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Politica comune della Pesca, ecco le priorità della riforma

Nelle recenti dichiarazioni pubbliche della Commissaria alla Pesca e agli Affari marittimi, Maria Damanaki, cominciano a trovare conferma le prime indiscrezioni sulla riforma della Pcp, la Politica comune della pesca.

La sostenibilità del settore resta il primo obiettivo che pone la base anche per le altre priorità. Confermata quindi la necessità di adottare un approccio “eco sistemico” alla gestione della pesca: che si adatti, consideri e tenga conto delle conoscenze scientifiche, delle incertezze e delle molteplici influenze esterne al settore.

La Commissaria ha sottolineato come l’Esecutivo comunitario stia lavorando per rivedere e semplificare il sistema decisionale, oggi troppo incentrato a Bruxelles e ancora lontano dagli operatori del comparto. Si delinea così una riforma che va verso un capovolgimento dell’approccio top-down su base allargata dove gli Stati membri devono essere maggiormente coinvolti.

L’idea di una regionalizzazione non si ferma ad un più ampio coinvolgimento degli Stati membri ma prevede un’apertura alla filiera. La riforma punta infatti ad una maggiore responsabilizzazione degli operatori, per esempio nella gestione della quote e dei contingenti o nello scambio di informazioni sulle migliori tecniche per una pesca sostenibile. Questa è la priorità numero due dell’Esecutivo comunitario.

Oltre a questo, la Commissaria vuole politiche di maggior respiro, con prospettive di lungo termine che portino ad intraprendere la via per mantenere e garantire stock sani, come viene richiesto dal Rendimento Massimo Sostenibile entro il 2015 [COM (2006) 360]. Si delinea così la terza priorità.

La quarta priorità si rivolge al coinvolgimento degli altri settori, come ad esempio: l’industria per la trasformazione, il trasporto, i produttori di rete e di attrezzi per la pesca, i cantieri navali, i porti, la vendita al dettaglio. L’obiettivo della Commissione è quello di armonizzare con azioni comuni tutti i settori che di fatto lavorano con i prodotti del mare contribuendo nella pratica a mantenere il tessuto socio-economico delle aree costiere.

In un recente incontro con gli Stakeholders la Commissaria è tornata, inoltre, a parlare di come la Dg Mare (la Direzione generale per gli affari marittimi) sta studiando un approccio per gradi che permetta di eliminare i rigetti dall’attività di pesca. La Commissione intende ottenere questo risultato con la partecipazione degli operatori del settore.

Dalle parole di Maria Damanaki si conferma quindi che la riforma della Pcp porterà cambiamenti sostanziali all’attuale quadro politico. Per questo la Commissione sta prevedendo un sistema di aiuti che incentivino il cambiamento.

Gli aiuti finanziari dovranno consentire al settore stesso di partecipare attivamente alla nuova politica e al decentramento che verrà introdotto dalla riforma. Verranno inoltre sostenuti i progetti innovativi con una spiccata connotazione "verde", che contribuiscano ad una crescita intelligente ed integrata con le altre politiche Ue. Gli Stati membri dovranno, in questo senso, garantire la piena coerenza nell’utilizzo delle risorse della Pcp con le altre fonti di finanziamento comunitarie.

Questo per uno sviluppo armonico delle zone costiere che garantisca una pesca a basso impatto ambientale, punti a potenziare l’acquacoltura ed affronti le conseguenze socio economiche a cui va incontro il settore con la ristrutturazione.

In estrema sintesi la riforma punterà a potenziare il settore della pesca per renderla più produttiva e sostenibile, per liberare la sua creatività e capacità di innovazione e migliorare la propria capacità di recupero. La Dg Mare sta lavorando perché la Pcp si integri a pieno con l’agenda Ue 2020 per la crescita e l’occupazione rendendola più verde, più snella, più moderna e coerente con gli accordi internazionali che sono stati sottoscritti (World Summit on sustainable development del 2002).

Sui tempi della riforma è noto che la Commissione europea sta per rendere pubbliche le proposte sulla nuova Politica Comune della Pesca e per la prima volta il Parlamento europeo sarà, in codecisione con Consiglio ed Esecutivo comunitario, e quindi direttamente coinvolto nella sua definizione.

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