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Un tavolo di lavoro per rilanciare la castanicoltura

Si è insediato presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Tavolo di lavoro per il settore castanicolo. Articolato in gruppi, affronterà le varie problematiche di settore, dai problemi fitosanitari (a partire dai danni causati dal cinipide) per continuare con quelli legati alla produzione, commercializzazione e trasformazione, non solo dei frutti, ma anche del legno. 

Il castagno riveste una rilevanza economica e sociale notevole in molte aree collinari e montane del nostro Paese, dove svolge un ruolo fondamentale, oltre che con la produzione dei frutti e del legno, nel presidio del territorio e nella salvaguardia dell’assetto ambientale e idrogeologico. La bellezza dei boschi, con alberi spesso centenari, rende fruibili luoghi alcune parti del territorio anche per scopi turistici e di svago, determinando un ulteriore indotto economico. L’habitat del bosco di castagno risulta fondamentale per la selvaggina, per la produzione del caratteristico miele e per la raccolta dei funghi.

L’Italia produce il 30% delle castagne europee (compresa la Turchia), con una resa media di 2,1 tonnellate per ettaro. La superficie coltivata a castagneti da frutto, secondo l’Istat, sarebbe pari a 76.000 ettari (23.000 secondo la Fao), mentre è di molto maggiore la superficie totale interessata da castagno, pari a circa 275.000 ettari.

La produzione nazionale media oscilla attorno ai 632.000 quintali (Campania 241.000, Lazio 140.000, Calabria 109.000, Piemonte 54.000, Toscana 39.000, Lombardia 9.000, Umbria 8.000, Emilia-Romagna 7.000 quintali). Le aziende con superficie investita a castagneto da frutto sono circa 66.000, l’80% delle aziende ed il 40% della superficie sono ricomprese nella classe Sau 0-5ettari. Le castagne sono suddivise tra 4 categorie commerciali, distinguendo tra castagne e marroni: piccole (oltre 85 frutti/kg), standard (65-85 frutti/kg), large (48-65 frutti/kg) e speciale (meno di 48 frutti/kg).

Solo una parte limitata del raccolto è indirizzata alla trasformazione (15-20%) e commercializzata come semilavorato o prodotto finito. I prodotti semilavorati costituiscono la base per prodotti dolciari. Le migliori castagne ed i marroni sono pelati e canditi ed impiegati per la produzione – industriale o artigianale – dei marrons glacés mentre la purea di castagne è la base per le creme, il cui mercato è in aumento. Le castagne possono poi essere seccate o destinate alla produzione di farina; altri prodotti sono liquori, grappe e birre a base di castagna.

La Francia assorbe circa  il 21% delle nostre esportazioni , mentre il 13% va negli Stati Uniti. Le importazioni provengono da Spagna (soprattutto nelle campagne di scarsa produzione nazionale) Portogallo e Turchia, anche se cresce l’import dalla Cina. Legate al castagno sono infine numerose denominazioni riconosciute dall’Unione europea.

La Castagna Cuneo IGP (Piemonte), la Castagna del Monte Amiata IGP, il Marrone del Mugello IGP, la Farina di Neccio della Garfagnana DOP, il Miele di Castagno della Lunigiana (Toscana) DOP, la Castagna di Montella IGP, il Marrone di Roccaspide IGP (Campania), la Castagna di Vallerano DOP, Marrone di Caprese Michelangelo DOP (Lazio), il Marrone di Castel del Rio IGP (Emilia-Romagna), il Marrone di san Zeno DOP e i Marroni del Monfenera IGP (Veneto) inoltre in via di riconoscimento la Farina di castagne della Lunigiana DOP (Toscana), le Castagne dei Monti Cimini DOP (Lazio), il Marrone della Valle di Susa IGP (Piemonte), la Castagna Reatina IGP (Lazio).

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