il Punto Coldiretti

Made in Italy a tavola senza tutela con l’accordo Ue-Giappone

Il Ceta ha fatto una pessima scuola. L’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Giappone ricalca infatti le condizioni dell’intesa con il Canada e apre la via sul mercato nipponico ai falsi prodotti agroalimentari. Via libera dunque al Grana, al Parmesan, all’Amarone, al Greco di Tufo e a molte altre specialità made in Giappone, così come non ci saranno tutele per pecorino, provolone o mortadella e per i prossimi sette anni anche per Asiago, Fontina e Gorgonzola.

L’intesa con il Giappone prevede infatti la protezione di appena 18 indicazioni geografiche italiane agroalimentari sul totale di 293 (appena il 6%) e 28 vini e alcolici sul totale delle 523 denominazioni di origine e indicazioni geografiche riconosciute in Italia (5%). Ma anche se per Grana padano, Pecorino Romano e Toscano, Provolone Valpadana, Mozzarella di bufala campana e Mortadella Bologna viene garantita la protezione del nome complessivo, potranno essere utilizzati comunque i termini individuali (ad es. Grana; Romano, Bologna, pecorino, mozzarella di bufala, ecc.).

Sul piano commerciale il trattato contempla l’esonero dei dazi per circa l’85% delle linee tariffarie concernenti i prodotti agroalimentari dell’Ue esportati in Giappone, per una percentuale pari all’ 87% dell’attuale valore delle esportazioni di prodotti agricoli.

In particolare i vini e i vini aromatizzati, che sono attualmente oggetto di una tariffa del 15%, saranno liberalizzati al momento dell’entrata in vigore, per i formaggi e i prodotti lattiero-caseari l’accordo fornirà la piena liberalizzazione delle tariffe per i formaggi a pasta dura (es. il parmigiano, fontina) con i dazi doganali fino al 28,9% che saranno eliminati in un arco di tempo di 15 anni mentre un contingente tariffario garantirà un significativo accesso per gli altri come formaggi, come formaggi freschi e formaggi trasformati, tra cui mozzarella, formaggi a pasta erborinata come il gorgonzola.

L’accordo permetterà di realizzare la liberalizzazione di prodotti chiave come la pasta (in 10 anni) e derivati del pomodoro (5 anni) mentre per le carni suine la riduzione dei dazi fino al 40% (per i tagli di bassa qualità) e progressiva eliminazione dei dazi (per i tagli di qualità) e ci sarà un notevole miglioramento delle condizioni di accesso al mercato Ue per le esportazioni di carne bovina compreso il vitello con una riduzione tariffaria nel tempo, dall’iniziale 38,5 al 9 per cento.

Gravi criticità presenta anche l’accordo Ue – Singapore che protegge appena 26 prodotti a denominazione di origine italiana, 21 vini oltre alla grappa e prevede la possibilità di utilizzare termini contenuti in una denominazione (es. Grana), il nome di una varietà di uve utilizzate nel territorio dell’altra parte (es. Nebbiolo) e addirittura di non proteggere un’indicazione geografica dell’altra parte in presenza di un marchio “famoso, rinomato, ben conosciuto”.

“E’ inaccettabile che il settore agroalimentare sia trattato dall’Unione Europea come merce di scambio negli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “si rischia di svendere l’identità dei territori e quel patrimonio di storia, cultura e lavoro conservato nel tempo da generazioni di agricoltori”.

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