il Punto Coldiretti

Le Dop aprono ai cinesi ma ora serve tutelare il made in Italy

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Regolamento (UE) n.1041/2012 della Commissione, che ha iscritto nel registro delle Dop e Igp il prodotto Pinggu Da Tao Dop, una varietà di pesca coltivata nelle montagne Yanshan in Cina.

Nel registro europeo, che annovera 1.094 prodotti Dop e Igp (di cui 245 italiani)  e 38 Stg (2 italiani) salgono così a nove i prodotti cinesi iscritti:  Jinxiang Da Suan Igp (aglio);  Guanxi Mi You Dop (tipo di agrume); Lixian Ma Shan Yao Igp (tubero detto igname);  Longjing cha Dop (thé); Shaanxi ping guo Dop (mela); Longkou Fen Si Igp (vermicelli); Zhenjiang Xiang Cu (aceto); Yancheng Long Xia (gambero);  Pinggu Da Tao (pesca). A questi si aggiungerà probabilmente il “Dongshan Bai Lu Sun”, un tipo di asparago, per il quale è stata presentata domanda di registrazione.

Sebbene possa sembrare strano agli occhi di un consumatore europeo trovare il logo rossoblu della Dop o gialloblu della Igp su un prodotto non comunitario, si tratta di una possibilità prevista dal regolamento n.510 del 2006, su richiesta dell’Organizzazione mondiale del commercio, a condizione che siano rispettati tutti i requisiti previsti per questo tipo di riconoscimento (il legame storico e la specificità dell’ingrediente), e a patto che tali  denominazioni siano già protette nel paese di origine.

Questa possibilità viene oggi riconfermata anche nel nuovo regolamento sui sistemi di qualità, approvato lo scorso 13 novembre, allo scopo di evitare di creare condizioni di concorrenza sleale per ogni produttore, anche di un paese terzo.  Di conseguenza, uguale sarà anche la tutela di cui  godranno su tutto il territorio europeo.

Il primo prodotto dei paesi terzi ad iscriversi nel registro europeo è stato il Caffè di Colombia Igp; per quanto riguarda la Cina, è  stato siglato un accordo con l’UE con il quale i due  firmatari si impegnano a riconoscere reciprocamente 10 dei rispettivi  prodotti a denominazione di origine all’interno del proprio territorio,  proteggendoli quindi da eventuali usurpazioni.

L’aspetto positivo di questo accordo di mutuo riconoscimento tra Ue e Cina è senz’altro la possibilità di proteggere i nostri prodotti Dop e Igp in questo importante mercato di sbocco che si sta aprendo alle esportazioni comunitarie. Ma occorre che alla base delle aperture del mercato verso i Paesi terzi ci sia una reale reciprocità di condizioni – sia per le esportazioni comunitarie che per la sicurezza alimentare dei prodotti importati – senza la quale si alimentano nuove asimmetrie sul piano della competitività.

Ad esempio, proprio la Cina, con un immenso territorio, una ricchissima biodiversità ed una storia di 5.000 anni, può trovare sul mercato europeo uno  sbocco notevole per i suoi prodotti tradizionali veri o supposti tali (come nel caso del riconoscimento dell’aglio cinese Igp, contestato dai produttori italiani, spagnoli e francesi circa i requisiti di qualità, di legame con il territorio e di reputazione previsti dalla normativa Ue).

Se poi a tutto questo si aggiunge che il sistema dei controlli, secondo il regolamento europeo, si basa su un principio di “equivalenza”, il consumatore potrebbe essere attratto ad acquistare prodotti che hanno lo stesso logo di qualità europeo, ma che hanno origini e controlli diversi. La Commissione e gli Stati membri dovranno porre la massima attenzione affinchè questi prodotti siano perfettamente riconoscibili dal consumatore attraverso una etichettatura chiara, non fuorviante, che non consenta alcun dubbio (o addirittura inganno) circa la sua reale provenienza.

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