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Vino, le imprese che esportano crescono il triplo delle altre

E’ l’export il principale motore di sviluppo per il settore vitivinicolo, tanto che le imprese che vendono all’estero crescono il triplo delle altre. Ad affermarlo è un’indagine realizzata da Ismea-Mps sull’andamento del mercato mondiale del vino, sfuso e imbottigliato, per volume e valore.

Secondo i dati, l’Italia produce il doppio della domanda interna e il consumo pro capite cala di un litro all’anno (ora si attesta fra i 35 e i 37 litri, negli anni Settanta arrivava a 100). La ricerca mostra come solo il 14 per cento delle aziende che non esportano continua a crescere. Il dato invece quasi triplica (43 per cento) per le imprese che operano sui mercati internazionali. Le aziende italiane che esportano (sono il 70 per cento del campione) raccolgono mediamente fuori dai confini nazionali circa il 37 per cento del proprio fatturato.

Nonostante l’Italia rischi il sorpasso da parte della Spagna come primo fornitore mondiale (in volume), grazie soprattutto al contributo dei vini sfusi, non sembra arrestarsi la crescita in valore del vino italiano che, dopo l’ottima performance del 2011 (4,4 mld di euro), è cresciuto di un ulteriore 8 per cento nei primi sette mesi del 2012. Ed è proprio la crescita in valore il dato più attendibile per valutare la capacità di penetrazione dei vini di pregio (il dato in volume risente infatti dell’incidenza degli sfusi cresciuta fino al 40 per cento del totale).

I dati sui Paesi importatori nel mondo mostrano come la Cina, pur restando un nuovo mercato, si sia avviata a raggiungere volumi e valori che la mettono alla pari con i principali mercati consolidati mondiali. La Cina sale al quinto posto assoluto in valore con 1.037 milioni di euro facendo segnare un +71 per cento e superando in un solo anno Giappone, Belgio, Svizzera e Paesi Bassi.

A riprova delle enormi potenzialità di questo Paese vi è anche la forbice fra crescita di importazioni di vino in valore e in volume. Le quantità crescono “solo” del 27,7 per cento (sesto mercato al mondo) evidenziando una maggiore attenzione per i vini di pregio. Una tendenza che pare consolidarsi nei nuovi mercati visto che anche la Russia fa registrare una forbice netta: cresce in valore (+14,6 per cento) e cala in volume (-6 per cento).

Secondo Ismea, le maggiori potenzialità si riscontrano nei nuovi mercati dell’Europa dell’Est, comunitari e non, che negli ultimi cinque anni hanno incrementato notevolmente la propria domanda: Bulgaria, Slovacchia, Ungheria, Estonia, Lituania, Lettonia. A questi si affiancano, fuori dal continente, alcuni Paesi sudamericani, come Brasile, Argentina e Messico, o quelli dell’Estremo Oriente quali India, Corea del Sud e Thailandia. I volumi sono ancora piuttosto limitati e solo in pochi casi superano il milione di ettolitri importati, ma i tassi di crescita sono talvolta travolgenti.

Oggi l’Italia è leader in Bulgaria (58 per cento davanti a Spagna e Francia), Slovacchia (36 per cento davanti a Ungheria e Rep. Ceca), Ungheria (88 per cento davanti a Germania e Spagna), è seconda in Estonia (14 per cento dietro alla Spagna, davanti alla Francia), Lituania (27 per cento dietro la Francia, prima della Spagna), Romania (15 per cento dietro la Spagna e davanti alla Bulgaria), e terza in Lettonia (20 per cento dietro Francia e Spagna).

Fuori dal continente europeo, il Belapaese è il maggiore fornitore in Thailandia (24 per cento davanti ad Australia e Francia), ed è terzo in Brasile (17 per cento dietro Cile e Argentina), Messico (dietro Spagna e Cile), Corea del Sud (dietro Cile e Spagna), India (dietro Francia e Australia), Australia (dietro Nuova Zelanda e Francia), Argentina (1 per cento dietro a Cile con 87 per cento, Spagna e a pari quota con la Francia).

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