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Nucleare: Coldiretti, dai campi energia per sostituire tre centrali

Dalle campagne italiane è possibile ottenere nei prossimi dieci anni energia rinnovabile in grado di sostituire tre centrali nucleari con il diretto coinvolgimento delle imprese agricole e senza causare danni al territorio.

E’ quanto è emerso nel corso dell’incontro promosso dalla Coldiretti a Venezia “Per una filiera agricola italiana e rinnovabile” sul futuro energetico dell’Italia dopo i risultati del referendum che ha respinto la costruzione di centrali nucleari in Italia.

In questo nuovo scenario l’agricoltura gioca un ruolo decisivo poiché si propone di contribuire al bilancio energetico nazionale con una produzione di energia verde effettivamente sostenibile per l’ambiente ed integrata col territorio, privilegiando l’efficienza energetica anche grazie alla possibilità, tipica degli impianti agricoli di piccole dimensioni, di impiegare l’energia termica prodotta evitando gli sprechi e valorizzando i residui delle attività agricole, forestali e zootecniche.

Secondo lo studio presentato da Coldiretti, la produzione energetica potenziale complessiva dell’agricoltura al 2020 può raggiungere infatti 15,80 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti petrolio). Si tratta della somma 4,3 Mtep prodotti attualmente dal settore con i 11,50 Mtep che potenzialmente potrebbero aggiungersi nei prossimi dieci anni. Il risultato è un contributo pari all’8 per cento del bilancio energetico nazionale al 2020 (2,2 per cento attuale più la quota di espansione potenziale del 5,9 per cento).

Sul piano ambientale, sviluppando le rinnovabili con il coinvolgimento diretto del mondo agricolo e senza causare danni al territorio, si potrebbero evitare emissioni paria a 26,37 milioni di tonnellate all’anno di anidride carbonica (CO2), con un impatto occupazionale al 2020 di poco meno di 100.000 unità.

Tuttavia, per attivare questo processo è necessaria un politica mirata, poichè, se è vero che oggi l’agroenergia rappresenta una opportunità, il rapporto tra la tutela del territorio agricolo e lo sviluppo delle energie rinnovabili richiede la determinazione di puntuali criteri di bilanciamento. I principali strumenti, in questo senso, riguardano la definizione delle procedure autorizzative e la differenziazione dei livelli di incentivazione.

E’ importante, allora, che la semplificazione autorizzativa sia effettivamente rivolta agli impianti di piccola taglia e che invece si continui a contrastare la diffusione dei grandi impianti fotovoltaici su suolo agricolo.

Sul piano degli incentivi, inoltre, è vitale che i decreti attuativi della recente riforma del settore rinnovabili (Dlgs 3 marzo 2011, n.28) vengano emanati con sollecitudine, superando quelli che sino ad oggi sono stati i fattori limitanti di uno sviluppo sostenibile ed equilibrato delle rinnovabili sul territorio nazionale (indifferenziazione delle tariffe, mancanza di premialità per l’efficienza energetica e per la maggiore sostenibilità economica e ambientale di impianti alimentati da biomasse di origine locale o provenienti da filiere corte).

Anche dal punto di vista tecnologico si apre una nuova sfida, che dovrà passare per l’adattamento delle tecnologie degli impianti alle dimensioni ed alle strutture delle realtà produttive agricole e di allevamento nazionali, costituite essenzialmente da imprese di dimensioni medie e piccole.

Importante è anche sostenere lo sviluppo di sistemi e di tecniche complementari (come quelle per l’abbattimento dei carichi azotati a valle della produzione di biogas da reflui zootecnici) o innovative quali la produzioni di biocarburanti di nuova generazione, alla scala territoriale consona e senza impiegare ogm.

“Ci sono diversi motivi che ci avevano già convinti che in Italia era meglio tenersi lontani dalle centrali nucleari ed investire sulle energie rinnovabili – ha affermato nelle conclusioni il presidente della Coldiretti Sergio Marini -. Innanzitutto c’è il tema della sicurezza che è drammaticamente tornato alla ribalta dopo il disastro in Giappone, che non si può semplicemente liquidare come una questione emotiva. In secondo luogo sarebbe stato assurdo per l’Italia avviare oggi un percorso che ci impegnerebbe per diversi anni proprio quando molti Paesi, a cominciare dalla Germania, hanno invece deciso in questi giorni di uscire dal nucleare.

In ultimo, è bene tenere in mente anche per il futuro che sulle applicazioni scientifiche che potenzialmente possono arrecare danni planetari, irreversibili e irrisolvibili, come il nucleare e gli Ogm  – ha precisato Marini – i cittadini hanno il diritto e il dovere di poter decidere se e come ciò che la scienza propone debba essere applicato. Da parte nostra – ha concluso Marini – siamo ben lieti di poter continuare a produrre il buon cibo libero dalle contaminazioni del nucleare, libero dagli ogm e ad emissioni zero. Cioè proprio quello che la gente ci chiede”.

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