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La Croazia entra nell’Ue, rischio guerra Prosecco-Proshek

Dopo dieci anni di lavoro e sei di negoziati, la Croazia è diventata il 28esimo Stato membro dell’Unione europea a tutti gli effetti. Si tratta del primo paese dei Balcani occidentali ad entrare a far parte dell’Ue e, dopo la Slovenia, entrata nel 2004, è inoltre la seconda delle sei Repubbliche che componevano l’ex Jugoslavia.

La superficie coltivata nel neo-Stato membro, secondo i dati diffusi dalla Camera dell’economia croata, è di 1,3 milioni di ettari di cui il 66 per cento di superficie arabile, il 27 per cento di pascoli permanenti, il 7 per cento di frutteti, vigne e uliveti, lo 0,4 per cento di ortaggi. Circa 14.000 ettari sono destinati alla produzione biologica, pari all’1,2 per cento della superficie agricola. La Croazia conta circa 1.200 aziende agricole e 15.000 dipendenti.

In Croazia, l’industria alimentare e delle bevande rappresenta il 21 per cento del valore aggiunto lordo dell’industria manifatturiera croata, quella del tabacco il 2,5 per cento. Le imprese alimentari sono 1.200 ed occupano circa 47.000 persone, ovvero il 20 per cento degli occupati nell’industria manifatturiera.

I partner commerciali più importanti per le esportazioni agro-alimentari croate sono le vicine Bosnia Erzegovina, Italia, Slovenia e Serbia. I principali prodotti agricoli esportati sono cereali, semi, mandarini, tabacco, erbe medicinali e miele. Tra i Paesi da cui la Croazia importa figurano la Germania, l’Italia, l’Olanda, il Brasile e l’Ungheria con maiali vivi, bovini, cacao e oleaginose tra le derrate più acquistate.

Questo nuovo ingresso nell’Unione europea potrebbe significare per il nostro Paese l’apertura di una disputa nei confronti del Proshek dalmata, contestato dall’Italia per il nome troppo simile al famoso Prosecco nostrano. Nonostante i due prodotti siano distinguibili per colore e sapore, il timore è che con l’entrata dei prodotti croati sul mercato europeo i consumatori possano essere confusi dagli appellativi troppo simili, con eventuali danni economici per i produttori italiani.

Alcuni eurodeputati italiani si sono già mobilitati al riguardo, chiedendo alla Commissione europea di intervenire affinché la Croazia rinunci al nome del proprio vino tradizionale. Per tutta risposta, l’Associazione dei viticoltori croati ha affermato che intraprenderà tutti i passi necessari per proteggere il vino dalmata a livello europeo.

 

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