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Legislazione Europea e sanzioni nazionali, serve un’armonizzazione

L’alimentazione è storicamente uno dei primi settori soggetti a normativa europea armonizzata, con delega alla Commissione e un ricorso crescente a regolamenti che, a differenza delle direttive, sono immediatamente applicabili negli Stati membri. Tuttavia, a seguito dell’ “horsegate”, la carne di cavallo spacciata per manzo, mai così stridente è apparso il contrasto tra prescrizioni Ue e reale applicazione a livello nazionale. Sanzioni incluse. Quel che ne emerge è una Europa a diverse velocità, a seconda dell’armonizzazione degli aspetti sanzionatori e più in genere, dei reali controlli. Responsabilità dei quali è affidata agli Stati membri. Insomma, diversi standard rischiano di mandare all’aria quell’idea di Mercato Interno unico tanto cara alla Commissione.

Norme uguali e controlli-sanzioni diversi rischiano così di far rientrare dalla finestra problematiche che si volevano risolte. I punti sul tavolo sembrano allora due, e sono complementari: armonizzazione, da un lato, e inasprimento dei controlli-sanzioni dall’altro. La Commissione Europea d’altronde, per bocca del Commissario alla Salute e Consumatori Tonio Borg, ha afferrato il nocciolo della questione e si è dichiarata a rendere “più severi i controlli”e “più proporzionate le sanzioni”, in un nuovo quadro Ue armonizzato.

Ma qual è la situazione nei vari paesi? In Francia  il Ministro per i Consumatori Benoit Hamon è corso ai ripari, dichiarando che il governo stia considerando un aumento delle sanzioni massime fino a coprire il 10% del giro d’affari dell’impresa che ha infranto le regole commettendo frode in commercio, ed escludendo in via permanente dall’attività commerciale chi sia stato trovato colpevole. Il prossimo aprile verrà presentato un nuovo disegno di legge sulla tutela dei consumatori. Attualmente, chi commette frode in commercio rischia meno di chi ruba una confezione di lasagne al supermercato: una pena di 2 anni di reclusione e un massimo di 37 mila euro di multa. Troppo poco, secondo il Ministro.

In Italia, la reclusione viene scontata su un orizzonte temporale analogo (sempre due anni), ma la multa è decisamente più bassa: in base all’articolo 515 del Codice Penale infatti, in caso di condanna la sanzione è fino a euro 2.065 (e oltretutto può essere permutata). Vi è inoltre la possibilità della sospensione dell’attività di vendita per 5 anni, o in taluni casi, addirittura, la revoca della possibilità di esercitare attività di vendita o somministrazione nel corso di tutta la vita.

In ogni caso, vale ricordare come nello scandalo della carne di cavallo sia ben presto iniziato il gioco dello scaricabarile tra fornitori posti a diversi livelli della catena alimentare. Questo non aiuta nell’addossare chiare responsabilità ad un attore economico piuttosto che ad un altro. La maggior parte infatti dei  “partecipanti” a queste filiere lunghe ha negato di essere a conoscenza della frode che essi stessi avrebbero subito.

In tale ottica l’indicazione dell’origine (richiesta da più paesi europei, come Francia, Italia, Germania, Austria e Portogallo) renderebbe più facilmente smascherabile – e quindi onerosa – la falsificazione: imponendo un approccio più trasparente, rendendo visibile il produttore –allevatore. E consentendo un incrocio di dati comunque interessante, con un maggiore onere della prova per chi decida di mentire deliberatamente.

Ora il Parlamento Europeo ha chiesto un coinvolgimento più attivo della Commissione nel sistema dei controlli al fine di assicurare sia un numero minimo di ispezioni, sia un follow up. Le uova “finte” biologiche vendute in Germania rappresentano l’ennesima ferita ad una governance della sicurezza alimentare che a livello degli Stati membri deve poi fare i conti con i tagli alla spesa pubblica. Ma Borg ha in ogni caso scartato l’ipotesi di una Agenzia Ua sui controlli, complementare a quella sulla valutazione del rischio (Efsa). Nello stesso tempo, la revisione del sistema dei controlli, che è già in corso (reg. 882/2004) non potrà non tenere conto della crisi emersa. Sarà importante non aumentare costi dei controlli sugli agricoltori e allevatori, che non sono responsabili delle crisi alimentari emerse e hanno già pagato in immagine e fiducia da parte di consumatori sempre più scettici.

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