Efsa, no a vanti salutistici non sorretti da studi sulla salute dell’uomo
A meno che non vi siano studi convincenti della salubrità sull’uomo di determinati alimenti, le aziende agro-alimentari non potranno vantare effetti positivi sulla salute degli alimenti stessi: questo il messaggio lanciato da un documento dell’Efsa ora sottoposto ai commenti delle parti interessate. Il testo relativo alla valutazione dei cosiddetti claim salutistici e nutrizionali (messaggi ed informazioni anche in etichetta e relative ad aspetti di salute di un cibo), che l’Agenzia intende discutere insieme agli stakeholders il prossimo primo giugno, dichiara che è necessario un legame di causa-effetto indubitabile tra alimenti e salute al fine di promuoverne supposte virtù. In particolare, il cibo/ingrediente deve essere ben definito; l’effetto preteso sulla salute deve essere benefico; deve esserci una relazione di causa-effetto tra consumo di alimento e esito di salute, per il gruppo di popolazione oggetto dello studio e sotto le condizioni d’utilizzo proposte. In questo modo, “se non vi sono studi a livello di popolazione umana (ma ad esempio, solo studi in vitro o su animali), la valutazione di Efsa sarà necessariamente negativa”. Ma l’Agenzia va oltre, considerando che il Panel Nutrizione, Dieta e Allergie (Nda) valuterà anche se: la quantità di alimento può essere consumata nell’ambito di una dieta bilanciata; se il messaggio di salute riflette l’evidenza scientifica; se il messaggio di salute risponde ai requisiti come depositati nei regolamenti europei, e nel caso, le specifiche condizioni/restrizioni di utilizzo. Nel documento viene inoltre reso noto l’approccio europeo, diverso da quello americano. Infatti sul mercato Ue l’evidenza non potrà essere “graduata”: non vi sono diversi livelli di evidenza rispetto alla quantità ed importanza delle ricerche effettuate sull’impatto positivo di salute di un alimento, ma la semplice presenza-assenza del vanto salutistico. Un approccio rigido, insomma. Negli Usa per contro, si possono usare formule come “Vi è una qualche evidenza scientifica che il consumo di “X” (ingrediente o alimento ) possa aiutare a “Y” (effetto sulla salute)” . Un approccio più possibilista quindi, che non taglia le gambe ad evidenze empiriche e a conoscenze tradizionali circa il corretto uso di alcuni alimenti da parte della popolazione nel corso dei secoli. Coldiretti farà pervenire propri commenti ed integrazioni al documento per tutelare al meglio le proprie imprese e consentire un bilanciamento tra gli interessi delle grandi multinazionali e le Pmi agroalimentari nella loro capacità di innovare. |
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