il Punto Coldiretti

Dolly “compie” 12 anni, il rischio è che finisca nel piatto

A distanza di 12 anni dall’annuncio dell’avvenuta clonazione del primo mammifero, con la nascita della pecora Dolly, il rischio concreto è che latte, formaggi e carne provenienti da animali clonati possano finire nel piatto. E’ quanto afferma la Coldiretti nel ricordare che il 22 febbraio del 1997, gli scienziati del Roslin Institute in Scozia, a pochi  chilometri da Edimburgo, avevano annunciato la nascita della pecora Dolly.

Oggi è possibile clonare un animale con una spesa variabile tra i diecimila e i quattordicimila euro e la tecnica riguarda già molti animali da allevamento dalle pecore ai maiali, dai tori ai cavalli, con sperimentazioni effettuate anche in Italia con il toro Galileo, la cavalla Prometea e anche con un muflone selvatico.

In Europa il dibattito sull’uso a scopi alimentari di prodotti derivanti da animali clonati ha portato la Commissione ha esprimere lo scorso gennaio la volontà di ”mantenere lo status quo, ossia la situazione attuale”, che vieta la clonazione degli animali a fini alimentari. Si tratta di un risposta coerente alla contrarietà già espressa dai cittadini europei ed italiani che in maggioranza assoluta – secondo l’ultima indagine di Eurobarometro – bocciano la possibilità che latte, formaggi e carne provenienti da animali clonati arrivino sulle tavole per motivi ambientali, etici, sanitari ed economici, avendo peraltro ben chiaro il significato della nuova tecnica.

Il 79 per cento degli italiani conosce infatti in cosa consiste la tecnica della clonazione animale, ma ritiene che siano chiari gli effetti di lungo periodo sulla natura (81 per cento), che potrebbe compromettere la biodiversità (63 per cento), che causi sofferenza agli animali (52 per cento) e che sia moralmente sbagliata (69 per cento). Il 64 per cento ritiene pertanto che la clonazione a fini alimentari non sarebbe mai giustificabile con la maggioranza dei cittadini che non comprerebbe mai latte o carne da animali clonati e per questo il 78 per cento ha dichiarato che un sistema di etichettatura dovrebbe essere reso obbligatorio qualora fossero venduti prodotti derivati dalla progenie di animali clonati.

La situazione è diversa negli Stati Uniti dove, dopo il via libera della Food and Drug Administration (FDA), il divieto volontario per la vendita di carne e latte è stato mantenuto per gli animali clonati, ma non per la loro prole che allevatori hanno già inviato alla normale macellazione ed è quindi entrata nella catena alimentare statunitense, secondo un recente articolo del Wall Street Journal che riferisce della diffusa opposizione dei cittadini che hanno inviato ben 150mila lettere di protesta alla FDA.

Il rischio è che in assenza dell’obbligo di etichettatura il cibo clonato potrebbe aver varcato le frontiere ed essere giunto anche in Europa all’insaputa dei consumatori e delle Autorità di controllo. Per questo è particolarmente importante la rassicurazioni della Commissione Europea che evidenzia la volontà “di estendere la discussione ad altri partner: dal Canada al Giappone fino agli Usa, che stanno applicando una moratoria volontaria”.

La commercializzazione di carne, latte e formaggi proveniente da animali clonati è un rischio inaccettabile che oltre ad un problema di scelta consapevole da parte dei consumatori e di rispetto della biodiversità pone evidenti perplessità di natura etica che occorre affrontare prima che sia troppo tardi.

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