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Ogm, i mangimi geneticamente modificati causano danni agli animali

I suini alimentati con mangimi Ogm soffrono di infiammazioni allo stomaco a livelli molto più acuti rispetto a quelli alimentati con mangimi non geneticamente modificati. A rivelarlo è uno studio condotto presso la Flinders University di Adelaide in Australia e pubblicato sulla rivista Journal of Organic Systems (JOS).

Per questa ricerca tossicologica, durata 22,7 settimane (il periodo di vita medio di un maiale destinato all’alimentazione dallo svezzamento alla macellazione), sono stati analizzati due gruppi di suini, entrambi con numero pari di esemplari di sesso maschile e femminile.

Il primo gruppo è stato alimentato mediante una miscela di colture Gm e proteine transgeniche, mentre per l’altro gruppo si è fatto ricorso a mangime convenzionale. 
Lo scopo era di confrontare gli effetti delle varietà Gm e non Gm presenti nei mangimi e negli alimenti destinati all’alimentazione umana.

Per ciascun gruppo è stata costantemente monitorata l’assunzione di cibo, l’aumento di peso, la mortalità e l’analisi biochimica del sangue. Peso degli organi e patologia sono stati invece determinati dopo la macellazione. Le autopsie sono state effettuate da un team di veterinari che non erano a conoscenza di quali fossero gli esemplari nutriti con Ogm e quelli nutriti con mangime convenzionale.

I risultati non hanno evidenziato sostanziali differenze di peso degli organi tra gruppo Ogm e gruppo di controllo. Ma sono state rilevate invece altre importanti
differenze nel gruppo alimentato con mangime Gm. Alla fine dell’esperimento, le femmine di questo gruppo avevano un utero del 25 per cento più pesante rispetto agli esemplari nutriti con mangime convenzionale, e gli esemplari maschi hanno fatto registrare un tasso più elevato di gravi infiammazioni dello stomaco (32 per cento rispetto al 12 per cento del gruppo no Ogm).

Il legame tra un aumento di peso dell’utero e alimentazione con Ogm era già stato  sostenuto in precedenza anche da altri autori. Lo studio Brasil et al. del 2009  aveva infatti evidenziato come un alimentazione a base di soia Gm nei ratti avesse provocato un aumento statisticamente significativo del 59% della densità dell’endometrio uterino  rispetto ai ratti alimentati con soia convenzionale.

A questo punto, considerando che gli esseri umani hanno un tratto gastrointestinale simile ai maiali, e che queste colture transgeniche in alcune zone del mondo (in particolare negli Stati Uniti) sono destinate al consumo umano, sarebbe di fondamentale importanza determinare se i risultati di questo studio sono applicabili agli esseri umani.

Nel frattempo, negli Usa il Dipartimento dell’Agricoltura (Usda) ha approvato un messaggio volontario di comunicazione al consumatore ( a tutti gli effetti un “claim”) per indicare la dieta “no Ogm” nei capi di bestiame. Per l’applicazione del claim servirà la certificazione di ente terzo con sistema di controlli e ispezioni. Le informazioni fornite dovranno essere veritiere, precise e non fuorvianti.

Il New York Times, segnala come ad oggi in America sia in atto una vera e propria lotta di democrazia tra gli interessi pubblici della cittadinanza (“il diritto di sapere”) e gli interessi privati delle corporations agrofood. In ben 24 Stati americani infatti sta prendendo piede il tentativo, fortemente osteggiato dalle multinazionali, di dare vita ad una etichettatura trasparente sulla presenza di Ogm.

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