il Punto Coldiretti

Nocciole: summit tra Ue e Turchia, in calo la produzione mondiale

Si è svolto ad Istanbul l’incontro annuale tra Unione Europea e Turchia (a cui ha partecipato anche Coldiretti), tradizionale momento di confronto utile per valutare la situazione di mercato delle due aree di maggiore produzione mondiale di nocciole, analizzare i reciproci meccanismi di sostegno e  confrontarsi sulle problematiche del settore.

Le previsioni hanno mostrato un raccolto mondiale sostanzialmente in calo, per effetto soprattutto della contrazione produttiva in Turchia; un paese che copre mediamente ben oltre il 70% della produzione totale. Si sarebbe passati, infatti, dalle 600.000 tonnellate della passata stagione alle 453.000 tonnellate previste per il 2011, anche se secondo alcuni operatori la produzione sarebbe in effetti di 404.000tonnellate.

Negli altri paesi ci sarebbe un aumento, stimato in un +10% sulla media degli ultimi anni per l’Italia (103.000 tonnellate, anche se non tutti concordano sul dato), 20.000 tonnellate per la Spagna (erano 18.000 nel 2010) e 37.000 tonnellate per gli Usa (erano 25.000 l’anno scorso), con i restanti paesi che rimarrebbero stabili a 70.000 tonnellate.

Al di là del balletto delle cifre,  se si vuole restare ai dati turchi – che danno le stime più abbondanti – per il 2011 la produzione mondiale passerebbe da 803.000 tonnellate a 715.000 (-11%), un dato che si ritiene sovrastimato, ma che in ogni caso lancia un segnale ben preciso al mercato, che risponde con  quotazioni delle nocciole in crescita. Dal raffronto dai dati comunicati dalla delegazione turca con quelli analoghi presentati nello stesso periodo dello scorso anno, emerge una crescita del prezzo, in lire turche, dell’84% per la varietà Levant e del 69% per la varietà Giresun.

Particolarmente interessante è risultato lo scambio di vedute tra le due delegazioni sulle rispettive politiche di sostegno al settore. È emersa ancora una volta la notevole differenza tra gli interventi Ue a sostegno del settore e quelli della Turchia (quasi il triplo di quello di cui possono beneficiare all’ettaro i produttori comunitari), con un sostanziale fallimento – per ammissione della stessa delegazione turca – dei programmi di espianto delle superfici classificate come non vocate, che non solo non vengono espiantate, ma nella sostanza continuano a produrre nocciole.

Queste superfici – che dovrebbero avere una estensione di circa 200-240.000 ettari, sul totale di 670.000 coltivati – si sono ridotte, nel corso della 1° campagna di espianto, di solo 354 ettari (327 produttori!), mentre per la seconda campagna non sono stati forniti dati. Il ministero dell’agricoltura turco ha dichiarato che si tratta di un programma triennale e che i risultati andranno valutati alla fine del terzo anno; ma intanto queste nocciole, di scarsa qualità, arrivano sul mercato.

La discussione si è poi spostata sul tema controlli e aflatossine. La delegazione turca, sulla scorta di un miglioramento della situazione sanitaria del loro prodotto testimoniata dalla riduzione delle notifiche del sistema di allarme rapido Ue (Rasff), ha avanzato una serie di richieste in merito ai controlli. Partendo dalla pretesa di alzare ulteriormente il livello di residui di aflatossine previsto dall’Unione, con particolare riferimento all’aflatossina B1, alla domanda di abbassare la percentuale dei controlli dal 10 al 5%, ad una riduzione dei tempi di sosta in dogana per le verifiche.

La delegazione Ue ha risposto che i tempi sono maturi per riportare la percentuale dei controlli al 5%, essendo evidenti i miglioramenti dal punto di vista fitosanitario del prodotto turco. Sul tema è intervenuta la Coldiretti che ha rimarcato, invece, la propria contrarietà alla decisione di abbassare la percentuale dei controlli, essendosi ridotto il numero dei campioni non conformi in modo marginale, alla luce dell’aumento dei limiti per le aflatossine intervenuto nel 2010, e non essendoci un sostanziale miglioramento tra il dato 2010 e quello 2011. La DG Sanco dell’Ue ha risposto che c’è un effetto dovuto all’innalzamento dei limiti, ma si vede, in ogni caso, un miglioramento nello stato sanitario del prodotto turco.

La discussione è poi passata alle modalità del campionamento, oggetto di diverse interpretazioni tra le due delegazioni , che ha comunque evidenziato come la posizione comunitaria non sia specifica per la Turchia, ma sia conseguenza delle segnalazioni Rassf; tanto è vero che, a fronte di problemi con le importazioni di prodotto dall’Azerbaijan, sono state aumentate le percentuali dei controlli sul prodotto in entrata dal 5 al 10% anche per questo paese.

L’attenzione è andata infine ai metodi di produzione (biologico e non), ai  disciplinari e alle diverse molecole autorizzate dall’Unione Europea e non che vengono utilizzate ancora in Turchia; su questo le risposte sono state abbastanza evasive, senza entrare troppo nel merito e, soprattutto senza mostrare, nero su bianco, piani di lotta che avevano creato sconcerto lo scorso anno per la notevole presenza di principi attivi ormai banditi da anni dall’Ue. 

In conclusione, un incontro utile, che ha dato speranze per una campagna che possa dare prezzi remunerativi per le imprese agricole, vista la contrazione produttiva a livello mondiale, ma che ha fatto capire quanta strada ci sia ancora da fare per armonizzare i rapporti tra Unione Europea e Turchia. Coldiretti sicuramente non condivide la volontà comunitaria di riabbassare la percentuale dei controlli sul prodotto turco dal 10 al 5% e non mancherà di ribadirlo sui prossimi tavoli ministeriali e comunitari.

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