il Punto Coldiretti

Mangimi, la proposta di regolamento Ue non dà garanzie agli allevatori

La proposta di modernizzazione e semplificazione delle norme in materia di circolazione e uso dei mangimi recentemente presentata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione contiene molti elementi di novità e di rottura rispetto al presente. Se la finalità è quella di rendere l’industria europea dei mangimi più competitiva, la proposta ha però il difetto di diminuire la trasparenza informativa tra gli operatori della filiera e le garanzie date agli allevatori circa i mangimi stessi.

Lista ingredienti, etichetta e proprietà intellettuale. Uno dei punti più delicati della normativa riguarda proprio l’elenco delle materie prime da indicare obbligatoriamente in etichetta. Come stabilito all’articolo 17, c’è l’obbligo di indicare le materie prime in ordine decrescente di importanza ponderale, ma non quello di specificare la percentuale. Tale indicazione – che anzi rimane facoltativa e su richiesta di chi acquista il mangime – può prevedere margini di incertezza di circa il 15%, per tutelare il segreto industriale della composizione del mangime stesso. Infatti, le informazioni sulla composizione precisa possono essere comunque negate dal produttore nel caso la si ritenga riservata sul piano commerciale. In questo modo l’etichetta non diventa uno strumento di reale trasparenza verso chi acquista, e non permette di effettuare confronti tra più prodotti nel loro reale pregio qualitativo. La minore informazione stimolerebbe insomma gli operatori a fornire il prodotto qualitativamente più scarso e privo degli ingredienti più costosi. Non sembra che rifarsi alla promozione di codici di buona prassi per l’etichettatura su base volontaria (articolo 26) possa colmare il vuoto aperto dalla questa proposta normativa.

Il paradosso è che si riconosce l’efficacia delle azioni intraprese per limitare il ripetersi di fenomeni come Bse e diossina, ma nello stesso tempo si considera – non si sa bene come – “scaduto” il tempo per una legislazione cautelativa. Il varco per nuove crisi alimentari e zootecniche sembra quindi garantito. Inoltre, è prevista un’ulteriore misura che allenta i cordoni della sicurezza per i cibi per animali non destinati alla produzione di alimenti: questi possono recare in etichetta – al posto delle materie prime specifiche contenute – un riferimento a macro-categorie, stabilite dall’elenco depositato dalla Commissione Europea (art. 17).

Additivi. Da un punto di vista informativo, si aumenta la poca chiarezza dell’informazione verso gli acquirenti dei mangimi: in base al nuovo regolamento, così come proposto, gli additivi vanno indicati in etichetta solo a determinate condizioni (qualora sia previsto un tenore massimo di presenza degli stessi), previste in un Allegato (art. 15, norme generali in materia di etichettatura). Viene poi introdotto il principio per cui “i mangimi complementari non contengono additivi in percentuali 100 volte superiori alla concentrazione massima autorizzata nei mangimi completi o 5 volte superiori nel caso dei coccidiostatici e degli istomonostatici” (art. 8). Ciò cambierebbe il quadro italiano dove, in base al Dpr 2001 n.433, i mangimi complementari e completi non differiscono circa il tenore di additivi consentiti. Inoltre, in base alla Circolare del Ministero della Salute n.2 del 4 luglio 2002, i tenori massimi dei mangimi complementari possono al massimo arrivare a 5 volte quelli dei mangimi completi; qualora si ecceda questa soglia, sono considerati “premiscele” e vanno consentiti solo previa registrazione a norma del Dl 123/1999.

Aspetti di etichettatura. Un punto importante riguarda il preambolo (20), in base al quale “La direttiva 2002/32 CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 maggio 2002 relativa alle sostanze indesiderabili nell’alimentazione degli animali non disciplina l’etichettatura dei mangimi il cui tenore di sostanze indesiderabili è eccessivo. Occorre, pertanto, stabilire disposizioni adeguate”. Rimane quindi inalterato il vuoto normativo attualmente esistente.

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