Prezzo del latte, l’accordo blocca l’aumento mentre salgono parmigiano e grana
Lo scorso 11 ottobre la borsa merci di Milano ha quotato il grana Padano stagionato 9 mesi all’ingrosso a 7.20 euro al chilo, con un aumento netto di 10 centesimi; il Parmigiano Reggiano ha avuto un analogo aumento di 10 centesimi: lo stagionato 12 mesi vale ora 9.70 euro al chilo. Per la produzione di questi due grandi formaggi Dop vengono utilizzati ogni anno circa 40 milioni di quintali di latte italiano, circa il 40% del totale di latte nazionale. Abbiamo provato a fare un’analisi comparata del prezzo all’ingrosso del Grana Padano stagionato da almeno 9 mesi, quotato a Milano, e del prezzo del latte venduto dagli allevatori ad industrie casearie che producono quel formaggio. A fianco abbiamo messo il prezzo-obiettivo con cui il latte poteva essere remunerato in virtù di alcuni calcoli che tengono conto – oltre che del valore del Grana Padano – anche di quello del burro e del siero, della resa media in formaggio e burro, del costo di raccolta, lavorazione, stagionatura e degli oneri finanziari. Abbiamo circoscritto l’analisi alla provincia di Brescia – la prima in Italia per latte prodotto – riferendo i valori ad un anno solare: da ottobre 2009 ad ottobre 2010. In base a questa analisi (vedi tabella sotto) il latte potrebbe oggi venir comodamente pagato 43/44 centesimi, visto il considerevole guadagno degli industriali del Grana Padano che attualmente stanno vendendo a 7.50 euro il chilo (le quotazioni reali sono superiori a quelle rilevate dalla borsa merci di Milano). Quello stesso Grana Padano che, un anno fa, hanno prodotto pagando il latte all’allevatore 29 centesimi al litro (poi salite a 0.31 euro a seguito dell’accordo con Coldiretti Brescia). Ma l’accordo stipulato dalla Confagricoltura lombarda e Italatte ha letteralmente bloccato ogni possibile e legittimo aumento; è noto come quell’azienda – pur trattando prodotti diversi dal Grana Padano – è leader in Assolatte. E Assolatte, ovviamente, ha bloccato ogni possibile trattativa sul prezzo del latte almeno fino a dicembre (con buona pace degli allevatori). Pensiamo sia arrivato il momento di dare la spallata ad un sistema ingessato sull’interesse di pochi, che oltretutto non hanno a cuore il destino della produzione italiana e del Made in Italy, nonostante proprio grazie a questo abbiano prosperato senza pensare allo sviluppo del settore lattiero caseario. Ci rimane una sola strada per uscire da questa situazione: inserirci a testa alta in una filiera più corta, più agricola e firmata dagli stessi allevatori italiani. È arrivato il momento dei fatti, e di fare l’appello di chi condivide il nostro progetto per costruire finalmente un sistema che valorizzi la filiera italiana e che trattenga valore per allevatori e territori italiani.
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