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Batterio killer, il Parlamento europeo chiede nuove misure e l’origine in etichetta

Dopo l’epidemia da Escherichia Coli, un’etichettatura di origine chiara non può ulteriormente essere rimandata: i consumatori devono sapere da dove viene il cibo che comprano. E’ questa l’opinione generale degli eurodeputati del Parlamento Ue, che in questi giorni di emergenza da batterio killer si è schierato a favore di una maggiore informazione e trasparenza sui prodotti alimentari.

“Non è normale andare fuori per una insalata e morire” ha corso denunciato la laburista inglese Linda McAvan, riferendo che la presidenza ungherese starebbe resistendo alla richiesta di procedere con l’etichettatura di origine nei negoziati sulla bozza di regolamentazione che disciplina le informazioni ai consumatori. Ma anche altri relatori hanno chiesto indicazioni più chiare sull’origine dei prodotti.

E’ stato ad esempio sottolineato come, proprio in ragione della mancanza di una tracciabilità chiara, in Austria il 75% del mercato ortofrutticolo sia collassato. Nel corso del processo della proposta legislativa, i parlamentari europei hanno pure chiesto di estendere l’etichettatura di origine a carne e pesce, anche quando essi sono utilizzati nella lavorazione di alimenti trasformati.

E’ necessario dunque che il Parlamento europeo mantenga la propria posizione nei negoziati  attualmente in corso con il Consiglio, coscienti del fatto di rappresentare la volontà dei consumatori europei di essere informati sull’origine dei prodotti alimentari che acquistano, trasformati e non.

Tra le altre richieste, anche un approccio più coordinato e una revisione del sistema europeo di allerta rapido (Rasff), che è stato all’origine della crisi e dei costi addossati alla Spagna. Ma il Commissario alla Salute Ue John Dalli ha sostenuto che il Rasff non va radicalmente modificato, visto che proprio in questo caso ha portato all’individuazione del problema. In generale, la Germania è stata fortemente criticata, sia perché si tratta della seconda emergenza nel giro di un semestre, sia perché è inammissibile che ad un mese dallo scoppio della crisi si sappia ancora così poco sull’origine della contaminazione; sotto accusa il sistema tedesco che – con 3 ministeri federali responsabili e 16 stati (länder) – ha creato molta confusione.

L’Europa ha sicuramente bisogno di un sistema più moderno e di una comunicazione pubblica migliore. Dopo 10 anni dalla General Food law qualcosa va rivisto. Ma siamo sicuri che la colpa sia soltanto del sistema dei controlli? La crisi tedesca della diossina insegna: i tedeschi hanno adottato una lista di materie prime che possono essere usate nei mangimi mentre l’Europa non è intervenuta legislativamente sulle disposizioni  riguardanti l’alimentazione degli animali.

Intanto, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha diramato il suo parere, che mescola aspetti di valutazione a consigli di gestione del rischio. Tra gli aspetti delicati, il fatto che tradizionalmente l’E. Coli con tossine Shiga non sarebbe particolarmente resistente agli antibiotici mentre, in questo caso, la variante sarebbe resistente ad almeno 14 antibiotici.

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