il Punto Coldiretti

Nocciole alle aflatossine, interessi commerciali più forti della sicurezza

La recente apertura della Commissione Europea all’innalzamento del livello consentito di aflatossine nella frutta in guscio (non ancora ratificata dal Parlamento europeo) segna un momento di discontinuità rispetto alla posizione tradizionalmente più garantista dell’Unione rispetto al tema della sicurezza alimentare.

L’osservatorio costituito dal Wto (l’organizzazione mondiale del commercio) è un buon punto di partenza per sviluppare questo ragionamento, in quanto  permette di ricostruire la genesi di alcuni dei più importanti conflitti commerciali sfondo relativi alla sicurezza alimentare. Ci sembra rilevante a questo proposito ripercorrere le battaglie commerciali tra Europa e Stati Uniti, in quanto portatori di storie e culture alimentari radicalmente diverse: la prima fautrice del Principio di Precauzione mentre gli Usa sono da sempre più orientati a garantire la libertà di produrre e commercializzare sempre e comunque.

Per impedire limitazioni al commercio internazionale, il Wto si rifà agli standard definiti in ambito  Codex Alimentarius; si tratta di un organismo che nasce da una iniziativa congiunta di Fao e Wto che definisce degli standard su base scientifica, ma anche tenendo conto di altre considerazioni (ad esempio commerciali o di salute dei consumatori).

Da parte sua, l’Europa partecipa al Wto e ai lavori del Codex Alimentarius su alcuni temi come unica entità (Commissione Europea), su altri lasciando libertà di espressione agli Stati Membri. A seguito alle crisi alimentari degli anni ’90, l’Europa si è poi dotata nel 2002 dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), che nell’assoluto valore del principio di indipendenza scientifica può assistere la Commissione Europea nelle decisioni di policy.

Su una serie di tematiche Europa e Codex hanno avuto spesso opinioni diverse o sono arrivate a risultati diversi, come ad esempio in materia di Ogm, derivati del cloro nel pollo, ormoni nella zootecnia, zuccheri aggiunti (free sugars), colture biologiche.

Codex ha maglie molto larghe rispetto alla legislazione Europea. Di fatto lo standard Codex è uno standard minimo che, stando a quanto ritiene la stessa Fao, richiede poi un’applicazione più rispettosa delle condizioni agricole locali e delle richieste specifiche da parte dei vari Stati. È lungo l’elenco delle situazioni in cui l’Ue non ha sentito il bisogno di adeguare i propri standard a quelli previsti dal Codex e non ha forzato la mano rispetto alla giusta tutela della salute dei consumatori, solo perché c’era il rischio o la certezza di sanzioni in ambito Wto.

In questo senso risulta incomprensibile la decisione di aumentare di più del doppio il livello di aflatossine previsto nella frutta in guscio, adeguandosi ai livelli Codex, come se ci fossero nuove evidenze scientifiche. Efsa non afferma questo, e ribadisce anzi che le aflatossine sono cancerogene e genotossiche e non smentisce neppure quanto riportato nella sua dichiarazione del 2007 (“poiché le aflatossine sono genotossiche e cancerogene, non è possibile identificare una dose senza rischio”).

Semplicemente i nuovi limiti sono giudicati compatibili con il fatto che i consumi pro-capite di frutta in guscio sono così bassi e stagionali da non comportare problemi di salute per la popolazione. La realtà è che ormai la frutta in guscio è presente in tanti alimenti: creme, biscotti, wafer, muesli, merendine, torte, barrette, yogurt, cioccolato, gelati, insalate, che si consumano tutto l’anno, con una prevalenza di assunzione da parte dei bambini.

La verità è che l’Ue ha bisogno di importare frutta in guscio, non essendo autosufficiente ed essendo questi prodotti necessari per la propria industria alimentare. E questo non costituisce illecito. Quello che non è lecito è che, per evitare i problemi derivanti dai livelli di aflatossine evidenziati in centinaia di partite di  frutta in guscio di importazione (come nocciole, pistacchi, arachidi, noci) si alzi l’asticella, dimenticando quel principio di precauzione che costituisce la base fondante di tante scelte comunitarie. E non è neppure corretto che non ci sia un sistema di etichettatura di origine che consenta al consumatore di sapere cosa sta acquistando, per poter scegliere in maniera consapevole.

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