il Punto Coldiretti

Aflatossine, ecco il piano Coldiretti per salvare la produzione di mais

Aiuti economici ai produttori; finanziamenti per la ricerca; polizze a premio agevolato; adozione di tecniche agronomiche capaci di ridurre il rischio; sviluppo di nuove tecniche di irrigazione. E’ il piano proposto dalla Coldiretti per risolvere il problema delle aflatossine, le sostanze cancerogene che si sviluppano nel mais e che stanno creando gravi danni ai produttori, soprattutto del Nord Italia, tra Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. La siccità di questa estate ha causato una vera e propria proliferazione di questo tipo di fungo, mettendo in pericolo oltre 20 milioni di quintali di prodotto.

Le aflatossine sono prodotte da muffe appartenenti alle specie Aspergillus Flavus e Aspergilllus parasiticus e per convenzione vengono indicate con le sigle B1,B2,G1 e G2 mentre la M1 (di derivazione della B1) è quella che si trova nel latte. Tra le aflatossine, la B1 è considerata la più tossica, contraddistinta da una forte  attività cancerogena, mutagena  e teratogena: è classificata addirittura tra i più potenti cancerogeni esistenti in natura. Inoltre, la stabilità della M1 ai comuni processi a cui il latte alimentare viene sottoposto è elevata: i trattamenti termici (pastorizzazione e refrigerazione) non hanno che minimi effetti sull’abbattimento dei livelli di tossina: è riscontrabile anche dopo la caseificazione e la maturazione dei formaggi. Per questo la contaminazione di M1 nel latte di stalla pone rischi per tutta la filiera del latte, e in particolare per quello destinato ai bambini, più sensibili alla sua tossicità.

Le aflatossine hanno quindi dei limiti massimi ammessi di residui, posti a garanzia della sicurezza alimentare del consumatore, che riguardano sia i mangimi che gli alimenti per uso umano. In applicazione del principio di precauzione, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha puntualizzato che “poiché le aflatossine sono considerate genotossiche e cancerogene, non è possibile stabilire un consumo privo di rischi e pertanto tali limiti corrispondono ai livelli più bassi ragionevolmente ottenibili tenendo conto sia dei profili di consumo di tali prodotti nell’Ue che dell’introduzione di aflatossine con altri alimenti".

Alzare i nostri  limiti nazionali, come proposto da altre organizzazioni, comporta rischi elevati per la salute dei consumatori, soprattutto quelli più piccoli. Alzare i limiti non significa, dunque, fare sparire le aflatossine.

Il cambiamento climatico sta però rendendo molto più alta la probabilità che si manifestino condizioni meteorologiche estreme e ondate di calore. Come ci dimostra la siccità del 2012, condizioni meteorologiche estreme – come siccità o inondazioni – portano alla riduzione dei raccolti, a cui si sommano i danni indiretti causati dagli stress biologici collegati alla siccità ed alla conseguente presenza su mais e cereali delle aflatossine. Scarsità di precipitazioni, stress della pianta e rotture delle cariossidi aumentano ulteriormente il rischio che si verifichi un’eccessiva crescita degli aspergilli che producono aflatossine.

Per affrontare queste criticità, Coldiretti ha individuato cinque possibili linee di intervento. Vediamole. Va innanzitutto applicata una corretta tecnica agronomica che riduce sensibilmente il rischio aflatossine, a partire dalla scelta delle varietà con cicli di maturità compatibili con i vari areali nazionali (es. precoci, tardivi, ecc.), evitando di stressare la pianta irrigando in modo adeguato fino a maturazione avanzata, riducendo l’attacco di insetti e assicurando una congrua concimazione, alla raccolta del prodotto ad umidità non inferiore al 22-23% inviandolo ad una immediata essiccazione, che garantiscono un abbattimento della potenziale carica di tossine.

Occorre anche progettare un  piano di finanziamento in conto capitale per lo sviluppo di tecniche di irrigazione con ala gocciolante o con tecniche di sub irrigazione al fine di  intervenire  con irrigazioni  (se necessarie)   frequenti e tempestive riducendo sia i consumi idrici che quelli energetici  ottenendo un risultato positivo anche per quanto attiene il  tema della sostenibilità ambientale.

Va poi studiata una polizza a premio agevolato  che consenta di coprire il differenziale  che si verrebbe  a creare tra un mais con valori di aflatossine superiori alla norma  da destinare ad usi alternativi (uso energetico come biogas, o biomassa da bruciare, ecc.).Si può  anche ipotizzare che il risarcimento o il premio possano essere differenziati sulla base dell’applicazione o meno del disciplinare di produzione e/o delle nuove tecniche di irrigazione (sostenibilità).  Tuttavia, eventi climatici estremi (come temperature oltre 40°C per 10 giorni consecutivi  in determinate fasi fenologiche della coltura, seguite poi da piogge in  pre-raccolto) vanificherebbero – ma non annullerebbero – buona parte degli effetti positivi ottenibili  con l’applicazione  delle attività agronomiche finalizzate al contenimento delle micotossine; in questi casi dovrebbe intervenire l’assicurazione.

Alcuni investimenti  andrebbero realizzati anche dalle strutture – Consorzi Agrari in primis – che si occupano del trattamento/condizionamento  del mais (essiccazione, stoccaggio, pulizia, cernita, ecc.), in particolare per quanto riguarda le attrezzature necessarie alla pulizia e cernita del mais nel caso di presenza di micotossine oltre i limiti consentiti. Per aver accesso a provvidenze pubbliche in questo campo, i beneficiari dovrebbero dimostrare di trattare il prodotto proveniente da coltivazioni dove vengono applicati i disciplinari tecnico/agronomici, sviluppando quindi di fatto un progetto di filiera che trasversalmente andrebbe a toccare  tutti gli attori che intervengono nella gestione di questa produzione.

Va, infine, richiesto alle istituzioni un intervento economico  specifico  (ad esempio per le calamità) che consenta  ai produttori  recuperare  i costi che dovranno sostenere per cernere il prodotto da un lato e recuperare la differenza prezzo dall’altro per la quota di mais che andrà destinata ad usi diversi dall’alimentazione zootecnica.

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