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L’Europa si interroga sulla percezione della sicurezza alimentare

Nell’ambito della strategia “Europa 2020”, che delinea gli obiettivi di crescita e sviluppo della Ue a 27, i consumatori hanno un ruolo chiave nel rivitalizzare il mercato, compiendo scelte consapevoli e favorendo un giusto grado di concorrenza tra le imprese, premiando le più virtuose ed innovative. A loro volta, i mercati devono operare nell’interesse dei consumatori, fornendo prodotti sicuri e adeguati. Ma è sempre così? E qual è la percezione dei consumatori, in particolare sul cibo, tema da sempre in grado di catalizzare un elevato livello di attenzione, sia in positivo che in negativo?

La percezione della sicurezza degli alimenti in Europa sembrerebbe infatti molto variegata e diversificata, a seconda dello Stato Membro di provenienza. Se il 56% dei romeni, il 53% dei lituani ed il 47% dei greci ritiene “non sicuri” la maggior parte degli alimenti in circolazione, la media Ue è per fortuna più bassa, con “solo” il 22% dei cittadini intervistati che riportano simili dubbi sulla salubrità degli alimenti. Le nazioni ove maggiore è la percezione della sicurezza sono Regno Unito (6% di “scontenti”) e Finlandia (3%). Ma come si confrontano questi dati rispetto all’indagine Efsa del 2010? In base alla survey di Efsa, a considerare il cibo fonte di grande preoccupazione erano il 45% dei romeni (-11% su Eurobarometro), il 42% dei lituani (-11%) ed il 44% dei greci (-3%), ma ai primissimi posti svettavano la Spagna (54%), la Svezia ed il Regno Unito (47%), la Bulgaria (45%), mentre gli italiani (40%) erano nel gruppetto di paesi “mediani”, insieme ad esempio alla Francia (38% dei cittadini).La Finlandia (3% anche qui) si conferma paese poco preoccupato del cibo, ma solo in risposta ad una maggiore e pregressa necessità di “preoccuparsi” della sicurezza alimentare come aspetto centrale (49% dei cittadini).

I dati sono chiari e sicuramente anche la percezione di sicurezza riflette da un lato una legittima fiducia nel sistema dei controlli e produttivo in genere, dall’altro una sensibilizzazione culturale e “soggettiva” maggiore sul tema che può implicare una maggiore sicurezza alimentare reale.

Dalla ricerca Ue emergono comunque altri aspetti interessanti. Ad esempio, soltanto il 15% dei consumatori comunitari acquista cibo on-line, contro il 57% di libri e musica. La natura deperibile dei prodotti ma soprattutto la necessaria presenza di un legame fiduciario con il venditore o produttore determinano questa percentuale così bassa. Gli italiani sono quelli che ha una maggiore sfiducia nella rete anche per quel che riguarda ciò che non è cibo: solo il 15% effettua acquisti via web.

Una ulteriore parte del rapporto si occupa della pubblicità ingannevole e fuorviante: fenomeno che non conosce tregua e anzi, sarebbe in aumento. Il 46% dei cittadini comunitari ha riportato infatti pratiche sleali di questo tipo (con una crescita percentuale di 4 unità rispetto all’edizione passata del rapporto). In genere, rileva il rapporto, le condizioni applicate ai consumatori sono diseguali negli Stati membri, e peggiorative nei paesi dell’Est e del Sud Europa. La nuova normativa Ue sulle informazioni sugli alimenti – il Reg. 1169/2012 – dovrebbe contribuire a creare un mercato migliore, con informazioni in pubblicità ed etichetta degli alimenti non ingannevoli o contraddittorie.

Sempre in base al Rapporto della Commissione Europea, l’Indice di Funzionamento di Mercato (in grado di rilevare eventuali anomalie di funzionamento nel mercato interno rispetto a determinati prodotti e servizi, come percepite dai consumatori), mostra che pane e cereali sono peggiorati dall’anno scorso (ma non in Italia). Così pure la frutta e verdura (-0,6%, -0,4% in Italia), la carne (-0,2%, Italia -1,3%), le bevande alcoliche (-0,3%, ma -2,5% in Italia) e quelle non alcoliche (+1,1% in Europa, ma -2,0% in Italia). Tuttavia, sembrerebbe per i consumatori abbastanza facile confrontare alimenti nelle categorie sopra indicate, e questo dovrebbe favorire un buon livello di concorrenza nei rispettivi mercati. Sebbene la fiducia nei dettaglianti dei prodotti alimentari sia abbastanza alta, per frutta e verdura il dato peggiora sensibilmente, dimostrando la necessità semmai di nuove relazioni di vendita e prodotti di maggiore qualità, come ad esempio la vendita diretta.

Proprio la settimana scorsa è stato pubblicato uno studio delle autorità antitrust nazionali dell‘Ue che si occupano dei mercati dei prodotti alimentari, comprensivo dei casi indagati dal 2004 ad oggi. 180 le sanzioni comminate, ma in genere i controlli hanno funzionato, garantendo la concorrenza e la tutela dei consumatori anche dopo l’impennata dei prezzi alimentari verificatasi dal 2007. Diverso il grado di infrazioni per prodotto e per filiera, anche a seconda dei paesi (prese circa 1.300 decisioni su concentrazioni e realizzate oltre 100 azioni di monitoraggio). Sono stati vietati oltre 50 cartelli per la fissazione dei prezzi, la ripartizione dei mercati e dei clienti e lo scambio di informazioni commerciali sensibili e sono state messe al bando le pratiche di esclusione nei riguardi di agricoltori e fornitori concorrenti.

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