il Punto Coldiretti

Timmermans va a casa, addio all’estremismo green?

Qualcosa potrebbe cambiare. Il vice presidente della commissione Ue Maroš Sefcovic ha sostituito Frans Timmermans nel ruolo di vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo. E dalla prime battute sembra che la sua linea possa essere meno intransigente di quella del predecessore. Ha parlato infatti di una fase impegnativa di attuazione della transizione ambientale e ha detto che questa deve avvenire in modo socialmente equo e che aiuti l’industria europea a essere il miglior concorrente sui mercati globali.

L’abbandono di Timmermans è sicuramente una buona notizia per l’agricoltura e per la Coldiretti che in questi anni ha dovuto contrastare con forza le misure messe in campo proprio dal vice presidente della Commissione Ue. E non certo perché Coldiretti non condividesse la scelta green. L’agricoltura – hanno ripetuto in ogni occasione i vertici dell’organizzazione agricola- è il settore che più di altri ha a cuore la tutela del territorio e dell’ambiente.

Ma senza però cedere a derive che, in nome di un ambientalismo a tutti i costi, portino al risultato opposto a quello perseguito e cioè all’abbandono dei terreni aggravando così il dissesto idrogeologico che ha comportato danni in Italia e in tutti i paesi della Ue.

Ecco perché Coldiretti ha attaccato direttamente Timmermans “autore” di iniziative negative per gli agricoltori. Alcune “perle” sono le proposte di direttive come il calo dell’uso di fitofarmaci. Una riduzione pesantissima, pari al 50% e soprattutto in tempi brevi, entro il 2030. Per l’ agricoltura italiana, che ha già ridotto in modo consistente il ricorso alla chimica, questo diktat porterebbe molti agricoltori a uscire dalla produzione.

Ancora una volta Coldiretti ha motivato la sua opposizione: bene l’obiettivo di un’agricoltura sempre più verde, ma a condizione che vengano offerte ai produttori delle valide alternative. Individuate nelle Tea (tecniche di evoluzione assistita) su cui Bruxelles ha aperto solo dopo un forte pressing. Ma poiché le Tea sono alle prime battute la scadenza del 2030 non è accettabile. E non è bastata.

Un’altra idea sostenuta da Timmermans è l’equiparazione sul piano delle emissioni degli allevamenti alle industria. Una follia che Coldiretti ha interpretato come una misura finalizzata a favorire l’abbandono delle stalle in favore delle produzioni zootecniche realizzate in laboratorio. Timmermans ha negato il suo interesse “personale” in questo business che si presenta miliardario (in dollari), ma citando una storica frase di Giulio Andreotti “ a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”.

La Coldiretti non ha mai accettato la strategia che punta a fare dell’Europa un “eden”. Perché le conseguenze sarebbero gravi non solo per i paesi della Ue “obbligati” a dismettere la produzione agricola, ma per la stessa tenuta dell’ambiente mondiale. Inevitabilmente infatti le produzioni dovrebbero “emigrare” in quelle aree dove si è compiuto già uno scempio dei territori e che non offrono le stesse garanzie di salubrità, ambiente e rispetto dei diritti dei lavoratori. Insomma la beffa oltre al danno.

Se dunque con le dimissioni di Timmermans qualche danno potrà essere evitato, ben venga la sua scelta di scendere nell’agone della politica dei Paesi Bassi. Nessun rimpianto per la Coldiretti pronta a brindare ai suoi successi, ma nella sua patria. L’agricoltura europea (e quella italiana) ha bisogno di crescere, investire, produrre di più, non di ulteriori lacci.

E senza Timmermans, almeno questa è la speranza, la strada potrebbe essere meno in salita. I problemi ci sono e numerosi per l’incertezza politica ed economica mondiale. Bisogna adottare strategie che li ammorbidiscano non creare nuovi e insensati ostacoli. Con discutibili direttive.

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