il Punto Coldiretti

Pecorino rumeno, ecco le motivazioni della sentenza

“L’affermazione che l’indicata situazione integri un conflitto di interessi, che produca un danno agli allevatori e agli altri industriali della Sardegna che hanno scelto di continuare a produrre nell’isola, che sia inquietante che siano usati soldi pubblici per un investimento che non utilizza prodotto e lavoro italiani, né a livello agricolo né industriale, e che fa anzi concorrenza sleale alle vere produzioni made in Italy, avvantaggiando un unico imprenditore e contribuendo a mettere in ginocchio pastori e industriali che producono il vero pecorino, lungi dal costituire una gratuita offesa alla reputazione della Roinvest, altro non è che la conclusione, in forma di soggettiva valutazione, dell’esame della composizione di Lactitalia e delle modalità di commercializzazione dei suoi prodotti e, dunque, l’espressione di un dissenso ragionato e motivato rispetto alla sua attività, dissenso che tra l’altro è strettamente connesso alle finalità proprie della Coldiretti”.

E’ uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza (leggi) con cui il Tribunale di Sassari ha integralmente rigettato le domande proposte dalla F.lli Pinna S.p.A. e dalla Roinvest S.r.l condannando entrambe alla rifusione delle spese in favore della Coldiretti e RTI Spa. La faccenda è quella del pecorino prodotto in Romania da Lactitalia con soldi pubblici e venduto con etichette richiamanti il made in Italy. Uno scandalo denunciato da Coldiretti che aveva portato la Simest, società partecipata dal Ministero dello Sviluppo economico, a cedere le quote di partecipazione nella società rumena la quale, come sottolineato dai magistrati sassaresi, “ha una denominazione che richiama fortemente l’Italia e un logo che reca la bandiera italiana”, senza che sia stato “neppure chiarito per quale ragione i colori e il nome dell’Italia siano stati impiegati”. Una situazione che, secondo il Tribunale, potrebbe indurre il consumatore medio a ritenere quei prodotti di origine italiana.

Da qui il riconoscimento che la denuncia del falso pecorino corrisponde a “un preciso interesse pubblico… stanti le finalità della Coldiretti di tutela del patrimonio agroalimentare italiano e la partecipazione all’attività di impresa anche di istituzioni pubbliche e, dunque, anche di fondi dello Stato”. 

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