Comunque è realistica la stima di un aumento del 2-3  per cento della produzione attuale del latte europeo. E’ altrettanto ovvio che  questo non gioverà al regime dei prezzi del latte alla stalla. Notevoli difficoltà si registreranno soprattutto  per quelle zootecnie da latte che risiedono nelle zone più fragili e sensibili dell’Unione.

In Italia si può prevedere un aumento delle produzioni di latte non più  limitate dalle quote (anche se nel nostro Paese le quote per alcuni allevatori non hanno mai rappresentato un limite). Del resto, già per la corrente annata lattiera, viene stimato un superamento della quota nazionale attorno al 1/2  per cento. Tale prevedibile incremento  dovrà però inevitabilmente confrontarsi con i prezzi delle maggiori produzioni nazionali che utilizzano il latte italiano. Ci riferiamo in particolare  al Grana Padano e al Parmigiano Reggiano che assorbono, assieme alle altre Dop minori, la metà del latte italiano. L’altra metà è rappresentata da produzioni, a parte il latte fresco (circa il 10 per cento), non tutelate da nessuna menzione dell’origine del latte in etichetta e quindi maggiormente esposte alla concorrenza spietata del latte d’Oltralpe, che sicuramente è e sarà più concorrenziale del nostro.

Un dato su tutti: la maggior produzione casearia commercializzata  in Italia  non è rappresentata dal Grana Padano bensì dalla di mozzarella di latte vaccino che però utilizza, da nostre valutazioni, solo un quarto di latte italiano. Da qui la necessità di un politica efficace che entri nel merito dell’evidenza dell’origine del latte nazionale anche per produzioni come mozzarella vaccina o altri formaggi venduti in larga scala in Italia. A mio avviso il prezzo del latte passerà anche attraverso queste politiche così come nell’evidenza dei comportamenti ( benessere animale) e dell ‘uso di alcuni alimenti (Ogm free), cercando di produrre latte con un "valore aggiunto"  atto alle diverse destinazioni casearie. In altre parole, dovremo sempre più distinguerci dagli altri competitori europei e mondiali.

Ma quale sarà l’impatto delle nuove regole? L’obbligatorietà della stipula di contratti scritti  per la vendita di latte, l’ istituzione di organizzazioni di produttori (che per la verità già esistevano), la programmazione delle  grandi produzioni Dop casearie italiane, secondo una logica puramente teorica, dovrebbero portare  vantaggi agli allevatori.

Nonostante  ciò le norme sulle cosiddette O.P. (organizzazioni di prodotto) solo per la contrattazione, rappresentano un passo indietro rispetto l’obbligatorietà di aderire  all’O.P. con il conferimento del latte , così come previsto dalla legge 102/2005. Occorre poi trovare un giusto equilibrio nella programmazione produttiva dei formaggi Dop italiani  fissando livelli produttivi adeguati che non opprimano la possibilità di espansione del mercato soprattutto all’esportazione e nel contempo non provochino  un notevole gap di prezzo  tra latte simile prodotto nella medesima zona e destinato ad utilizzazioni diverse.

Circa le prospettive per il commercio estero nel dopo-quote, il nostro Paese ha una enorme potenzialità di esportazione dei  grandi formaggi Dop. Le performance dell’ultimo anno ci danno la misura di come possiamo ancora crescere in un mercato mondiale in cui nuove generazioni abbienti potrebbero rappresentare il futuro per le nuove leve di  allevatori italiani. La lotta alla contraffazione e alla deturpazione delle denominazioni appare sempre più come una esigenza da perseguire con tutti i mezzi.

Abbiamo perso troppi anni a lasciar fare alle industrie italiane quello che volevano utilizzando il ”sounding” delle Dop italiane così come nulla si è fatto per combattere la pirateria di produzioni estere "similari". Lo sprone rappresentato da Coldiretti in questi ultimi anni sta dando i primi frutti, ma la strada è ancora lunga.

Parlare di cessazione delle quote latte senza parlare della  certezza di indicazione obbligatoria  dell’origine, oltreché di altre definizioni volontarie che entrano nella sfera ”dell’etica” (benessere animale, ogm free…), della lotta serrata alla agropirateria nel settore caseario, dell’istituzione e attivazione  di vere "filiere agricole italiane" (anche partendo dal latte Uht), potrebbe rappresentare per gli allevatori italiani  di bovine da latte un grande problema per il dopo quote latte. Abbiamo due anni a disposizione per attrezzarci, diamoci da fare.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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