Suini, accordo per prezzi più trasparenti ma serve l’etichetta d’origine
La filiera suinicola italiana è unica al mondo grazie alla massiccia presenza di prodotti Igp e Dop. Ma da ormai 5 anni nel nostro Paese gli allevamenti soffrono una crisi che ha raggiunto aspetti drammatici, tanto da essere messa seriamente a rischio la sopravvivenza stessa delle aziende e, giocoforza, di tutto l’indotto. La filiera si basa sulla produzione di un suino “grasso” di nove mesi di età e almeno 160 kg (alimentato in base a rigidi disciplinari), da cui si ottiene una carne matura adatta ad essere trasformata nelle più ricercate specialità gastronomiche, che il mondo ci invidia e, purtroppo, ci copia. Ma nonostante la produzione suinicola italiana venga per il 70% trasformata nei salumi della tradizione italiana, i prezzi dei maiali sono strutturalmente in contrazione e si posizionano attualmente ben al di sotto dei costi di produzione. Tutto ciò accadde a causa di una chiara ed incontestabile mancanza di trasparenza nella formazione dei prezzi lungo la filiera. Un dato su tutti: su 100 euro pagati dal consumatore italiano, il 44% va alla distribuzione, il 43% al trasformatore/stagionatore/macellatore e solo il 13% resta all’allevatore. Il valore del prodotto delle imprese agricole è pari a 2.3 milioni di euro; il valore della produzione cresce del 300% all’uscita dell’industria, raggiungendo la cifra di 9,3 milioni di euro, di cui il 79% rappresentato dall’industria dei salumi e degli insaccati. In questi giorni è stato siglato un accordo con i macellatori per rendere più trasparenti le contrattazioni del prezzo dei suini. L’accordo prevede la definizione della fase esecutiva della Commissione unica per la determinazione del prezzo dei suini, con l’impegno di aggiornare i contratti di consegna facendo riferimento alla quotazione della Commissione stessa. Sono previsti provvedimenti diversi tra i suini Dop e non, trasparenza dei dati e delle informazioni, con pubblicazione su un sito dedicato. Si sono anche poste le basi per la definizione di una Commissione unica per quotare i suinetti e i tagli di carne. Infine, è stata decisa una data dalla quale far partire una sperimentazione “in bianco” per arrivare a un modello per la valutazione delle carcasse, propedeutico alla definizione dei livelli qualitativi dei suini e premiante verso chi veramente investe in qualità. La Coldiretti è stata l’artefice di queste iniziative, pur nella consapevolezza che comunque questi non sono che piccoli passi. Il vero obiettivo è quello dell’obbligatorietà dell’indicazione d’origine del suino in tutte le preparazioni della salumeria e della carne fresca. Perché italiano è solo il prodotto che è fatto con prodotto agricolo italiano, senza se e senza ma. La normativa nazionale e comunitaria non prevede l’obbligatorietà delle informazioni sull’origine del prodotto agricolo, come invece avviene per la carne bovina. Questa situazione permette a molte delle nostre industrie di importare carni e poi spacciarle come italiane o, con qualche trucco in etichetta, evocare la tradizione italiana. Caso emblematico è quello delle cosce di maiale, dove i dati statistici sulle importazioni mostrano una situazione paradossale: in Italia si consuma solo un prosciutto su tre fatto con suini nazionali! E il problema sta proprio nel fatto che il consumatore ne è quasi sempre ignaro, quando non addirittura convinto di mangiare un prosciutto delle colline dell’Italia centrale o della tradizione contadina della Pianura Padana. Ugualmente importante è la conoscenza dell’origine dei suini per i tagli della carne fresca che – a detta degli esperti – rappresenterebbe, se ben frollata, un prodotto per la preparazione di piatti di alta qualità. Del resto, quella carne proviene da un animale sottoposto ad un rigido disciplinare di produzione che assicura la massima qualità. Ne consegue che il consumatore deve poter sapere se sta mangiando una arista di un suino allevato in Italia. E questo può essere possibile se all’interno della distribuzione fossero ben distinte le due filiere: quella italiana (che parte dal suino allevato e super controllato) e quella estera. Ecco, perché il progetto di Coldiretti per una filiera agricola tutta italiana rappresenta l’unica risposta strutturale per la salvaguardia dell’intero comparto e non un palliativo buono solo per ingannare gli allevatori. |
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