il Punto Coldiretti

Made in Italy, per gli italiani vale il 30 per cento in più degli altri

Quasi la metà degli italiani (47 per cento) ritiene che un alimento realizzato con prodotti coltivati o allevati interamente in Italia valga almeno il 30 per cento in più. E’ quanto emerge dalla presentazione dei risultati della prima indagine che studia il contributo del Made in Italy alla ripresa economica, realizzata da Coldiretti-Swg a ottobre 2009 e presentata nel corso del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este di Cernobbio.

Il valore superiore attribuito dagli italiani al Made in Italy alimentare è eccezionale con il 27 per cento che ritiene valga almeno il doppio e il 20 per cento un terzo in più. Un italiano su dieci pensa che valga il 20 per cento in più, il 7 per cento il 10 per cento in più mentre solo per il 18 per cento è uguale e per l’8 per cento inferiore. La superiorità del Made in Italy alimentare è attribuita nell’ordine al rispetto di leggi più severe, alla bontà e freschezza e alla garanzia di maggiori controlli.

L’attenzione all’origine del prodotto è evidenziata dal fatto che ben il 98 per cento degli italiani ritiene che dovrebbe essere sempre indicato il luogo di allevamento o coltivazione dei prodotti contenuti negli alimenti. Secondo il presidente della Coldiretti Sergio Marini si tratta di un riconoscimento dell’impegno degli imprenditori italiani nel garantire la leadership qualitativa nella produzione agricola. Ma dall’indagine presentata al Forum della Coldiretti sono emersi altri elementi interessanti.

Il made in Italy ha valore solo per tavola e moda
L’alimentazione e la moda sono i due settori dove più elevata è la fiducia nel Made in Italy degli italiani che invece sono più diffidenti quando si tratta di prodotti della bellezza, mobili, utensili per la casa, auto e apparecchi elettronici o elettrodomestici. I prodotti alimentari italiani vincono il confronto con tutti i principali paesi sia nella qualità che nel rapporto prezzo-qualità, a differenza di quanto accade per le altre categorie del Made in Italy, con i prodotti tecnologici che perdono con i giapponesi mentre la moda pareggia con i francesi. “Delle quattro A (Alimentare, Auto, Arredamento, Abbigliamento) che sono normalmente considerati i punti di forza del Made in Italy solo il cibo e, a seguire, la moda hanno un valore aggiunto se fatti in Italia secondo la maggioranza degli italiani” ha affermato il presidente della Coldiretti Marini nel sottolineare che “si tratta dunque di un patrimonio da valorizzare anche per il ruolo di traino che svolge per gli altri settori del Made in Italy”.

Per il 54% degli italiani il cibo locale batte grandi marche
Una maggioranza assoluta del 54 per cento degli italiani preferisce acquistare prodotti alimentari locali e artigianali che battono nettamente le grandi marche, le quali si fermano al 12 per cento. Secondo l’indagine per il 29 per cento degli italiani la scelta tra le due tipologie di prodotto dipende dalla qualità mentre per il 5 per cento dal prezzo. La vittoria del prodotto legato al territorio è confermata dal fatto che quasi due terzi degli italiani (65 per cento) si sentirebbero più garantiti da un marchio degli agricoltori italiani rispetto al marchio industriale (13 per cento) e a quello della distribuzione commerciale (8 per cento).

L’aumento dei prezzi? Colpa di ricarichi e grande distribuzione
Le cause della moltiplicazione dei prezzi dal campo alla tavola sono da imputare, nell’ordine, a tutti i passaggi intermedi, ai ricarichi eccessivi applicati dalla distribuzione e alle speculazioni. Per il 47 per cento degli italiani la soluzione migliore da adottare per contenere questa moltiplicazione è quella di incentivare gli acquisti diretti dal produttore agricolo o nei farmers market, mentre il 38 per cento ritiene che occorra promuovere la presenza di prodotti locali e di stagione sugli scaffali di negozi e supermercati. Solo una minoranza del 12 per cento si esprime a favore di una maggiore concentrazione della distribuzione commerciale.

Tipico e biologico resistono alla crisi
I prodotti di qualità resistono alla crisi con un italiano su tre (33 per cento) che acquista regolarmente prodotti a denominazione di origine e il 14 per cento quelli biologici. “La crisi non incide sul bisogno di sicurezza alimentare dei cittadini che continuano ad esprimere un forte interesse per le produzioni ad elevato contenuto salutistico, identitario ed ambientale” ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel precisare che a dimostrarlo “è la crescita degli acquisti diretti dal produttore che hanno raggiunto il valore di 2,7 miliardi di euro ed interessano ormai 60mila imprese agricole tra cantine, cascine e malghe”. Nel primo semestre del 2009 i consumi familiari di prodotti biologici confezionati in Italia  crescono, secondo Ismea Ac Nielsen, del 7,4 per cento, in controtendenza con l’andamento generale, con gli aumenti più consistenti rilevati per gli ortofrutticoli freschi e trasformati con il 37,8%, le bevande (+11,6 per cento) e le uova (+24,3 per cento).

Per gli italiani investire nei terreni è meglio dell’oro
I terreni agricoli battono l’oro nella classifica degli investimenti giudicati più sicuri dagli italiani. Alla domanda su quali siano gli investimenti reputati più convenienti, i cittadini  hanno collocato i terreni agricoli al pari dei conti correnti ad alta remunerazione, davanti all’oro e al di sotto della casa, che è di gran lunga in cima alla graduatoria. La crisi finanziaria, con la ricerca di beni rifugio alternativi agli investimenti più tradizionali come la borsa, rischia di favorire le speculazioni sui terreni agricoli facendone schizzare le quotazioni verso l’alto e ostacolandone ulteriormente l’acquisto da parte dei giovani imprenditori agricoli. “Il terreno è un costo per le imprese agricole che devono crescere e svilupparsi e l’aumento delle quotazioni rischia di trasformarsi in un ulteriore onere che si somma a quello della stretta creditizia” – ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare l’importanza di misure antispeculative soprattutto per favorire l’inserimento dei giovani agricoltori.

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