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Vino, nove Paesi contro la liberalizzazione dei diritti di impianto dei vigneti

Il sistema dei diritti di impianto può contribuire ad assorbire le fluttuazioni di volume collegate alle condizioni del mercato e permette un equilibrio che garantisce un livello di reddito equo ai viticoltori, e questo garantisce uno sviluppo controllato della produzione e manutenzione della produzione del vino in aree a basso potenziale agricolo.

E’ quanto affermano i Ministri dell’agricoltura di nove Paesi membri (Italia, Francia, Germania, Cipro, Lussemburgo, Ungheria, Austria, Romania e Portogallo) che,recentemente, hanno firmato una lettera congiunta, contro la liberalizzazione  dei  diritti di impianto dei vigneti, prevista con la riforma dell’Ocm vitivinicola, a partire dal 2015.

Con la lettera, indirizzata alla Commissione europea, i Ministri ricordano che le misure adottate presentano importanti aspetti positivi: l’introduzione di una certa sussidiarietà attraverso dotazioni nazionali, il graduale spostamento degli aiuti dallo smaltimento delle eccedenze agli investimenti per la ristrutturazione e modernizzazione, la promozione sui mercati esteri, l’espianto delle superfici non competitive.

Tuttavia, considerando che la Commissione presenterà a breve una valutazione delle conseguenze di questa riforma, i Ministri desiderano segnalare la forte preoccupazione circa l’abolizione del regime dei diritti di impianto in Germania, Austria, Cipro, Francia, Ungheria, Italia , Lussemburgo, Portogallo, Romania e altre zone di produzione in Europa.
Si sottolinea che gli svantaggi che deriverebbero da una rimozione di questo sistema, sarebbero chiaramente di gran lunga superiori ai benefici attesi. Questi timori sono basati su una serie di rischi.

Innanzitutto, la sovrapproduzione, con conseguente abbassamento dei prezzi, in seguito  ad un aumento troppo elevato dell’offerta collegata agli impianti non controllati. Poi l’abbandono delle aree coltivate a vigneto meno produttive, per il beneficio delle zone di pianura, sapendo che la viticoltura è spesso l’unica attività perseguibile su terreni agricoli con un basso potenziale.

Si teme anche la riduzione del numero di aziende a conduzione familiare, con conseguente minor numero di posti di lavoro e a scapito delle aziende agricole di piccole e medie dimensioni; ma anche l’appropriazione indebita delle denominazioni di origine protetta, con l’istituzione di vigneti che producono vini senza indicazione geografica, anche all’interno del perimetro di una Dop e nelle sue immediate vicinanze.

Preoccupano inoltre la svalutazione dei prodotti con l’etichetta di qualità, dovuta alla maggior superficie a vigna nel perimetro e la standardizzazione graduale della produzione, e l’eccessiva industrializzazione del settore europeo del vino – incompatibile con i suoi numerosi aspetti sociali, economici, ambientali, così come i suoi contributi agli aspetti paesaggistici e del turismo.

In merito alla relazione sugli effetti della riforma, che la Commissione dovrà predisporre entro la fine del 2012, i Ministri invitano l’Esecutivo comunitario  a considerare tali preoccupazioni nel percorso comunitario che riesaminerà le misure applicabili al settore del vino prima dell’entrata in vigore della soppressione dei diritti di impianto.

Infine, i nove Ministri, ricordano che i loro Paesi sono a favore della proroga, oltre il 2015, di un quadro di diritti di impianto per tutti i paesi dell’Unione Europea e per tutte le categorie vini.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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