il Punto Coldiretti

Parte la campagna #StopCeta per salvare il Made in Italy a tavola

Una mobilitazione permanente per sensibilizzare i senatori e i deputati chiedendo loro di votare no al Ceta, l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada atteso alla ratifica da parte del Parlamento italiano. A promuoverla è la Coldiretti poiché il trattato per la prima volta nella storia dell’Unione accorda a livello internazionale esplicitamente il via libera alle imitazioni dei prodotti italiani più tipici ma che spalanca anche le porte all’invasione di grano duro e a ingenti quantitativi di carne a dazio zero.

Proprio per fermare il Ceta, migliaia di agricoltori da tutte le regioni invaderanno dalle ore 9.30 di mercoledì 5 luglio, Piazza Montecitorio a Roma, davanti al Parlamento dove è in corso la discussione per la ratifica del Trattato.  L’iniziativa è della Coldiretti insieme ad un’inedita e importante alleanza con altre organizzazioni (Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch). Ma l’invito è anche ad inviare subito una lettera ai parlamentari, mettendo in chiaro che chiunque approvi il Ceta non avrà mai più il proprio voto, ma anche appoggiando la campagna su twitter con l’hashtag #StopCeta chiamando in causa gli account di senatori e deputati presenti sul social (clicca qui per scaricare il modello).

Il Ceta, denuncia la Coldiretti, uccide il grano duro italiano con il crollo dei prezzi favorito dall’azzeramento strutturale i dazi per l’importazione dal Canada dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia perché accusato di essere cancerogeno. Oltre la metà del grano importato dall’Italia arriva proprio dal Canada dove le lobby in vista dell’accordo Ceta sono già al lavoro contro l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima per la pasta previsto per decreto e trasmesso all’Unione Europea, trovando purtroppo terreno fertile anche in Italia.

A rischio  è lo stesso principio di precauzione, visto che la legislazione canadese ammette l’utilizzo di prodotti chimici vietati in Europa. Ma l’accordo di libero scambio con il Canada legittima inoltre la pirateria alimentare che tanti danni provoca al sistema produttivo Made in Italy, accordando il via libera alle imitazioni canadesi dei nostri prodotti più tipici, dal Parmesan al Prosciutto di Parma. Secondo la Coldiretti delle 291 denominazioni Made in Italy registrate ne risultano protette appena 41, peraltro con il via libera all’uso di libere traduzioni dei nomi dei prodotti tricolori (un esempio è il parmesan) e alla possibilità di usare le espressioni “tipo; stile o imitazione”.

E peserebbe anche l’impatto di circa 50.000 tonnellate di carne di manzo e 75.000 tonnellate di carni suine a dazio zero. E’ necessaria quindi una valutazione ponderata e approfondita dell’argomento che non può esaurirsi in pochi giorni di una bollente estate, soprattutto in considerazione della mancanza di reciprocità tra modelli produttivi diversi che grava sul trattato.  

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