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Fao: aumentano i terreni erosi, produttività affidata all’agricoltura sostenibile

E’ stato appena pubblicato dalla Fao il rapporto Solaw 2011 (The State of the World’s Land and Water Resources for Food and Agriculture), che rileva la situazione delle acque e delle terre emerse nel mondo in funzione dell’agricoltura e della produzione di cibo. Ne emergono elementi di preoccupazione: la capacità produttiva dell’agricoltura del pianeta sarebbe a rischio per il verificarsi di una serie di fattori congiunti che, negli ultimi decenni, vanno dalla pressione demografica alla sottrazione di suolo agricolo. Inoltre, si legge nel rapporto, “nessuna regione mondiale è immune dai rischi: dagli altopiani andini fino alle steppe dell’Asia centrale, dal bacino del fiume australiano Murray–Darling fino alle pianure centrali degli Usa”.

Dallo studio emergono pure i rischi di collasso di alcune agricolture europee in diretta concorrenza con quella italiana – come quella spagnola – che magari nel breve periodo hanno garantito qualche centesimo in meno di costi produttivi, ma al prezzo altissimo dell’erosione del suolo fertile, dell’inquinamento diffuso, della perdita di biodiversità e della scarsità idrica. Non è infatti un mistero che, ad esempio, tutta la Costa del Sol abbia fatto un ricorso eccessivo all’agricoltura industriale ed intensiva per abbattere i costi. I profeti delle economie di scala e di aggregazione dovranno quindi almeno in parte ricredersi.

Su scala globale, la lotta per l’acqua e per la terra (anche nella forma del land grabbing) è già iniziata da tempo, e si acuirà verosimilmente nei prossimi anni: la competizione per usi urbani ed industriali o invece agricoli sarà forte, sia per quanto riguarda l’acqua che il suolo. A questo bisogna aggiungere la competizione tra cibo ed energia (food or fuel) come destinazione d’uso delle risorse. Ma le cose potrebbero essere ancora complicate dal cambiamento climatico e in particolare dal global warming: temperature più elevate unite a fenomeni estremi (inondazioni, siccità, maggiore intensità degli uragani) mettono seriamente a rischio la sostenibilità dell’ecosistema.

Se è vero che, in base alle previsioni attuali, ci saranno 9 miliardi di persone sulla Terra nel 2050, si capisce allora che sarà necessario intervenire presto ed in particolare nei paesi in via di sviluppo, dove la qualità delle terre e dell’acqua sono maggiormente a rischio. Un dubbio che attanaglia i policy makers e i ricercatori riguarda poi un semplice dato: se negli ultimi 50 anni la superficie coltivata è aumentata mediamente del 13% ma la produzione è cresciuta del 150%, la Rivoluzione Verde ha evidentemente messo molta pressione sui suoli, depauperandone l’humus ed esaurendone la capacità produttiva. Che è stata di volta in volta recuperata grazie ad un aumento dei fertilizzanti usati.

Ma potrebbe non essere più sufficiente. La fragilità di questi sistemi agricoli implica un grosso azzardo sulla popolazione mondiale in particolare dei paesi più poveri e con maggiori problemi di accesso al cibo. Un azzardo che va limitato e contenuto. Ma i livelli di crescita della produttività sono ormai ad un punto di flesso. I rendimenti cominciano ad essere decrescenti, quindi al di fuori di un ottimo di efficienza: la crescita di produttività è circa la metà di quella che si è avuta all’apice della Rivoluzione Verde.

Per la prima volta in assoluto, la Fao predispone una valutazione globale delle risorse del nostro pianeta. Circa un quarto delle terre emerse risultano altamente degradate, e un altro 8% sono moderatamente degradate, un 36% sono stabilmente o leggermente degradate; solo un 10% risultano in stato di miglioramento. Dovendo aumentare del 70% la produzione mondiale di cibo in risposta all’aumento della popolazione al 2050, si ritiene che tale crescita verrà prioritariamente in terre già usate ai fini agricoli, con la conseguente adozione di pratiche agricole più sostenibili e maggiormente rispettose dell’ambiente e dei cicli produttivi stessi.

La Fao conclude stimando che per il 2050, con una richiesta di un 70% in più di cibo da produrre, serviranno almeno un ulteriore miliardo di tonnellate di cereali e 200 milioni di tonnellate di alimenti di origine animale all’anno. La crescita della produzione agricola e di cibo dovrà allora essere maggiore di quella della popolazione e ben 4/5 dei guadagni produttivi verranno dalle terre agricole attualmente utilizzate, con un migliore uso delle risorse terrestri e acquatiche disponibili.

Intanto l’agricoltura europea è a un bivio: se da una parte ci sono sistemi agricoli che hanno puntato sul biologico, sull’agricoltura a lotta integrata e a basso impatto ambientale, come l’Italia, è anche vero che le esigenze di tutela ambientale vanno contemperate dalla necessità di continuare a produrre. Si tratterà quindi di capire come le cosiddette misure di “greening” previste nei regolamenti legislativi di attuazione della nuova Politica agricola comune potranno essere adottati, considerando anche le specificità di paesi come il nostro, che ha il più alto numero europeo di aziende biologiche (43.029) per 1,11 milioni di ettari complessivi, che rappresentano il 10,4% della superficie agricola utile totale.

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