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Alghe e omega 3, nuove opportunità per l’acquacoltura?

La coltivazione delle alghe potrebbe rappresentare una nuova opportunità per l’acquacoltura? Uno studio della Università di Harvard ha analizzato questo nuovo tipo di prodotto per verificare la presenza di omega 3, sostanza sempre più richiesta presente nel pesce e dalle varie proprietà benefiche.

La ricerca non è uno studio qualsiasi, bensì una più articolata meta-analisi, ed è stata pubblicata sul Journal of Nutrition che tiene in considerazione e “pesa” una diversità di studi pregressi – 11 trial randomizzati di alta qualità metodologica. I risultati possono essere riassunti così: un aumento del colesterolo “buono” (Hdl) del 5%, che bilancerebbe un aumento dell’8% del colesterolo Ldl (quello “cattivo”) in ragione anche di particelle più grandi e meno dannose per le arterie dello stesso.

Tali risultati sarebbero in tutto confrontabili con quelli ottenuti dalla supplementazione di circa 4 grammi di acido docosaesanoico (DHA). Tra gli altri effetti positivi mostrati, la riduzione della pressione sanguigna, l’aggregazione delle piastrine, la diminuzione delle citochine pro-infiammatorie, la stabilizzazione del battito cardiaco.

Tra i vantaggi possibili della coltura di alghe, l’alta efficienza nell’uso delle risorse, la rapidità della crescita, anche se al momento i costi produttivi sono circa tre volte maggiori di quelli degli omega 3 da pesce. Nell’attesa che le economie di scala diventino una realtà, vi è però un’altra coltura promettente al fine di produrre i preziosi omega 3: sono i semi di lino, da cui a freddo si estrae un olio ricchissimo di omega 3 vegetali (Ala), che costituiscono ben il 50% dei grassi presenti.

Sebbene si stima che l’organismo umano converta solo una parte (1/10) degli ALA (Acido linolenico) in omega 3 equivalenti a quelli del pesce, con un tenore così elevato di partenza si riesce, entro una dieta varia e bilanciata, ad assumere su base giornaliera l’equivalente di 1-2 grammi di EPA/DHA (ad esempio, tramite 2 cucchiai a crudo di tale olio). 

In base poi ai Valori Dietetici di Riferimento (DRV) pubblicati dall’authority Europea per la Sicurezza Alimentare nel 2010, l’assunzione di 250 mg al giorno di acidi grassi omega-3 a catena lunga negli adulti può ridurre il rischio di cardiopatie. E per chi vuole rimanere sul pesce, meglio se nazionale, la trota iridea rappresenta l’alternativa nostrana al salmone (in effetti presenta somiglianze con il genere Salmo), particolarmente ricca di omega 3. SI consiglia di mangiare anche la pelle, proprio per la ricchezza di grassi “buoni”.

In particolare, ricordiamo che in etichetta o in pubblicità, su base volontaria potranno essere usate le indicazioni “fonte di omega 3” oppure anche “ricco di omega 3”. L’indicazione che un alimento è fonte di acidi grassi omega-3 è consentita solo se il prodotto contiene almeno 0,3 g di acido alfa-linolenico per 100 g e per 100 kcal oppure almeno 40 mg della somma di acido eicosapentanoico e acido docosaesaenoico per 100 g e per 100 kcal.

L’indicazione che un alimento è ricco di acidi grassi omega-3 è consentita solo se il prodotto contiene almeno 0,6 g di acido alfa-linolenico per 100 g e per 100 kcal oppure almeno 80 mg della somma di acido eicosapentanoico e acido docosaesaenoico per 100 g e per 100 kcal. Intanto la Commissione Europea sta finanziando alcune ricerche volte proprio alla produzione di omega 3 da alghe. Insomma, presto si saprà di più sulla fattibilità ed economicità del progetto.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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