il Punto Coldiretti

Ok dell’Ue alla patata transgenica, ma l’Italia potrà vietare gli ogm

Dopo dodici anni di moratoria, arriva il primo via libera della Commissione Ue alla coltivazione in Europa di organismi geneticamente modificati. Bruxelles ha autorizzato l’introduzione nei campi comunitari della patata transgenica Amflora, per uso industriale, oltre alla commercializzazione (ma non la coltivazione) di tre tipi di mais ogm della Monsanto per alimentazione umana e mangimi. La Commissione ha però annunciato che entro l’estate presenterà anche una proposta per far decidere liberamente ai singoli Stati membri se coltivare o meno organismi geneticamente modificati sul proprio territorio, invertendo l’attuale quadro normativo.

Se l’annuncio dell’ok alla patata transgenica ha sollevato un immediato coro di proteste, dai cittadini agli agricoltori, l’intenzione di lasciare libertà di iniziativa ai singoli paesi darà finalmente la possibilità all’Italia (e alle già sedici regioni che si sono dichiarate ogm free) di vietare la coltivazione nei loro territori. “Stando cosi le cose – ha sottolineato il presidente di Coldiretti, Sergio Marini – l’Europa autorizzi pure quello che vuole tanto in Italia continueremo a non coltivarli”.

I cittadini italiani potranno infatti dire no anche alle patatine biotech nei campi o sugli scaffali dei supermercati mentre fino ad oggi l’Unione Europea ha sempre contrastato la decisione di Paesi e regioni di vietare la coltivazione sui propri territori, chiedendo al contrario la definizione di un quadro per la coesistenza tra colture ogm e tradizionali, da cui è scaturita in Italia la decisione del Consiglio di Stato del 19 gennaio scorso con la quale si è richiesto al Ministero delle Politiche Agricole di concludere il procedimento di istruzione e autorizzazione alla coltivazione di mais geneticamente modificato.

Proprio nel giorno del via liberta alla patata Anflora, la Commissione Europea prende atto della forte opposizione dei cittadini europei come dimostra il fatto che non è presente nessun prodotto geneticamente modificato in vendita sugli scaffali e difficilmente arriveranno le patatine ogm, nonostante siano ormai 35 gli organismi geneticamente modificati autorizzati in Europa (19 di mais, 6 di cotone, 3 di colza, 3 di soia, 1 di barbabietola, 1 di patata, 1 microrganismo).

Dopo il divieto posto anche in Germania nell’aprile 2009, si sono ridotti a soli sei, su ventisette, i Paesi Europei dove è possibile coltivare il mais BT geneticamente modificato, l’unico presente nel Vecchio Continente. Peraltro il drastico crollo del 12 per cento nei terreni seminati con organismi geneticamente modificati (ogm) in Europa nel 2009 conferma che si è verificata una inversione di tendenza a conferma che fatto che nel coltivare prodotti transgenici non c’è neanche convenienza economica, anche nei Paesi dove è ammesso.

“La decisione dell’esecutivo comunitario sulla libertà di semina, dà valore – ha rilevato Marini – alla scelta lungimirante fatta dall’Italia per un agricoltura libera da ogm grazie all’impegno di un vasto schieramento che comprende Coldiretti, movimenti ambientalisti, consumatori e istituzioni in rappresentanza della maggioranza dei cittadini e agricoltori italiani che sono contrari al biotech nei campi e nel piatto”.

Sulla base dei risultati dell’ultima indagine annuale Coldiretti-Swg "Le opinioni di italiani e europei sull’alimentazione”, il 72 per cento dei cittadini italiani che esprimono una opinione ritiene che i prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente Modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali.

“Il fatto che, anche dove è possibile la coltivazione, gli agricoltori riducano le semine è la concreta dimostrazione che – ha evidenziato il presidente della Coldiretti – per gli ogm attualmente in commercio non c’è quella miracolosa convenienza economica che le multinazionali e i loro “tifosi” propagandano. Tutt’altro, a dodici anni dalla loro introduzione in Europa, le coltivazioni biotech sono già in calo e rappresentano molto meno dell’uno per cento del totale perché, di fatto, non sono riuscite a trovare un mercato, vista la persistente contrarietà dei consumatori ad acquistare prodotti geneticamente modificati”. Una contrarietà giustificata dai crescenti dubbi sul piano sanitario e ambientale che nel corso del 2009 hanno portato il governo tedesco a vietare il mais Mon 810 (che alcuni vorrebbero seminare in Italia) a seguito di nuove acquisizioni circa gli effetti negativi sull’apparato intestinale, sugli organismi del terreno e sulla dispersione del polline, con contaminazioni derivanti dalla impollinazione incrociata tra coltivazioni transgeniche e non.

“Il modello produttivo cui è orientato l’impiego ogm è il grande nemico della tipicità e della biodiversità e il grande alleato dell’omologazione, che è il vero nemico dell’ agroalimentare italiano e per questo siamo contrari. In Italia, per la conformazione morfologica dei nostri terreni e le dimensioni delle nostre aziende, non sarebbe possibile evitare le contaminazioni e sarebbe violata – ha concluso Marini – la sacrosanta libertà della stragrande maggioranza degli agricoltori e cittadini di avere i propri territori liberi da ogm. La Coldiretti chiede invece,  con decisione una etichettatura chiara che permetta di sapere se il cibo che mangiamo  contiene, direttamente o indirettamente, organismi geneticamente modificati”.

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