Tabacchicoltura a rischio con le nuove norme Ue
Tabacchicoltura italiana a rischio con le nove norme Ue. E’ quanto denuncia Gennaro Masiello, vicepresidente della Coldiretti e presidente di Ont Italia la maggiore organizzazione di coltivatori di tabacco. “Secondo quanto trapelato sul contenuto della direttiva sui prodotti del tabacco in discussione a Bruxelles in questi giorni, il testo comprenderebbe misure di regolamentazione estreme – sottolinea Masiello – come l’apposizione di foto shock enormi, più dell’85% del pacchetto e standardizzazione di tutti i prodotti in un unico formato, la possibilità dei singoli paesi europei di adottare il pacchetto anonimo come in Australia, il divieto di utilizzo di ingredienti nella lavorazione del tabacco, il divieto di vendita di prodotti innovativi, potenzialmente meno dannosi per i consumatori”. “Condivido – continua il presidente di Ont Italia – l’obiettivo di salute pubblica per il quale i produttori sono costantemente impegnati, ma le misure proposte a nostro avviso non avrebbero alcun effetto sulla riduzione del numero di fumatori e si tradurrebbero esclusivamente in una perdita di posti di lavoro, nella chiusura di imprese e in un massiccio aumento del traffico illecito dei prodotti del tabacco. In particolare, il divieto dell’utilizzo degli ingredienti renderebbe invendibile il tabacco italiano, settore di vitale importanza per il nostro paese, primo esportatore in Europa e ottavo al mondo, con il conseguente abbandono della produzione agricola e gravi problemi occupazionali, in un momento peraltro già economicamente difficile”. Infatti, precisa Masiello, la maggior parte delle sigarette consumate in Europa appartengono alla categoria cosiddetta “American blend”, una miscela realizzata con varietà di tabacchi che per loro natura necessitano di essere combinate con altri ingredienti naturali. Qualsiasi divieto o restrizione sull’utilizzo di tali ingredienti avrebbe come effetto immediato l’esclusione dal mercato dielle varietà Burley ed Orientali. Nei paesi interessati alla coltivazione, principalmente Italia, Bulgaria e Grecia, queste varietà sono coltivate da piccoli imprenditori e con il coinvolgimento diretto di altri membri della famiglia. Le aziende sono localizzate in aree con poche alternative al tabacco ed altrettante ridotte possibilità di lavoro in altri settori. In questo contesto, oltre ala chiusura dei imprese agricole, si assisterebbe allo smantellamento di interi sistemi socioeconomici sorti in funzione delle esigenze di lavorazione e servizio della pianta del tabacco, come imprese di produzione di macchinari, di attrezzature per la cura e la prima trasformazione. In Italia, nel 2010, è stata investita una superficie a tabacco pari a 28.016 ettari. La Campania è la regione maggiormente interessata alla coltivazione con 8.821 ha, seguita dal Veneto (8.585 ha) e dall’Umbria (6.545,3 ha). Anche il processo di prima lavorazione del tabacco grezzo è localizzato principalmente in Italia, dove sono concentrati il 35% degli stabilimenti di raffinazione di tutta l’Unione Europea. Nel periodo 2000-2011 sono stati abbandonati oltre 10mila ettari di superficie agricola coltivata, e hanno cessato l’attività oltre 24.200 produttori (Nomisma, rapporto 2011). L’intera filiera del tabacco, in Italia, occupa oltre 200.000 addetti, di cui circa 60.000 solo nella sola fase di coltivazione del tabacco. “Abbiamo già comunicato la nostra forte preoccupazione al commissario Antonio Tajani, perché possa trasmetterle alla DG Salute, ed al presidente Barroso – conclude Masiello -. Da entrambi ci aspettiamo un fermo intervento per la sopravvivenza e la competitività di questo importantissimo settore in Italia ed in Europa”. |
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