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Lavoratori extracomunitari in agricoltura, serve semplificare

Nel 2023, su un totale di 990.534 operai agricoli dipendenti, quelli non comunitari sono 225.799, il 22,8% del settore secondo quanto emerge dal Dossier Statistico Immigrazione 2024 presentato dal centro studi e ricerche Idos.

I lavoratori non comunitari si concentrano per il 43,3% nel Nord (26,2% nel Nord-Est e 17,1% nel Nord Ovest), per il 20,3% nel Centro Italia, per il 25,7% nel Sud e per il 10,8% nelle Isole, totalizzando una quota del 36,5% di occupati nel Meridione d’Italia. Le regioni con le più alte presenze di dipendenti agricoli non comunitari sono l’Emilia Romagna (30.036, pari al 13,3%), la Sicilia (22.994, 10,2%), la Puglia (22.916, 10,1%), la Lombardia (19.836, 8,8%), la Toscana (18.009, 8,0%) e il Veneto (17.940, 7,9%).

Invece, per incidenza di lavoratori non comunitari sul totale dei dipendenti in agricoltura primeggiano la Liguria (43,4%), il Lazio (39,9%) e il Piemonte (34,9%). In media la retribuzione annua dei lavoratori non comunitari del settore è di 9.388 euro, il 4,5% in più di quella registrata per la totalità dei lavoratori agricoli (8.983 euro), e la regione con la retribuzione media più alta è la Lombardia (14.788 euro), mentre quella con la retribuzione più bassa è la Calabria (5.165 euro).

L’analisi per genere mostra che nel settore agricolo gli uomini non comunitari risultano in netta prevalenza, con una percentuale pari all’81,3% (contro il 68,7% del totale dei dipendenti agricoli), e percepiscono una retribuzione media annua superiore del 18,3% rispetto alle donne (mentre per la generalità dei lavoratori la distanza è del +33,9%). Le classi di età più rappresentate tra i lavoratori non comunitari impiegati in agricoltura sono più basse rispetto al complesso dei lavoratori del settore: oltre la metà di essi ha infatti un’età inferiore ai 40 anni (51,3% contro il 41,9% del complesso).

Per i lavoratori più anziani avviene invece il contrario: sopra i 54 anni di età troviamo solo il 12,9% dei non comunitari contro il 24,3% del totale. India (15,5%), Marocco (15,3%) e Albania (14,4%) sono i principali Paesi di cittadinanza e, insieme, assommano quasi la metà dei lavoratori. Le imprese agricole italiane che assumono dipendenti in agricoltura sono oltre 185.000 ed occupano circa di 1 milione di lavoratori, per oltre 120 milioni di giornate di lavoro, di cui circa 1/4 è dunque rappresentato da occupati provenienti da Paesi extracomunitari.

Una presenza importante che non basta però a coprire le necessità delle imprese agricole, anche per alcune lacune nell’attuale normativa, a partire dal meccanismo del click day e quote non tempestivamente esigibili rispetto alle esigenze di stagionalità del settore agricolo. Capita spesso, infatti, che il lavoratore arrivi quando le attività di raccolta per le quali era stato chiamato sono già terminate.

Per superare le attuali difficoltà occorre passare ad una gestione diretta e controllata dei flussi migratori anche superando la logica del click day. Le ultime modifiche introdotte alla normativa sul decreto flussi rappresentano un passo importante verso la semplificazione e il rispetto dei tempi di ingresso dei lavoratori, che vanno ora implementate con un maggiore coinvolgimento delle associazioni datoriali e dei consolati. In questo modo sarebbe più facile anche far emergere situazioni di sfruttamento lavorativo e caporalato. In tale ottica – sottolinea Coldiretti – serve anche potenziare la Rete del lavoro agricolo di qualità attraverso sistemi di premialità per le imprese che vi aderiscono e rendendo sempre più efficienti i servizi sul territorio per far incontrare domanda e offerta, con il coinvolgimento delle realtà locali e, soprattutto, degli Enti Bilaterali Agricoli Territoriali.

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