il Punto Coldiretti

Riso “amaro”, le speculazioni sui prezzi hanno bruciato 45 miliardi in due mesi

In meno di due mesi le speculazioni sulla fame hanno bruciato 45 miliardi di euro solo per il riso con il prezzo che si è impennato del 25 per cento per poi tornare rapidamente ai valori iniziali.

Lo ha reso noto il presidente della Coldiretti Sergio Marini, nel denunciare i profitti finanziari realizzati sull’emergenza cibo scoppiata a livello internazionale, all’incontro EuropAfrica al quale ha partecipato insieme a Ndiogou Fall, presidente della Rete delle organizzazioni contadine dell’Africa occidentale (ROPPA) che raggruppa i movimenti dei coltivatori di ben 12 paesi (dal Senegal al Burkina Faso al Mali).

Nell’incontro, che anticipa di qualche giorno la Conferenza della Fao sull’alimentazione, è emerso che dall’inizio di aprile il prezzo del riso ha iniziato ad aumentare per raggiungere il massimo storico di circa 25 dollari per hundredweight (50,8 chili) alla fine del mese per poi continuare con un andamento altalenante che lo ha riportato oggi al valore iniziale di circa 20 dollari, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati del Chicago Board of Trade che rappresenta il punto di riferimento per il commercio internazionale delle materie prime agricole.

Il riso è un alimento da cui dipende la sopravvivenza di 2,5 miliardi di persone solo in Asia dove si coltiva il 90 per cento della produzione mondiale di 666 milioni di tonnellate con le speculazioni sulle aspettative future che hanno provocato aumenti di prezzi al dettaglio, restrizioni commerciali e accaparramenti che hanno ridotto le disponibilità sul mercato con disordini ed emergenze alimentari in molti Paesi: dalle Filippine ad Haiti fino all’Indonesia e al Senegal.

La finanziarizzazione dei commerci mondiali di cibo ha aperto le porte alle grandi speculazioni internazionali che stanno “giocando” senza regole sui prezzi delle materie prime agricole dove – ha precisato il presidente della Coldiretti – hanno provocato una grande volatilità impedendo la programmazione e la sicurezza degli approvvigionamenti in molti Paesi. Per dare stabilità ai mercati occorre investire – ha precisato Marini – nell’agricoltura delle diverse realtà del pianeta, dove servono prima di tutto politiche agricole regionali che sappiano potenziare le produzioni locali da orientare al consumo interno per sfamare la popolazione. Gli ultimi mesi – ha concluso Marini – hanno dimostrato la grande vulnerabilità di un sistema impostato sulla liberalizzazione spinta del mercato che ha favorito una nuova “colonizzazione” dei paesi piu’ poveri che sono stati spinti dagli alti prezzi ad esportare invece che soddisfare il crescente fabbisogno interno.

Un sostegno piu’ deciso alle produzioni locali e lo sviluppo di mercati regionali e territoriali che possano dare accesso alle coltivazioni delle aziende familiari sono alcune delle richieste contenute nell’ appello lanciato da Ndiogou Fall, presidente della Rete delle organizzazioni contadine dell’Africa occidentale (ROPPA) che raggruppa i movimenti dei coltivatori di ben 12 paesi (dal Senegal al Burkina Faso al Mali) per un totale di 35 milioni di persone.

Secondo il Roppa l’incremento generalizzato dei prezzi dei prodotti agricoli ed alimentari in assenza di mercati regionali adeguati aumenta l’insicurezza alimentare e limita le possibilità di sviluppo delle imprese. “L’agricoltura nei nostri Paesi è stata trasformata in una miniera di materie prime per l’industria alimentare europea. Il Senegal, il mio Paese, doveva produrre arachidi per gli oli alimentari, la Costa d’Avorio cacao e caffé per le multinazionali della cioccolata, altri come il Mali sono diventate miniere di cotone, e finché questa logica non cambierà non si uscirà dalla crisi”, ha concluso Ndiogou Fall. All’incontro hanno partecipato anche Nora McKeon e Antonio Onorati, coordinatori della campagna EuropAfrica.

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