il Punto Coldiretti

Ortofrutta, sanzionate per la prima volta le pratiche commerciali scorrette

La pubblicazione sul Bollettino dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Bollettino AGCM n°49/2015) della prima sanzione in un caso di relazioni economiche squilibrate tra una catena della grande distribuzione ed un grossista, ha riacceso i riflettori sulle pratiche commerciali scorrette.  L’Autorità ha sanzionato il distributore, ritenendo che ci fossero gli estremi per censurare un comportamento scorretto. Questo è un primo fatto che deve far pensare a chi ritiene, a torto o a ragione, di subire dei soprusi, che esiste una strada per far valere i propri diritti e che tale strada è percorribile. Il soggetto che è ricorso all’Autorità è una società commerciale, ma che ci porta a fare alcune riflessioni su quanto ancora più debole possa essere la posizione del mondo della produzione.

Quanti casi di questo tipo ci possono essere e quanti non vengono a galla per il timore dei soggetti coinvolti di perdere clienti e spazio di mercato? In quanti casi si stringe la cinghia o si accettano compromessi capestro, sperando in tempi migliori? Le voci circolano, gli scontenti ci sono, gli abusi, pare, anche, ma quando si tratta di mettere nero su bianco, di tirare fuori le carte, di intraprendere il percorso tracciato dal legislatore per difendere i più deboli, tutto diventa difficile. E dopo l’indagine conoscitiva e l’approvazione dell’art.62, non è più il tempo delle chiacchiere da bar, ma bisogna avere il coraggio di entrare nel merito di chi e che cosa, di quando e come, fatture alla mano.

Alcuni distributori richiedono comportamenti etici, chiedono ai fornitori certificazioni, adempimenti, impegni, sono giustamente preoccupati per il fenomeno del caporalato, per lo sfruttamento dei lavoratori, chiedono trasparenza, correttezza, entrano nelle aziende pretendendo, con puntiglio, la soddisfazione di molti, a volte troppi, requisiti. Però quando si esercita una esagerata pressione economica sui fornitori, quando si stressa violentemente il sistema, non solo si utilizzano delle pratiche commerciali scorrette, di cui si è responsabili direttamente e sulla cui eticità possiamo discutere, ma si rischia di diventare anche la “foglia di fico” che nasconde le vergogne dello sfruttamento dei lavoratori o dello scadimento della qualità dei prodotti che mette a rischio la loro sicurezza.

E’ chiaro che il primo responsabile è chi sfrutta o imbroglia o sofistica o truffa, che ne ha la piena paternità e responsabilità, ma se vogliamo una filiera virtuosa, bisogna immettere nel sistema risorse sufficienti perché la filiera virtuosa lo possa essere veramente, eliminando le, più o meno metaforiche, “foglie di fico”. E stiamo parlando di pochi centesimi al chilogrammo che fanno la differenza, per una impresa, tra vivere e morire. Vogliamo credere che, da questo ritorno di attenzione sulle pratiche commerciali scorrette, possano scaturire alcune positività e che il muro contro muro possa finire?

Chi ha il timore di poter essere, giustamente o ingiustamente sanzionato, ha la possibilità, quotidianamente, di dimostrare la propria buona fede con trasparenza e lealtà, di dimostrare di essere diverso da chi utilizza pratiche commerciali sleali, rendendo etici e trasparenti i propri comportamenti così come etici e trasparenti devono essere i prodotti che vengono posti sugli scaffali. Ha la possibilità, prima ancora di chiedere il rispetto di norme etiche ai propri fornitori, di dimostrare con i fatti di credere nella sostenibilità di un business etico.

Chi è stato, o ritiene di essere stato, fino ad oggi vessato, sa che esiste uno strumento che può portare dei risultati, a cui ricorrere per chiedere di essere tutelati. Chi ha paura di esporsi deve sapere che ci sono strutture che li possono supportare nel prendere una decisione difficile e percorrere una strada che deve portare ad un maggiore equilibrio nei rapporti di filiera. Da qui vogliamo sperare possa nascere in Italia un modo nuovo di fare impresa e di impostare la concorrenza tra i fornitori e tra i distributori, a qualunque livello, su basi più corrette. Ne guadagnerebbero tutti gli imprenditori seri, i consumatori e, in ultima analisi, anche i consumi.

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