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Il cambiamento climatico erode anche il Pil

L’impatto del cambiamento climatico su cibo, acqua e nutrizione: su questo tema si sono confrontati recentemente a Roma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Ufficio Europeo), l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per gli Alimenti e l’Agricoltura (Fao) insieme al Ministero del Lavoro, Salute e Affari Sociali.

Il seminario rientrava nell’agenda della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, dedicata al tema le sfide del cambiamento climatico e della bioenergia, e rispondeva allo studio Fao su Cambiamento climatico: Implicazioni di sicurezza alimentare e Impatto del cambiamento climatico su bioenergia e nutrizione pubblicato quest’anno.

Recenti proiezioni indicano che il cambiamento climatico farà aumentare la malnutrizione e la mancanza di sicurezza alimentare ed idrica. Ma la vera notizia sono gli effetti sulla food security nel cuore del nostro Continente: saranno soprattutto i paesi dell’Europa dell’Est (in cui 60 milioni di persone attualmente vivono in povertà) a pagarne le conseguenze.

Alcune stime fanno pensare che entro la fine di questo secolo si possa arrivare ad avere fino al 5% del Pil eroso dal cambiamento climatico, anche tramite peggioramento dell’alimentazione e delle condizioni generali di salute. Un effetto che va debitamente considerato: il cambiamento climatico è provocato dai ricchi paesi industrializzati, ma i costi sono scaricati sui paesi che già versano in difficoltà economiche. Equità e salute sono allora al centro del dibattito.

Il cambiamento climatico, inoltre, potrà impattare notevolmente non solo sulla disponibilità di cibo, ma anche sulla sua sicurezza: infatti, l’uso di maggiori quantità di fitosanitari e sostanze chimiche in risposta al cambiamento – o lo sviluppo di patogeni (come le micotossine) – in modo meno facilmente controllabile rappresentano una sfida reale ai sistemi a garanzia della sicurezza alimentare come fin qui si sono sviluppati.

Anche la distribuzione delle patologie delle piante e degli animali potrebbe subire delle variazioni: i recenti focolai epidemici di  “lingua blu” in Europa settentrionale – un’area precedentemente non colpita dalla malattia – potrebbero essere un indicatore di quello che accadrà in futuro. Le infezioni da Salmonella spp. aumentano del 5–10% per ogni grado di aumento della temperatura settimanale, per temperature ambiente al di sopra dei 5 ºC. Il caldo favorisce anche problemi nella refrigerazione e la comparsa di mosche ed altri insetti. Le zoonosi (malattie che si trasmettono dagli animali vertebrati all’uomo) potrebbero subire l’effetto del cambiamento climatico: in alcune aree questo potrà causare l’insorgere di nuove malattie.

L’Efsa stessa potrebbe essere chiamata a fornire pareri scientifici circa i nuovi rischi alimentari all’orizzonte e ,del resto, ha appena costituito una unità per la valutazione del rischio in modo da esprimere il più rapidamente possibile pareri sui rischi sanitari emergenti.
Il direttore generale dell’Oms per l’Europa ha subito chiarito che se un’azione è sicuramente necessaria, la domanda da porsi è quale tipo di azione.

“Prima agiremo, maggiori saranno i benefici e minori i costi”. Mentre Ezzeddine Boutrif – Direttore della Divisione Nutrizione e Protezione dei Consumatori, Fao – ha sottolineato la presenza di vari anelli della catena alimentare, e di vari fattori da considerare (tra salute umana, vegetale ed animale, l’ambiente e l’igiene alimentare) insieme rendono necessaria una presenza forte e coordinata.

Il Direttore del Dipartimento di Sicurezza Alimentare e Nutrizione del Ministero del Lavoro, Salute e Affari Sociali Silvio Borrello ha detto che “il Ministero attribuisce grande importanza alla questione del cambiamento climatico e i suoi impatti sanitari su cibo, acqua e nutrizione.

Più in particolare, vorremmo attirare l’attenzione sulle possibili conseguenze sulla salute umana dell’ingresso o presenza nei nostri paesi di vettori di malattie e sul possibile manifestarsi di malattie tipiche di altri climi. Inoltre vorremmo porre l’accento sui potenziali rischi per la salute animale con possibili ripercussioni sulla produzione e sulla sicurezza alimentare”.

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