La crema di burro non può essere venduta sotto il nome “burro”
Sentenza storica della Corte di Giustizia Ue, che con il caso T-51-14 ha fornito un’interpretazione di cosa vada considerato burro a tutti gli effetti e cosa invece no. La sentenza, che armonizza un aspetto controverso, va a incidere sul campo di prodotti che seguono le norme di commercializzazione (e produzione) del paese di produzione. La Corte ha ritenuto che la “Pomazánkové máslo”, considerata nella Repubblica Ceca come “crema di burro”, si distanzi in modo significativo dal burro vero e proprio, quale definito nella Organizzazione Comune di Mercato. Ciò rende inutilizzabile il nome commerciale “burro” nella denominazione dell’alimento. La richiesta ceca andava nel verso di proteggere come Specialità Tradizionale Garantita la Pomazánkové máslo”, cosa negata dalla Corte in quanto in espresso contrasto dalle norme di commercializzazione sul burro. Questo, infatti, può essere considerato tale solo in presenza di determinati parametri: il contenuto di grasso non può essere inferiore all’80 per cento e non superiore al 90 per cento; il contenuto di acqua deve al massimo essere del 16 per cento e un massimo del 2 per cento di materia secco non grasso. er contro, il prodotto ceco aveva parametri diversi, con un contenuto di grasso del 31 per cento, di acqua fino al 58 per cento e materia secca per un minimo del 42 per cento. Una sentenza che pone fine quindi alla concorrenza sleale posta da prodotti “similari”, che confondevano il consumatore circa le reali caratteristiche qualitative del burro, in un periodo storicamente delicato per il settore lattiero caseario in Europa. |